martedì 27 luglio 2010

pg ≠ p

“In seminario ci dicevano:
«Uno dei segni della vocazione
è che non ci piacciono le donne»”


L’inchiesta di Panorama sui costumi sessuali del clero in Roma non mi interessa, non mi dice niente, ma la reazione del Vicariato di Roma mi apre un mondo. “L’estensore del servizio – vi si legge – afferma di aver frequentato alcuni sacerdoti gay e di aver documentato i loro comportamenti con una telecamera nascosta. La finalità dell’articolo è evidente: creare lo scandalo, diffamare tutti i sacerdoti, sulla base della dichiarazione di uno degli intervistati secondo il quale «il 98 per cento dei sacerdoti che conosce è omosessuale»…”. Qui mi fermo e già mi vengono in mente un sacco di cose.
Prima fra tutte, la testimonianza di don Carmelo Vicari: “In seminario ci dicevano: «Uno dei segni della vocazione è che non ci piacciono le donne»” (Tempi, 16/29 – pag. 3). Poi penso al fatto che per il Catechismo un omosessuale rimane un buon cristiano se si astiene da pratiche omosessuali, ma che alla Chiesa non basta che un prete gay sia casto e ha perfino scatenato una “caccia al ricchione” nei suoi seminari. Se un seminarista riesce a confinare la propria omosessualità dove nessun ispettore riuscirà mai a stanarla, può fare il prete; appena si rivela, non è più prete. Un prete gay non è un prete (pg ≠ p), ma a patto che si risappia: già parlare di “preti gay” è un voler “screditare la Chiesa”, così afferma il Vicariato di Roma.
Ma che c’entra il Vicariato di Roma? Perché non parla la Congregazione per il Clero? Perché non parla la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica? Perché le “notti brave dei preti gay” sono romane: si esprime l’organo territorialmente competente, e infatti è fatta distinzione tra i “1.300 sacerdoti delle 336 nostre parrocchie” e le “molte centinaia di altri preti provenienti da tutto il mondo per studiare nelle università, ma che non sono del clero romano”. Giacché pg ≠ p, il fatto non riguarda il clero in generale, ma il discredito gettato sul clero romano “sulla base della dichiarazione di uno degli intervistati [da Panorama] secondo il quale «il 98 per cento dei sacerdoti che conosce è omosessuale»”: il Vicariato di Roma interviene per dire che non gli risulta ve ne sia notizia per ciò che riguarda il suo clero, ergo trattasi di diffamazione.
Certo, “i fatti raccontati non possono non suscitare dolore e sconcerto”, ma i preti gay di Panorama non sono preti e nemmeno preti romani, tutt’al più usurpatori i cui “comportamenti infanga[no] la onorabilità di tutti gli altri”. Poi: “Sappiano che nessuno li costringe a rimanere preti, sfruttandone solo i benefici”. Wow, uno dei rari casi in cui si ammettono benefici. E ancora: “Questo Vicariato è impegnato a perseguire con rigore, secondo le norme della Chiesa, ogni comportamento indegno della vita sacerdotale”. La Chiesa non c’entra niente: per la Chiesa, pg ≠ p.
“In seminario ci dicevano: «Uno dei segni della vocazione è che non ci piacciono le donne»”, ma poi nel 2005 è arrivata la circolare che vietava di ordinare sacerdoti i seminaristi gay. Da quell’istante chi già era prete, e gay, non esisteva: come con i pedofili, è bastato smettere di coprirli e non dovrebbero più essercene.

4 commenti:

  1. ma se un gay non può diventare prete, come fa poi a diventare papa? (ehm)

    klingsor

    RispondiElimina
  2. :)))
    (ora mi picchio sulle mani per aver riso)

    a margine: ma non è (molto) sospetto che Panorama abbia pubblicato questa inchiesta?
    Rolli

    RispondiElimina
  3. i video dell'inchiesta saranno venduti come materiale porno

    RispondiElimina
  4. Per risolvere un problema basta negare che esista.

    RispondiElimina