martedì 23 novembre 2010

Quando il preservativo non è contraccettivo


L’Osservatore Romano pubblica la nota ufficiale della Sala Stampa Vaticana che dà il peso esatto alle affermazioni di Benedetto XVI riguardo ai “singoli casi [che egli ritiene moralmente] giustificati” dell’uso del preservativo: era l’opinione di un Papa, certo, ma espressa “in una forma colloquiale e non magisteriale”. Si tiene a far presente che in quel contesto la “giustificazione” non è data dalla scelta di un “male minore” (tra due mali, uno maggiore e l’altro minore, la Chiesa chiede di sospendere ogni scelta rifiutando entrambi), ma dal segno di responsabilità evidente in essa. Nulla, invece, su quella che s’è poi rivelata come errata traduzione in italiano di un termine che nella versione originale era al maschile (“ein Prostituierter”) e che anche L’Osservatore Romano ha riportato al femminile (“una prostituta”), sicché parrebbe che la Santa Sede sia intenzionata a non tenere in alcun conto ciò che sarebbe implicito nell’uso del preservativo da parte di un gay che si prostituisce e cioè il fatto che in quel tipo di atto sessuale il condom non abbia un fine contraccettivo: se non ce l’ha, perché dovrebbe essere moralmente illecito?
È come se la Santa Sede cercasse di eludere questa domanda, almeno così è parso ad alcuni, fra i quali l’ottimo Giuseppe Regalzi: “Nel caso del prostituto omosessuale […] usare il preservativo non fa deviare l’atto sessuale da quello che per la Chiesa è il suo fine: quell’atto, per la Chiesa, è già deviato […] Il prostituto sta comunque commettendo un male (perché è omosessuale e perché si prostituisce), ma si tratta di un male che avrebbe commesso ugualmente anche senza profilattico. [...] Se il papa avesse davvero detto che una prostituta può chiedere ai propri clienti di usare il preservativo per proteggersi dall’infezione dell’Hiv, avrebbe con ciò ammesso che un male minore – la prostituta non può più rimanere incinta dei suoi clienti – è preferibile a un male maggiore – la prostituta alla lunga rimarrà contagiata e, soprattutto se non ha accesso ai farmaci moderni, morirà. Avrebbe quindi negato uno dei principi più importanti della bioetica cattolica; e anche se un’intervista non può paragonarsi a un atto solenne del magistero, e non ha quindi valore dottrinale (il papa non parla qui ex cathedra, e non può quindi essere ritenuto infallibile), si sarebbe trattato comunque di un’affermazione clamorosa”. Stando alla versione originale, dunque, “il pensiero papale non va manifestamente contro la dottrina”, e allora perché precipitarsi dalla Sala Stampa Vaticana a precisare che Benedetto XVI non avesse parlato ex cathedra? Probabilmente perché “prostituta” poneva il problema bene esposto da Regalzi. Ma che bisogno c’era di fare il distinguo tra opinione personale e dettato magisteriale, una volta stabilito che il Papa aveva parlato di un “prostituto”? Forse che l’uso del preservativo è condannato dalla dottrina della Chiesa anche al di là del suo fine contraccettivo? Non dimentichiamo che “ein Prostituierter” può anche avere clienti di sesso femminile e in età fertile: anche in questo caso, il preservativo avrebbe tra i suoi fini, primario o secondario, quello contraccettivo. Ma dove sarebbe il peccato nell’uso del preservativo da parte di “ein Prostituierter” rigorosamente gay?
Perplessità legittime secondo una logica piana, ma quella cattolica non lo è. Infatti, sebbene la dottrina della Chiesa condanni esplicitamente l’uso del preservativo solo perché separa il momento unitivo da quello procreativo, non manca una condanna implicita del suo uso al fine di evitare il contagio di malattie a trasmissione sessuale: se consente di commettere un peccato mortale al riparo da ogni rischio, in qualche modo lo favorisce. In altri termini, il preservativo consente a un gay la scelta tra male minore e male maggiore, rendendogli più difficile il rifiutare entrambi con la castità, che poi sarebbe quanto il Catechismo chiede alle persone omosessuali (2359). E senza mai dimenticare che per la dottrina cattolica la vita non è un bene assoluto come lo è la salvezza dell’anima. 
Mi auguro con ciò di aver risolto i dubbi di Regalzi.  

2 commenti:

  1. Sì, in effetti questo è un aspetto da considerare. Ci penserò.

    RispondiElimina
  2. ma allora a questa stregua è giusto che uno stupratore o un pedofilo usino il preservativo, anzi la chiesa glie lo concede e forse persino lo raccomanda.
    che strana chiesa.

    RispondiElimina