giovedì 23 giugno 2011

Un sistema, il solito

L’uso del termine lobbista che viene attribuito a Bisignani è tanto improprio da rivelare senza troppo pudore, perfino in modo sfacciato, il fine disonesto di chi glielo attribuisce. Anche di questo dovranno rispondere alla storia i retori minori del berlusconismo, i Ferrara, i Sallusti, i Belpietro, i Sechi, i Minzolini, perché uno dei danni più gravi inferti a questo paese dai servi di Berlusconi è stato quello di distorcere la realtà dei fatti corrompendo il significato delle parole chiamate a rappresentarli.
In giro troverete molte definizioni di lobby, ma io penso che la più completa sia quella offerta dal Dizionario della Lingua Italiana della Treccani: Gruppo di interesse che opera prevalentemente nelle sedi istituzionali di decisione politica attraverso propri incaricati d’affari o apposite agenzie allo scopo di influenzare e persuadere il personale politico a tenere conto degli interessi dei propri clienti nell’emanazione di provvedimenti normativi. Tali attività possono essere più o meno istituzionalizzate e più o meno lecite, a seconda che vengano regolamentate (come negli USA, dove vige l’obbligo di iscrizione dei lobbisti in un apposito albo professionale), o si svolgano senza controlli normativi”. Stando a tale definizione, Bisignani sarebbe un incaricato d’affari al servizio di una clientela interessata all’ottenimento di misure legislative in favore delle proprie attività. Ed è qui, da subito, che appare improprio il termine che la stampa filogovernativa ha scelto per coprire le attività del noto pregiudicato. Da quanto finora è emerso, infatti, e per le stesse ammissioni fatte da Bisignani, non c’è alcuna concordanza tra le attività svolte dal “lobbista” e quelle per le quali una lobby nasce ed opera.
Ma prima di passare all’analisi di queste discordanze, che ci porteranno a optare per una più adeguata definizione della figura di Bisignani, occorre sottolineare che in Italia non esiste un albo professionale dei lobbisti, né tanto meno esiste una normativa che regoli l’attività di una lobby: al di fuori delle regole, e contro quelle esistenti come è in alcune delle ammissioni dello stesso Bisignani, il lobbismo si configura come attività illecita di là dai reati specifici addebitabili agli attori in gioco. Con l’aggravante della segretezza dell’associazione, fatto penalmente rilevante. E anche qui siamo costretti a constatare che la bandiera della legalità, un tempo issata su ogni casamatta della destra, è ormai usata solo per pulirsi il culo da questi ignobili parassiti che sbattono in carcere un ragazzino preso con due spinelli in tasca, respingono barconi di povera gente in fuga dai massacri, multano i viados e i loro clienti, dichiarano fuorilegge la fecondazione assistita e negano un diritto di famiglia ai gay, ma fanno la fortuna dei faccendieri e dei tangentisti ereditati dalla Prima Repubblica. Sono colpe che dovrebbero essere pagate col sangue, ma nelle protesi culturali non ne scorre.
Gruppo di interesse – dunque – che opera prevalentemente nelle sedi istituzionali di decisione politica attraverso propri incaricati d’affari o apposite agenzie allo scopo di influenzare e persuadere il personale politico a tenere conto degli interessi dei propri clienti nell’emanazione di provvedimenti normativi”. Ma quale provvedimento normativo, di grazia, è stato finora promosso dall’opera di Bisignani dall’ultima volta che è stato beccato tra Enimont e Vaticano? In nome e per conto di quali clienti? Quali sono stati gli strumenti dell’influenza e della persuasione messe in atto per operare pressione? Di quale natura è il mandato del quale Bisignani è stato fin qui investito? Ma, soprattutto, quale gruppo e quale interesse possono delinearsi come attore e fine delle sue attività?
Non regge, il termine lobbista non sta affatto bene addosso a Bisignani: si tratta dell’ennesimo espediente manipolatorio che fa di una sciacquetta un “ministro”, di un puttaniere un “utilizzatore finale”, di un venduto un “responsabile” e di un lager un “centro di permanenza”. La più esatta definizione di Bisignani è faccendiere. Faccende sporche, coperte da una tela di favori tessuta con la pazienza del ragno. Bisignani è un sistema, il solito. Chi lo copre e lo eufemizza a “lobbismo” ne è complice.


3 commenti:

  1. Sono colpe che dovrebbero essere pagate col sangue, ma nelle protesi culturali non ne scorre.


    Io la adoro.

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  2. al di fuori delle regole, e contro quelle esistenti come è in alcune delle ammissioni dello stesso Bisignani, il lobbismo si configura come attività illecita di là dai reati specifici addebitabili agli attori in gioco

    Bene se si prova che l'azione è avvenuta "contro [le regole] esistenti", come elementi finora emersi paiono suggerire e come infatti sta cercando di confermare la magistratura. Di nuovo bene, dunque, se è provato che Bisignani agiva nell'interesse suo e dei pochi suoi per procrastinare un sistema familistico e parassitario della politica.
    Assurdo mi pare invece affermare - come sembri fare anche tu annettendo quel "al di fuori delle regole, e", anche se son pronto a scommettere che si trattava solo di enfasi retorica - che un'attività non regolata sia di per sé illecita, quando non è vietata espressamente dall'ordinamento. D'altro canto sarebbe con ogni probabilità inutile, e credo anche controproducente, tentare di vietare il fenomeno.
    L'attività di lobbying in Italia va regolata, non repressa: non esiste paese al mondo che sia in grado di farne a meno, ed è preferibile che gli interessi di chi dispone del potere per farsi rappresentare siano incarnati da persone che agiscono alla luce del sole, piuttosto che limitarsi a tramare nell'ombra. Se si porta a galla il sommerso, diventa poi molto più semplice sanzionare comportamenti che oggi, mancando una legislazione adeguata, rischiano di apparire più leciti di quanto non sarebbero altrove - perché protetti dalla lunga durata della tradizione e perché scusati dall'inerzia stessa del legislatore.

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