mercoledì 21 settembre 2011

Il ritorno di Qui Radio Londra

Non riesco più a trovare in rete i dati Auditel relativi alla fascia del cosiddetto prime time access (ora vengono accorpati a quelli del tg che li precede) e quindi non ho modo di sapere se va riconfermandosi, dopo la lunga pausa estiva, la caduta dello share che si è sempre avuta, senza eccezioni, tra la chiusura del tg1 e la sigla di testa di Qui Radio Londra (dal 4 all’11%, con una perdita netta fino a un massimo di 1.800.000 telespettatori), né di sapere se sia riconfermato il dato, altrettanto costante, di un sensibile incremento degli accessi a Raiuno (da 2 al 7%) sulla sigla di coda della trasmissione o nei minuti subito seguenti.
Può darsi che questi dati, relativi ai mesi in cui la trasmissione è andata in onda (15 marzo-30 maggio), siano migliorati con le prime tre puntate di settembre, soprattutto se comparati a quelli del tg1, che sono in caduta libera (-4/7%), mentre è più difficile pensare che abbiano avuto un’inversione di tendenza in assoluto, sicché non si capisce quali elementi consentano a Giuliano Ferrara di affermare: «La mia curva di ascolti è in salita e io sono soddisfatto» (il Giornale, 19.9.2011), soprattutto se si tiene conto del fatto che l’affermazione è stata antecedente alla ripresa della sua striscia quotidiana. Intuito, probabilmente. Con azzardo di previsione, è evidente.
Nell’impossibilità di una verifica, che sarebbe comunque assai parziale dopo solo tre puntate dal ritorno sul piccolo schermo, siamo costretti, almeno per il momento, a sospendere ogni giudizio su un indicatore peraltro assai poco attendibile nella valutazione della qualità di un prodotto televisivo, ma che tuttavia, piaccia o non piaccia, è quello che solitamente ne segna la sorte, legandola allo share che raccoglie. Fino a quando è stato possibile seguirne l’andamento, che si è rivelato in costante flessione (relativa e assoluta), quello raccolto da Qui Radio Londra è stato in ogni caso assai inferiore a quello delle aspettative. D’altra parte è lo stesso Giuliano Ferrara a riconoscerlo nel tentativo di trovarne spiegazione: «Non è un momento felice per la tv generalista». Ancora: «Veniamo dopo il tg1, c’è un pacco di pubblicità». E ancora: «Una sorta di fisiologico calo di ascolti ce l’avevo anche tanti anni fa, quando iniziavo dopo “Tra moglie e marito” di Marco Columbro su Canale 5». Ma non si era detto di «una curva di ascolti in salita»?
Per qualsiasi altra trasmissione in quella fascia di ascolto, che è di ampiezza ridotta ma produce vistosi effetti sul prime time a seguire, a parità di rendimento si sarebbe optato per la sospensione, nel rispetto della crudele logica del mercato. D’altra parte è noto che la Rai segua da tempo un’altra logica, che è quella di assecondare i gusti di Silvio Berlusconi. È così che trasmissioni a lui sgradite vengono via via eliminate dal palinsesto, anche se hanno ottime prestazioni e procurano un sensibile utile all’azienda. Solo questo spiega il ritorno in tv di Giuliano Ferrara dopo la sua deludente performance primaverile. Solo questo spiega perché gli sia stata offerta una presenza su una rete pubblica e non sulle frequenze Mediaset: prendendo mezza dozzina di piccioni con una sola fava, Silvio Berlusconi ha premiato un servo fedele, e senza cacciare un solo euro dalle sue tasche, si è assicurato altri cinque minuti al giorno di propaganda su una rete Rai, non ha arrecato alcun danno alle sue tv, ma anzi lo ha arrecato alla concorrenza, procurando un ulteriore utile alla sua azienza.
È un modus operandi del quale si è sempre avuto sospetto, ma del quale abbiamo prova provata almeno da quando fu reso pubblico il contenuto delle telefonate tra lui e Agostino Saccà, per poi essere confermato, e proprio di recente, dalla funzione di specchietto per le allodole affidata a Fabrizio Del Noce ai festini di Arcore: la Rai è considerata un bottino personale dal quale l’imperatore attinge per fare regalini alle signorine che gli leccano le palle. Nel caso dei cinque minuti dopo il tg1, a chi gli lecca il culo.
Ogni altra considerazione sui contenuti di Qui Radio Londra è superflua, perché si tratta delle stesse cose che Giuliano Ferrara scrive su Il Foglio, su il Giornale e su Panorama: su Raiuno le arrangia nel modo che gli sembrano più digeribili per un pubblico di più basso livello, sicché eccede in strizzatine docchio e altre gigionerie, con faticosi cedimenti a quello che ritiene sia lumore dello spettatore medio e altre ruffianate da ambulante nella piazza del villaggio, per lidea di villaggio che si è fatto ai tempi in cui bucava il piccolo schermo. Armi ormai spuntate, e questo forse spiega perché non siano apprezzate nemmeno da chi sceglie il tg di Augusto Minzolini. 

Postilla Wil mi informa che tvblog.it riporta i dati di ascolto della puntata di Qui Radio Londra di ieri: share del 16,21%, con una perdita di circa il 7% rispetto al tg1. Peggio dell’ultima puntata prima della pausa estiva. Intuito fallace. Azzardo di previsione errato. Un grazie a Wil per avermi segnalato una fonte Auditel per le considerazioni a venire.

3 commenti:

  1. Domanda sofriana/ferrariana. In questo post http://www.wittgenstein.it/2011/09/21/le-lenti-deformate/ Sofri Jr. sostiene che il problema delle analisi politiche di Ferrara sarebbe "che non si può orientare la propria visione del mondo sul non volerla dare vinta a Scalfari". Ora, io direi, il problema delle analisi politiche di Ferrara è proprio un altro ed è molto più grave e insormontabile, e si chiama: "Malafede". Ma secondo te, Castaldi, quando Sofri "sorvola" su questo piccolo particolare della malafede per dire che Ferrara dice quello che dice solo "per non darla vinta a Scalfari", è in malafede anche lui? MAX

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  2. QUI ho riportato un'elaborazione dei dati auditel del 20 settembre pubblicata da Il Fatto Quotidiano di oggi.

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  3. @ Zdenek
    Grazie.

    @ Max
    Anche la lobby di Lotta continua, da anni dentro e attorno a Il Foglio, ha struttura familista. Sofri jr non sarà mai in grado di attaccare le ragioni di Ferrara alla radice: si limiterà sempre a polemizzare come si fa con uno zio.

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