giovedì 3 marzo 2011

Piazzisti


“Ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare
dei principi che sono il contrario di quelli
che i genitori vogliono inculcare ai lori figli”

Se invece di ripetere “inculcare” avesse usato un altro termine (per esempio, “trasmettere”), avremmo avuto la piena antitesi che era nelle intenzioni di Silvio Berlusconi: la famiglia trasmette legittimamente dei principi, la scuola pubblica ne inculca illegittimamente degli altri, che per giunta sono contrari ai primi. Il fatto è che, quando è arrivato a “principi”, dalla platea del II Congresso Nazionale dei Cristiani Riformisti (Roma, 26.2.2011) si è levato l’applauso, e lì, per affrettarsi a chiudere la frase e goderselo, è mancato il controllo lessicale.
Per dar forza al concetto si è affidato alla reiterazione ravvicinata dei termini, che è nell’armamentario retorico dei piazzisti (epifora, isocolon, anadiplosi, epanortosi, ecc.), ed è caduto in infortunio. Come se un venditore di tappeti, dopo aver definito “zerbini” i prodotti della concorrenza, chiudesse dicendo: “I miei zerbini sono incomparabilmente migliori”.

Questo genere di critica alla scuola pubblica non è nuovo, e non nasce fuori da essa: in embrione già sta in quanto la Cisnal Scuola lamentava verso la fine degli anni Cinquanta, prendendo corpo nella polemica sui contenuti dei libri di testo (soprattutto quelli di Storia) che si sollevò da destra sul finire degli anni Settanta.
Silvio Berlusconi pesca con le bombe in acque stagnanti: attacca una scuola pubblica che non c’è più, se mai ce n’è stata una come quella che descrive. Anche qui rivela il suo limite, che poi è anche la sua forza: l’evocazione di luoghi comuni che pretendono di essere promossi ad affermazioni di piano buon senso.
Può funzionare e infatti ha sempre funzionato. Potremmo dire che è stato straordinario in questo: promuovere alla dignità di argomenti molte frasi fatte che trenta e quarant’anni fa trovarono fortuna nell’immaginario democristiano e missino.

Dopo aver intascato tutto l’intascabile, la Chiesa cerca di smarcarsi: “Ci sono tantissimi insegnanti si dedicano al proprio lavoro con grande generosità, impegno e competenza, sia nella scuola statale che non statale”. Si tratta di una coltellata, senza dubbio, ma è segno che perfino il presidente della Cei rigetta il tentativo di farsi sequestrare in quell’immaginario. Adorabile bastardo, il cardinal Bagnasco, senza dubbio. Ma certamente più attento a cogliere nell’aria i luoghi comuni che sono destinati ad aver fortuna domani. Piazzista di più salda tradizione.

5 commenti:

  1. Continuo a pensare che l'accento fosse sui "principi". Quelli sbagliati degli insegnanti laicisti, e quelli giusti delle famiglie cristiane riformiste.
    Secondo me Berlusconi è ancora lì a chiedersi cosa ci sarà mai di sbagliato nell'inculcare. Perché come si fa, coi figli? Non si inculca?

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  2. Pur senza la splendida chiusa, è lo stesso ragionamento di Gramellini in uno degli ultimi Buongiorno:
    http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=955&ID_sezione=56&sezione=

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  3. Ma non so poi se su questa cosa della scuola pubblica c'hanno ragione tutta questa radical-chiccheria dei congiuntivi che, come quando facevano i girotondi, adesso fanno un cordoglio umanitario intorno alle scuole, che tanto chi se le fila quelle. Le scuole se fossero delle tipe sarebbero con gli occhi storti e piatte come uno schermo; dovrebbero rivestirle con le minigonne per farle cagare. Come si fa a dire che servono alla società quando quella che era la secchiona in classe mia adesso per campare fa le ripe in nero ed è depressa, quelli che venivano bocciati adesso se la spassano vendendo le buste. Oggi devi avere testa bassa e buoni amici perché i soldi vanno dove già ci sono e chi vuole comprare casa con gli sbattoni delle lauree è solo un illuso. Io mi ricordo che alle medie il prof di religione ci faceva vedere il film su Gesù Cristo, che non era male (e infatti secondo me ci dovrebbero fare il libro) però era un peso quando cominciava a parlare, tranne che quando si allargava e diceva che la religione andava insegnata a bastonate. Il prof di Storia diceva che eravamo tutti originari della Mongolia, il prof di Filosofia diceva che la nostra classe era la prova scientifica dell'inesistenza di Dio. Poi dice che uno si butta a destra e preferisce andare nelle private a prendersi i voti dagli scaffali come nei supermercati.

    Sono andato a scuola da mio figlio ed il prof, uno che magari in certi giorni a mezzogiorno ha già finito, fa la parte della vittima e mi chiede: “Lei come lo chiama uno che tutte le mattine deve urlare per farsi sentire da venticinque scalmanati e tutti i giorni deve correggere i loro strafalcioni raccapriccianti e dopo aver passato metà della vita sui libri viene pagato con milleduecento euro?” Come lo chiamo ? Sfigato! Ma se l'è cercata. Poteva mungere la mucca della politica, fare il trafficante, il deejay, l'idraulico... Ora tutti si lagnano che nessuno sa leggere e scrivere e ci sono sei milioni di alfabetici, ma se i politici quando le Iene li intervistano non sanno manco chi è Mameli, che l'ha spiegato Benigni che era un eroe dell'Italia unita che ha detto che sennò eravamo tutti Arabi. Faceva bene Stalin che gli intellettuali che se la tiravano troppo li mandava al confino nell'Arcipelago delle Gulag. Insomma bisogna gridarlo ai quattro venti che l'invenzione della scuola è un fallimento; resiste ancora solo perché è tenuta in piedi dalle lobby dei produttori di banchi e lavagne.

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  4. troppo forti tutti quanti che avete scritto e cmq grazie! x una scuola che non c'è, anche se vorrebbe esserci x ..educare, non inculcare!!!una maestra

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