martedì 2 novembre 2010

Giordano Bruno Guerri, Il sangue del Sud, Mondadori 2010



“Non c’è nulla di più sgradito che venire maltrattati da chi si crede di aiutare. Chi non era capace di capire la differenza tra la libertà appena ricevuta e la schiavitù subita per secoli andava trattato alla stregua di una belva” (Il sangue del Sud, Mondadori 2010 – pag. 94). Con la consueta chiarezza che non cede mai al comodo semplicismo – anzi, vedremo quanto complesso sia ciò che è descritto in modo chiaro – Giordano Bruno Guerri riesce a stringere in quattro righe il movente psicologico che armò l’esercito del neonato Regno d’Italia contro quanti nelle Due Sicilie rifiutarono uno Stato unitario, cercando di sabotarlo. Non è detto che davvero si aiuti “chi si crede di aiutare”, come minimo perché l’aiuto può anche non essere considerato tale, fino alla possibilità che oggettivamente non sia tale. Già, ma cos’è – sul piano storiografico – l’oggettività? Tranquillo, lettore, non sto per prendere la tangente: rimango sul libro di Guerri che mi hai chiesto di recensire.
Il fatto è che l’oggettività dell’aiuto che al Sud venne dal Nord è rappresentato come tale già nel suo sottotitolo, che è Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio: la maiuscola per Risorgimento e la minuscola per brigantaggio. Sarà stata una guerra civile, non c’è dubbio, e sarà stata anche crudelissima come tutte le guerre civili, non mancano i documenti che lo provano, ma i perdenti non avevano neppure un movimento degno di maiuscola. Non è così solo in Guerri: sfogliando la ricchissima bibliografia (pagg. 263-276) non si trova un solo Brigantaggio nei titoli, solo brigantaggio, come un fenomeno senza un’idea interna, come fatto non privo di motivi, ma senza una ratio. Ecco in cosa concorda – unanimemente – la storiografia (anche nelle sue degenerazioni neoborboniche e neosanfediste): i briganti erano in campo senza un’idea, fedeli a Francischiello e al Papa, senza dubbio, ma del brigantaggio si può dire che fu animato da queste fedeltà?
Ma leviamo pure l’elemento emotivo, e dunque retorico, della fedeltà: dietro ai briganti c’era un progetto di società capace di competere con quello espresso dalla nobiltà e dalla borghesia del Nord? L’esito della guerra civile era già tutto nella sconfitta militare subita dallo Stato Pontificio e dal Regno delle Due Sicilie, sennò come sarebbe stato possibile tanto a Mille sfessati? Ciò che muoveva Garibaldi era più forte di ciò aveva mosso Pisacane: oggettivamente Garibaldi portava aiuto, oggettivamente Pisacane no. O meglio: così parve alle genti del Sud. Quanta resistenza fu opposta alla risalita di Garibaldi da Marsala a Napoli? Calatafimi, e poi?

Il movente psicologico che armò il Nord “invasore” contro il Sud “ribelle” era tutto nella sgradevolezza del maltrattamento, che non era stato messo in conto. Il Nord capì che la soggezione e la superstizione avevano reso il Sud per sempre refrattario alla voglia di libertà, mai disgiunta dalla corrispettiva responsabilità, ma lo capì solo a Unità raggiunta, e “potremmo chiamarla la sindrome del «chi me l’ha fatto fare?»” (pag. 5). La delusione provocò una reazione spietata.
La pietas umana può essere tenuta sotto controllo solo fino a un certo punto, poi traspare, quasi sempre in favore dei perdenti: questo è molto bello e accade anche in Guerri. E tuttavia, se in questo libro i briganti trovano modo di chiarire i loro motivi, la ratio di chi li massacrò trova modo di chiarire che non ci fosse altra soluzione che il massacro, perché nel brigantaggio confluivano le trame della Chiesa e dei Borboni contro il nuovo Regno d’Italia (cfr. Cap. VIII – La Chiesa, i Borboni e i briganti – pagg. 107-122): si trattava del proseguimento del Risorgimento, la sua coda feroce e insanguinata.
“Una Unità mal condotta e peggio proseguita” (pag. 252), certo, ma “grazie all’Unità – attraverso un processo lungo, faticoso e non ancora terminato – l’Italia è diventata un grande Paese. Non lo sarebbe mai stata senza il Risorgimento” (pag. 253). Poi c’è da tenere presente – e questo è davvero inquietante – che, mentre il brigantaggio nasce come strumento di una possibile restaurazione clericale e borbonica, finisce per diventare icona, “almeno fino agli anni Sessanta del Novecento, [di] sindacalisti, contadini e braccianti alle prese con rivendicazioni, scioperi, battaglie [sicché] una certa estetica della guerriglia mise sullo stesso piano Carmine Crocco e Che Guevara [come se fosse possibile assurgere i briganti] al rango di mitici combattenti per la libertà” (pag. 260), volti a quell’emancipazione della plebe meridionale che Chiesa e Borboni non avrebbero mai permesso: esito paradossale del mito del brigantaggio, che sul piano sociale residua invece in delinquenza organizzata nelle forme della mafia, della ’drangheta e della camorra.
Guerriglieri e criminali, però, si combattono con le stesse armi.

12 commenti:

  1. Grazie.

    ps:
    Il sistema costituzionale prevede un capo di governo l’anno, questo è il problema
    E' arrivato il 25 luglio del Cav.? Girotondo. Comincia l'Elefantino, seguono tanti altri

    Fatta la riforma elettorale maggioritaria, in pieno golpe giudiziario, nel 1993, si ebbe la sorpresa di Berlusconi. Una leadership pop, carismatica, postpartitica, con il senso dell’individuo al posto del senso dello stato. Berlusconi vinse in condizioni folli, nel marzo del 1994, e durò meno di dieci mesi. Poi per due anni con Dini fu restaurato il governo oligarchico dei partiti e delle consorterie nello stile della Prima Repubblica, naturalmente senza più il discrimine regolativo cruciale che era stato per decenni la Guerra fredda.

    © - FOGLIO QUOTIDIANO

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  2. E' che Eugenio Bennato ha fatto qualche danno.

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  3. Adesso prendersela con Bennato o con chi ha recuperato nel fenomeno del brigantaggio un esempio di ribellione alle ingiustizie dei meridionali mi pare eccessivo. Cioè la storia la possiamo pettinare quanto vogliamo, ma forse quel sangue, tanto, che fu versato per la realizzazione dell'Unità pare tornar oggi a chieder conto, a cercare seppure inutile, una sorta di giustizia postuma, soprattutto per la desolazione in cui oggi le terre del meridione.

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  4. ... versano?

    Altro post stupendo; leggerti è sempre un piacere.

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  5. Adesso prendersela con Bennato o con chi ha creduto di recuperare nel fenomeno del brigantaggio un esempio di ribellione alle ingiustizie *subite dai meridionali mi pare eccessivo. Cioè la storia la possiamo pettinare quanto vogliamo, ma forse quel sangue, tanto, che fu versato per la realizzazione dell'Unità d'Italia pare tornar oggi a chieder conto, a cercare seppure inutile, una sorta di giustizia postuma, soprattutto per la desolazione in cui oggi *versano le terre del meridione. (Ero di fretta esimi lettori ed illustre autore, vi porgo le mie più sentite scuse per la disinvolta e sciamannata trascrizione dei miei pensieri)

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  6. faustino da casalbore chiede ma i nordisti quante che la smetteranno di raccontar fregnacce?

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  7. I briganti erano criminali è vero perchè così sono considerati i perdenti al contrario di chi è riuscito nella sua conquista che viene sempre ricordato come eroe.

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  8. Vi faccio gentilmente notare che se si leggono i romanzi di Fenoglio, il mito dei partigiani assume un'altra prospettiva,molto meno eroica. Per quanto riguarda i briganti, stesso discorso, solo al contrario, certo non erano tutti eroi, ma erano tutti più o meno "resistenti". Di fatto, la cacciata dei Borboni non è stata la liberazione promessa, visto che sono stati sostituiti dai Savoia, con l'aggravante, per il Meridione, di essere spogliato delle proprie ricchezze. Ora, non è che il Sud d'Italia voglia la secessione, al contrario, considerato quel che l'ha pagata, vorrebbe solo il riconoscimento di una riscrittura seria della storia, a sostituire la favoletta dei Mille e degli eroici piemontesi che ci liberarono. Men che meno, mi sognerei mai di disprezzare un piemontese in quanto piemontese. Solo, cari "italiani", la Questione Meridionale è nata in quegli anni o come conseguenza di quegli anni e ancora ci sono dovute molte spiegazioni.
    Gabriele

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  9. Carissimo Luigi, trovo il tuo post davvero infelice ed altrettanto triste. Ti prego, non parlare di cose che non conosci a fondo(mi auguro sia questo il motivo delle tue conclusioni). Ed inoltre, si chiamano BORBONE....... questo modo di chiamarli Borboni si addice alla lingua parlata......

    A presto.....

    Rob Bisc

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  10. Solo un meridionale, che ha approfondito vivendolo il Sud, sa, rassegnato, che la "questione meridionale" e' endemica. Il Sud (principalmente, ma non esclusivamente, Campania, Calabria e Sicilia) e' una cultura, cosi' radicata da essere seconda natura, quasi come una caratteristica somatica profonda. E' un po' come la "questione medio-orientale". Ai tempi del Risorgimento l'Unita' d'Italia era una fortissima spinta ideale per una minoranza di eletti, settentrionali e meridionali, oltre che una spinta ad una politica espansionistica per un piccolo ma moderno regno europeo. Per la stragrande maggioranza della popolazione meridionale era un'idea quasi incomprensibile, proprio per causa di un isolamento plurisecolare, passati gli Svevi, soprattutto culturale. Chi, fra la massa analfabeta di contadini poverissimi di aspiranti briganti, sapeva della rivoluzione borghese o del "vento napoleonico"?. (Varrebbe, fra l'altro, rileggersi "Viaggio in Italia" di Goethe). Accadde poi, nell'ultimo secolo trascorso, che il bisogno cronico di "aiuto al Sud" ha fortemente alimentato un diffuso inconsapevole sentimento di cronica inferiorita' con le inevitabilmente implicate "rivendicazioni storiche" al posto di fattive rivalse storiche: anche perche', come tutti sappiamo, in fondo a Sud si e' soprattutto piu' furbi, e ce ne compiaciamo ad libitum.

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  11. E' incredibile come si possa ignorare che dall'Unità ad oggi il Sud è stato trattato al pari di quanto fa oggi la Germania con l'Italia. A Manfredonia, nel cratere dell'Irpinia post terremoto molte aziende del Nord hanno fatto man bassa di fondi per lasciare dietro di loro il deserto. E la Lega ha fatto il resto con la retorica del Sud parassita, mentre c'è un Nord che ha tutti gli interessi a mantenere il Sud nell'arretratezza per utilizzarlo come terra di conquista: ieri militare, oggi economica!

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