lunedì 14 febbraio 2011

Mentre si asciuga la maschera all’argilla


Ho un po’ più che insinuato, qualche settimana fa, che Mario Adinolfi potesse aver usato a fini autopromozionali le botte prese in seguito ad una volgare controversia per questioni di viabilità stradale, per avere voce in capitolo sul clima teso e violento che incombe sulla politica italiana, e avercela da vittima, che è posizione di rilievo in certi talk show per casalinghe e pensionati. In risposta mi aspettavo almeno due righe dell’interessato, non importa di che tipo, e invece niente. Confesso che queste cose prima mi indispettiscono e poi mi deprimono profondamente, giungendo talvolta a sentirmi come il Povero me di Mimmo Locasciulli. Con l’aggravante che non è per ragioni di cuore, ma di milza.
Mi assalgono scrupoli feroci. Qui mi sono detto: ho fatto insinuazione così bassa che non merita neppure una diffida? La mia natura sostanzialmente candida, stolidamente ingenua, mi porta a ritenere che la noncuranza di chi potrei aver calunniato dimostra in modo inequivocabile che quello viaggia a un’altezza alla quale i miei argomenti non possono arrivare: ci ho rimediato una inutile brutta figura e nel caso in cui Adinolfi dovesse esser fatto fuori dalla squadraccia di Signorini, come Matteotti fu fatto fuori da quella di Dumini, sarei biasimato in eterno, diverrei l’antonomasia dell’infamia. Da andarsi a nascondere nello sgabuzzino delle scope fino alla fine dei propri giorni. Già mi immagino le mie figlie: “Papà, ma è vero che hai buttato merda sul martire della libertà alla vigilia del suo sacrifizio?”.
A scanso di tanto – dovesse davvero essersi trattato di un attentato alla persona di chi è destinato ad aver intestate strade e scuole, ché già mi vedo un Largo Mario Adinolfi o un Liceo Linguistico «Mario Adinolfi» – corro ai ripari: col rischio di finire nel Mi fido di te di Jovanotti, mi precipito a lodare il futuro martire. Per sovrapprezzo voglio esagerare: lo lodo tre volte.

(1) Mario Adinolfi propone Rosy Bindi come leader del centrosinistra alle prossime elezioni politiche. Non male, forse è davvero il nome che può raccogliere il massimo consenso e sotto il quale può starci la più ampia coalizione possibile.
(2) Spiega perché andare in piazza è una stronzata e, se si evita di diffondere il post a Tunisi o al Cairo, diventa una pagina di antologia in una Garzantina di politologia di fine XXI secolo.
(3) Si difende dall’aver dato del frocetto a Signorini producendo prova che Zoro gli ha dato addirittura del frocio, senza beccarsi piagnisteo dai templari del politicamente corretto. E mo vediamo se anche il Pd ha un Fisichella che mi contestualizza Zoro e il martire no. 

Figlie mie, ho fatto il possibile.

4 commenti:

  1. Adinolfi è un po' il Ferrara laureato.

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  2. Per quanto Adinolfi dice al punto 3 dovrebbe semplicemente vergognarsi.
    Giustificarsi creando una classifica tra indifendibili è un assurdo.

    Io tra "sporco negro" (magari sporco di fango) e "negro di merda" (in cui il tipo di sporco è chiaro e permea l'essere stesso) non ci vedo molta differenza in capacità offensiva e discriminatoria.
    Adinolfi forse sì e tutto offeso dall'essere stato definito "grasso", gira a blog armato a offendere - ma non più degli altri, sembrerebbe - i suoi nemici. Ma più che offendere, denigrare e svilire e mortificare facendo leva su temi diversi da quelli della diatriba. Perché quel "frocetto", spiace dirlo ma è così, non significa altro che: tutto ciò di cui ti sto accusando è ancora più grave perché detto da te che dovresti stare zitto in quanto frocio.

    Ecco che ne deriva un giudizio di merito e valore non solo sulla persona, ma su tutte quelle che hanno lo stesso problema, vizio... chissà come lo chiama Adinolfi?

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  3. Spero di cogliere sarcasmo nelle tre motivazioni, soprattutto la terza.
    Però è vero, tu te la prendi coi "pezzi grossi": Ferrara, Adinolfi, Pannella.

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  4. Io ci sono stato in piazza ieri. Ogni tanto fa piacere non sentirsi solo a farsi le seghe mentali sui blog.

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