lunedì 5 settembre 2011

Duce, fattene una ragione


Claretta Petacci non riesci a levartela di dosso, te la ritrovi appesa accanto, a testa in giù, e può darsi che sia prova del suo immenso amore. Ci sono anche i gerarchi, è vero, almeno quelli più compromessi, quelli che non hanno fatto in tempo a tradirti per salvare il culo o che avevano scommesso che la tua buona stella avrebbe brillato in eterno, e anche loro penzolano, puoi dire che non ti hanno abbandonato, via. Per il resto, caro Duce, dovresti sapere come sono gli italiani, peraltro, e non a torto, li hai sempre intimamente disprezzati, anche quando ti consideravano un dio, e forse proprio per quello, perché di te in fondo non hai mai avuto stima, ma solo una formidabile superstima.
Sapendo bene, e da sempre, che la Sacra Patria è un Paese di Merda, ora non dovresti cadere dalle nuvole, che d’altra parte, a testa in giù, ti stanno ancora sotto gli stivali. “Cortigiani, vil razza dannata”, dice Rigoletto, ma potrebbe dirlo pure il Duca di Mantova, se solo il libretto non chiudesse col terzo atto, gli scandali di corte corressero di bocca in bocca per il Ducato, ecc. Non dovresti stupirti troppo, caro Duce, se prima ti adoravano come un’icona pop e ora ti rinfacciano i mille errori che ti hanno portato alla rovina, che è pure la loro. Prima non potevi tirare una scoreggia che tutti la prendevano per un ordine, perché si sa che “il Duce ha sempre ragione”, e tutti i tuoi difetti, anche i più miserabili, apparivano magnifiche virtù. Frivolo? Era sublime leggerezza. Narcisista? No, è che avevi il midollo di un leone. Puttaniere? Macché, incarnavi la leggenda del maschio latino. Cinico e bugiardo? Ma no, era la tua superiore arte del governo. Rivoluzionario a chiacchiere, ma più conservatore di un qualsiasi borghesuccio? Macché, novello Principe del Machiavelli. Ora, da cadavere, è solo un fastidioso residuo di devozione che impedisce loro di essere crudeli nel dirti che ha un alito da far schifo, e non si trattengono neppure dallo storcere il muso.
Quel ciccione che ti si strusciava addosso millantandosi tuo consigliere, per esempio. Ieri, meno di un anno fa: “Non mi sognerei mai di mettere becco nel suo modo di divertirsi, di stare con le donne, di considerare amici e amiche nelle ore libere, vorrei anche vedere” (Il Foglio, 1.11.2010). Oggi, invece, “dovrebbe vivere con intorno un mucchio di gente seria e responsabile, e ce n’è parecchia tra i suoi collaboratori, che abbia il potere di dirgli no, quella telefonata non la deve prendere, no, quell’operazione sottopelle è troppo a rischio, no, quello non è un tipo affidabile” (Il Foglio, 4.9.2011). Duce, fattene una ragione, sei fottuto.

4 commenti:

  1. L'articolo di Ferrara secondo me era più caritatevole. Almeno nella proposta. Diceva solo: dai, troviamogli una badante (anzi, UN badante, per carità).

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  2. Caritatevole? Ferrara? Giusto come lo può essere un servo

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  3. @ the dreamer

    Se l'uso dell'ironia prevede qualche artificio semiotico atto a rivelarlo basta dirmelo. Così la prossima volta non ci saranno equivoci di sorta.

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  4. in effetti, in assenza della componente metaverbale del linguaggio, può succedere;
    me ne dolgo comunque e faccio ammennda.

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