sabato 4 giugno 2011

Tre «no» e un «sì»

Voterò «sì» all’abrogazione della legge che, anche dopo la parziale correzione che la Corte Costituzionale ha apportato al testo lo scorso 13 gennaio, continua a legittimare per premier e ministri l’impedimento al presentarsi in un’aula di tribunale per rispondere delle imputazioni loro ascritte (referendum n. 4, scheda verde): la ritengo ingiusta, odiosamente ingiusta. Dirò tre «no», invece, ai restanti quesiti.
Sui due che i sostenitori del «sì» sono stati bravi a far credere che pongano in questione la “privatizzazione dell’acqua” (referendum n. 1, scheda rossa, e n. 2, scheda gialla) faccio miei gli argomenti di Annalisa Chirico, partendo da una personale convinzione che ha molti punti di analogia con quella di GiovanniFontana e che alcuni mesi fa ho declinato anche sull’opzione nuclearista (qui), sulla quale il disastro di Fukushima non è riuscito a farmi cambiare idea. In breve, non trascuro di considerarne i costi e i rischi, ma la ritengo obbligata – se non oggi, quando forse sarà troppo tardi – con l’attuale trend demografico mondiale, l’esaurimento dei giacimenti petroliferi e la mancanza di fonti alternative di energia capaci di far fronte – almeno per ora, come onestamente ammettono gli antinuclearisti meno ideologizzati – al fabbisogno previsto già tra venti o trenta anni.
Questa è la ragione per la quale dirò «no» al quesito n. 3 (scheda grigia) e so bene che si tratta di una posizione impopolare, peraltro largamente destinata a perdere laddove fosse raggiunto il quorum. Ma la scelta dell’astensione per far fallire un referendum mi è sempre parsa intellettualmente disonesta, per principio. E allora andrò a votare: tre «no» e un «sì».

15 commenti:

  1. Aspettavo questo post già da qualche giorno e provo un certo sollievo nel sapere che ci saranno i tuoi tre no (anche grazie a Phastidio?). Il n.4 non mi appassiona, penso che finché non si tornerà all'immunità vera e propria la politica non farà un solo passo in avanti.Comunque,andrò "al mare".

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  2. Sebbene dissenta dalle tue scelte nel merito, ti esprimo la mia sincera ammirazione per la decisione di andare comunque a votare.
    La tua è una nobile manifestazione di onestà intellettuale. Lo dico senza alcuna ironia.

    litsius

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  3. ognuno ha la propria opinione, ok, comunque, "sei stato nominato," e io ti cancello, dal RSS,

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  4. Mi farebbe cosa gradita se spendesse qualche parola in più sul secondo quesito, riguardo all'adeguata remunerazione del capitale investito.

    A me (che, confesso, ne capisco poco) sembra di ricordare che quando l'imprenditore fa un'investimento, nessuno gli assicura che ne riceverà adeguata remunerazione; taluni lo chiamano rischio imprenditoriale.

    È pur vero che una lunga tradizione vuole che l'imprenditore scarichi, ogni volta che possa, il rischio imprenditoriale sulle spalle dei dipendenti, dei fornitori, dello Stato e insomma sulle spalle di chiunque tranne che sulle proprie. Ecco, mi sembra che il no al secondo quesito valga a preservare questa tradizione; vorrei sentire un parere diverso.

    Non mi spiacerebbe, poi, capire perché il carrozzone privato (nella migliore tradizione di alta imprenditoria italiana) debba preferirsi al carrozzone pubblico: l'inefficienza criminale, la superficialità, la gioiosa incompetenza sono le stesse; in cosa quindi è preferibile?

    Infine, sul nucleare: accettiamo pure di credere che chi non sa costruire una mulattiera senza mettere a repentaglio la vita e la proprietà di migliaia di persone diventi poi miracolosamente efficiente e scrupoloso al momento di costruire impianti che resistano almeno mezzo secolo; la questione che più mi lascia perplesso è: tra venti o trent'anni, quali piantagioni d'uranio ci garantiranno materie prime abbondanti e durature?

    Non stiamo già assistendo a un aumento importante e costante dei prezzi? Non siamo già in mano ai paesi esportatori? Le scorte sono infinite?

    Grazie

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  5. @ anonimo
    Manco avessi dato della puttana a tua sorella.

    @ giorgian
    Tutto vero. Ma a parità di sfascio preferisco sia imputabile anche al privato: dimostratene le colpe, paga; dimostrate le colpe del pubblico, non paga nessuno o paghiamo ancora noi.

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  6. Mi accodo all'ultimo commento sul nucleare: l'uranio è in esaurimento quanto il petrolio, tra 10 anni se va bene (anzi male) avremo le centrali per soddisfare il 2% del fabbisogno nazionale. Del nucleare si dice solo che sia energia pulita, ma delle scorie impossibili da smaltire non si parla mai. A rigurdo, c'è una bella puntata di report di qualche anno fa: l'eredità. Ci insegna quanto noi italiani siamo bravi nella gestione di questa incombenza millenaria radioattiva. Forse fu un errore chiudere le centrali nell'86, detettato dalla paura generata dal disastro di Chernobyl; oggi scegliere di non ricominciare tutto da capo, quando nel mondo è chiaro che questa sia una tecnologia coi giorni contati, mi pare una scelta di buon senso. Qui non è questione di aver paura del nucleare: l'eventualità di incidenti fa parte dei normali rischi che la civiltà industrializzata deve correre. Qui è una questione di insostenibilità alla lunga del paradigma attuale: avere grossi centri produttivi, che sprecano energia a trasportarla sulla rete, prima o poi non reggerà più.

    Il gas rimarrà ancora per molto la nostra fonte di approvvigionamento energetico (in Russia, va detto, ce n'è molto e dipendiamo da loro, come dipenderemmo da altri per l'uranio/plutonio), ma se gli stessi soldi del nucleare fossero investiti in ricerca sul fotovoltaico, si raggiungerebbero strordinari traguardi. E' il sistema produttivo che deve mutare: non grossi impianti fotovoltaici, ma pannelli per tutti, con l'intento di ridurre la dipendenza domestica dalla rete nazionale.

    E' un percorso lungo, fatico e incerto. Il nuclerare resta solo una momentanea scorciatoia e discutibilmente conveniente.

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  7. @ Nicopes
    Ricercare molto non dà sicurezza del trovare quello che si cerca. Sono aperto a prendere in considerazione i pro e i contro di ogni fonte, ma ritengo la preclusione al nucleare assai ideologica.

    @ Alessandro Guerani
    Ho già letto da qualche parte questa obiezione, ma sul nucleare. Pressappoco era così: ma possiamo pensare che noi italiani si possa costruire centrali sicure se non riusciamo neanche a tenere in manutensione ordinaria una mulattiera? Ecco, non mi pare un'obiezione pertinente: visto che non siamo buoni a esprimere una classe dirigente decente, chiediamo l'annessione alla Francia o alla Germania?

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  8. Io voterò due no per l'acqua (che pubblica è e pubblica resterà anche se vincesse il sì), un sì per abrogare il legittimo impedimento e un sì per il nucleare. Per il nuleare non ho una avversione ideologica, tutt'altro. Credo, per esempio che la Germania sbagli a privarsene già che ce l'ha. L'energia atomica è pulita e relativamente sicura, però comporta dei rischi molto forti sul versante delle scorie e della dipendenza dall'estero dei combustibili fissili. Il vero nodo della questione è che non vi sono più le condizioni perché possa rinascere una stagione dell'atomo in Italia. Non si farà perché in primo luogo l'unico soggetto che può investire ingenti risorse per le nuove centrali è lo stato, ma può farlo in un regime di sostanziale monopolio pubblico sul'energia (come era negli anni '50 e '60). Ormai le liberalizzazioni, parziali, del mercato dell'energia hanno spazzato via questa possibilità. E poi perché è una tecnologia sistemica, ovvero ha impatti su vari settori della vita pubblica: università e ricerca, formazione, regole e piani energetici, e non ultimo il consenso, senza il quale non si va da nessuna parte. Averlo riproposto dopo che l'Italia è rimasta indietro per trent'anni è stata solo una manovra "massimo sforzo, minimo risultato" nello stile di questo governo di pazzi.

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  9. L'articolo sull'adeguata remunerazione del capitale investito a quel che ho capito io significa solo che se per riparare le tubature ci volgliono soldi, e bisogna farseli prestare dalle banche la tariffa dovrà comprendere anche questo, anche se l'impresa che lo fa è pubblica i soldi mica li gratta giù dal muro, dire che una parte dei costi può essere tenuta fuori dalla determinazione della tariffa significa solo che questi sarano generosamente coperti con soldi pubblici, TASSE TASSE TASSE.

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  10. Purtroppo ricordo ancora ciò che successe nella gestione Girgenti Acque degli acquedotti di Agrigento.
    Pur essendo più un esempio di gestione "Telecom" che di gestione privata di un bene pubblico, e pur essendo io lumbard, me la faccio sotto e voto sì ad entrambi i referendum sull'acqua.

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  11. ecco finalmente una buona idea: chiedere l'annessione alla Germania (i francesi mi stanno sul cazzo)!

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  12. Io l'ho detto e lo farò sempre: finché mi daranno uno straccio di carta da segnare ci andrò, indipendentemente da cosa ci metterò sopra; nonostante tutto.
    Certe volte è anche conveniente; altre no.
    Quindi posso dire che sei veramente un signore.

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  13. Leggere qualcosa qui: http://rmi.org/rmi/

    Fra l'altro vi si legge che le centrali nucleari non sono assolutamente così convenienti dal punto di vista economico (a meno di non trascurare nel bilancio costi come quelli dello smantellamento e della gestione delle risorse).

    L'idea che mi sono fatto io è che fonti rinnovabili (eolico-fotovoltaico-cogenerazione e altri), produzione distribuita, ottimizzazione ed efficienza al consumo possano permettere di ridurre notevolmnte i consumi rispetto alle previsioni.
    Io non propongo l'annessione a Francia e Germania, ma mi viene il dubbio che avviare domani la costruzione di una centrale impieghi una mole tale di risorse (che difficilmente saranno tutte private) per un'operazione che quando darà i primi risultati potrebbe risultare una scelta superata, anacronistica e assolutamente non conveniente. (conosce la vicenda della centrale finlandese di Oikiluot?)

    Comunque, buon voto a tutti.

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  14. Credo anch'io che sul nucleare vi sia un bel po' di isteria, e che probabilmente con il referendum post-Chernobyl si sia perso un treno. Ma credo anche che il discorso sulle rinnovabili vada affrontato con un po' più di serietà, evitando di dare per scontato che si tratti solo di fotovoltaico e di eolico,con la loro immagine di tecnologie pulite e un po' troppo ingenuamente ottimistiche. In Germania, vale a dire nel Paese più avanzato quanto a energie rinnovabili, che già oggi produce il 17 per cento della sua energia da fonti rinnovabili e mira al 60 per cento nel 2050, più del 30 per cento di queste fonti sono biomassa e biogas, a cui si deve aggiungere la termovalorizzazione dei rifiuti non riciclati o convertiti in biomassa.
    Quando si parla di fonti rinnovabili, insomma, non si tratta di sostituire una tecnologia con un'altra, ma di passare da un approccio caratterizzato da produzione centralizzata e standardizzata e distribuzione statica a uno caratterizzato da produzione dislocata e diversificata e distribuzione flessibile. In Germania, per esempio, il 40 per cento dell'energia da rinnovabili è prodotto dall'eolico e solo il 6,6 dal fotovoltaico; in Italia, c'è molto meno vento e molto più sole, e le proporzioni dovrebbero essere necessariamente diverse. Credo, comunque, che le rinnovabili, proprio per il loro diverso modello di produzione, debbano funzionare in modo radicalmente differente dalle energie tradizionali: se queste definiscono necessariamente dei monopoli naturali (non si costruiscono due centrali in concorrenza sullo stesso territorio), nel caso delle rinnovabili è perfettamente possibile che vi siano diversi produttori che utilizzano diverse fonti e vendono la loro energia sullo stesso mercato, attraverso una rete distributiva comune.
    Si tratta di un modello aperto e flessibile, con diverse direzioni di sviluppo e una crescita tecnologica molto veloce, rispetto a uno chiuso, rigido e in cui è difficile pronosticare innovazioni fondamentali: non è un caso che in nessun Paese avanzato del mondo, Cina a parte, si stiano costruendo nuove centrali. Anche negli Stati Uniti, in cui l'amministrazione Obama sta facendo tutto il possibile per incentivare la ripresa del nucleare, nessuno sta investendo un dollaro, proprio perché è evidente che il costo è eccessivo e la tecnologia è in via di rapida obsolescenza.

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  15. Posto che il settore della gestione dei beni comuni è certamente meritevole di riforme ed ammodernamenti, è per me altrettanto certo come la legge Ronchi non sia lo strumento adatto allo scopo. Legge buona nel fissare regole e procedure, pessima nel sancire l'obbligo della cessione del 40% minimo per gli Enti locali che intendano mantenere l’affidamento dei servizi "in house" senza invocare la deroga alla gara pubblica (che certamente verrebbe vinta al massimo ribasso da privati che si rifarebbero poi sulle tariffe) e dove fissa stringenti limiti temporali. Mi chiedo poi in che modo l'“adeguatezza della remunerazione del capitale investito” (7% da "metodo tariffario normalizzato") si sposi con quel concetto di libero mercato che solo gli ingenui vedrebbero ispirare la legge Ronchi, quando è lampante come si tratti del tentativo di spalancare le porte, peraltro già aperte, di un appetitoso settore a cash-flow garantito. A beneficio dei soliti noti.

    Il voto, più che tecnico, è politico e d'indirizzo (niente rendite garantite sui beni comuni), ed è in questo senso che apporrò la mia bella croce su entrambi i sì ai primi due quesiti (sul nucleare faccio mia l'ineccepibile posizione postata poco sopra da Zaneddu, sul legittimo impedimento non merita spendere una sola parola).

    Ciò premesso, segnalo una curiosa coincidenza tra le intenzioni di voto di Mario Adinolfi, appena sbirciate su Facebook, e quelle di Malvino (non me ne voglia), nella speranza di estorcere a quest'ultimo almeno un altro sì :)

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