domenica 9 maggio 2010

Avido, l’ebreo




Quando ci si intrattiene sulla differenza tra antisemitismo e antigiudaismo, tra odio razziale e odio teologico, si finisce sempre per trovare un tramite tra i due diversi modi di odiare un ebreo. Uno l’ho trovato stasera, ed è il dargli del cane, scritto in caratteri gotici (qui sopra) o greci (qui sotto).
Hund, nel Mein Kampf (1925). Ma quando degradarono (εξεπεσον) alla condizione di cani (προς την των κυνων συγγενειαν)? San Giovanni Crisostomo non ha dubbi: quando non riconobbero in Gesù il figlio di Figlio. Ma cosa spinse il popolo giudeo nell’abisso nella malvagità? Un vizio – insieme – fisico e morale, nel quale faranno cortocircuito “ragioni” teologiche e razziali: l’ebreo è grasso, la sua πολυσαρκια (Omelie contro gli ebrei, I, 2) è segno di empia ingordigia e di ampia disponibilità di beni materiali, accumulati con la stessa empia ingordigia.
Avido, l’ebreo. Come un cane insaziabile. Come si legge nel Mein Kampf.


2 commenti:

  1. I credenti, a forza di sottomettere l'intelletto alla rivelazione (di dio o del fhurer), mostrano lo stesso livello e giungono alle medesime conclusioni.

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  2. Ehm, magari una traduzioncina, per quelli che san poco di latino e men di greco?

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