martedì 1 novembre 2011

Volesse il cielo fosse solo una faccia di cazzo


a Giovanni Fontana

Sul perché Matteo Renzi piaccia così tanto alla destra, e così poco alla sinistra, non è il caso di intrattenerci troppo, perché è impossibile arrivare a conclusioni esaurienti. Però possiamo almeno fare qualche ipotesi.
Può darsi sia davvero un uomo nuovo, quello finalmente che può liberare la sinistra dai suoi vizi psicologici, culturali e politici, tirandola via dalle secche in cui la storia l’ha portata ad incagliarsi, rendendola finalmente capace di riguadagnare motivazioni, entusiasmo e consensi, facendole trovare idee per governare e voglia di vincere. E allora è possibile che raccolga tante critiche fra quanti invece dovrebbero salutarlo come il leader che ci voleva, perché la sinistra è ottusamente conservatrice, fottutamente masochista, irrimediabilmente votata alla sconfitta. Non è da escludere, ma questo non ci dà garanzie che Matteo Renzi sia la soluzione. 
Al contrario, può darsi che le sue idee non appartengano affatto al patrimonio culturale e politico della sinistra, e che quindi a buon motivo sia sentito da gran parte della sinistra come un corpo estraneo, come un ex democristiano che abbia subìto, anche se in ritardo, la stessa mutazione genetica di tanti ex democristiani che dalla Dc passarono a Forza Italia. Mi par chiaro che in entrambi i casi la sinistra non meriti Matteo Renzi.
D’altro canto, le critiche che Matteo Renzi muove alla sinistra sono le stesse che da sempre le sono mosse dalla destra. Sarà per questo che piace così tanto a quanti dovrebbero essere i suoi avversari “naturali”? È molto probabile, anzi, a sentire le lodi che la destra rivolge a Matteo Renzi, parrebbe che le critiche che egli rivolge alla sinistra siano le stesse che la destra (in quanto destra) muove alla sinistra (in quanto sinistra). Parrebbe che, a raccogliere le critiche che Matteo Renzi le rivolge, e che egli si sforza di dimostrare siano costruttive, la sinistra non avrebbe da far altro che diventare un po’ più simile alla destra, per vincere. Pare, infatti, che per “costruttivo” debba intendersi tutto ciò che consente la vittoria. Ci troveremmo di fronte ad una mutazione della sinistra ancora più profonda: da avanguardia che guida le sorti del popolo a oligarchia che rincorre gli umori della gente. 
Non si capisce, in realtà, perché un elettore che abbia idee di destra dovrebbe essere conquistato da una sinistra così rifatta invece che rinnovare la propria fiducia ad una destra che rimane tale, dimostrando con ciò di aver vinto la sua lunga partita contro la sinistra, né si capisce perché un elettore che abbia idee di sinistra dovrebbe rinunciarvi perché solo così potrebbe veder vincere una sinistra che di fatto non lo sarebbe più. Parrebbe, insomma, che Matteo Renzi piaccia così tanto alla destra perché, consapevolmente o no, divide la sinistra: fra quanti la vorrebbero vincente anche a costo di vederla somigliare un po’ di più alla destra e quanti sarebbero disposti a vederla eternamente perdente purché fedele alle sue idee di sempre.
Ma forse tutto ciò che ho fin qui scritto ha un vizio di fondo, che è quello di far riferimento a due categorie che sono superate già da tempo, per reciproca contaminazione: probabilmente destra e sinistra sono inservibili ad un’analisi del renzismo, che forse altro non è che un mero epifenomeno di questa contaminazione, giunta con lui a un tal grado di mimetismo da essere presentabile come superamento delle due posizioni ideologiche in un metodo duttile e pleomorfo, pragmatico più che pragmatista. Probabilmente, caro Giovanni, la questione si pone in altri termini. Ho cercato di farlo nel post qui sotto, ma forse in modo troppo ellittico. Provo a farlo qui, augurandomi di essere più chiaro: la società che sta nel progetto di Matteo Renzi è liberaldemocratica?


Liberismo e liberalismo: o stanno insieme o degenerano. Stessa cosa per libertà e responsabilità: senza responsabilità la libertà diventa arbitrio, senza libertà la responsabilità diventa sudditanza. Se arbitrio e sudditanza sono termini relativamente ambigui, le degenerazioni di un sistema nel quale l’individuo goda della sola libertà economica, o di tutte le altre tranne quella, danno vita a società dai caratteri piuttosto precisi, peraltro tristemente noti, prima o poi invivibili, e dunque destinate ad essere messe in discussione da istanze reattive, spesso anche violente. Chi voglia costruire una società che sappia evitare queste derive non può fare a meno di guardare alle libertà come un corpo inscindibile, senza considerarne alcune prioritarie rispetto ad altre, e alla responsabilità come l’unico presidio che può garantirle tutte.
Di tutte le libertà, quella economica è quella che meglio si presta a saggiare questo assunto. Quand’anche un individuo la eserciti nel pieno rispetto di un sistema normativo che gli impedisca di farne strumento di arbitrio o causa di sudditanza, la ricchezza che ha pur legittimamente cumulato gli darà modo di godere illegittimamente di quelle libertà che eventualmente siano negate a quanti non dispongano dei suoi mezzi, oltre che a proteggersi dagli effetti delle sanzioni che potrebbero raggiungerlo per aver violato il divieto, se non addirittura a fuggirle.
È il caso di una società che riconosca all’individuo la libertà di intraprendere e di cumulare ricchezza, ma gli neghi altre libertà che pure sono nel corpo del diritto di autodeterminazione nella responsabilità verso gli altri individui: a costui non sarà difficile goderne comunque, creando di fatto, anche non di diritto, condizioni di disparità che inevitabilmente faranno dei suoi beni materiali, pur legittimamente cumulati, un elemento di ingiustizia sociale. Se la ricchezza assicura ad alcuni la piena e legittima “libertà da”, che però può facilmente tradursi in piena ma illegittima “libertà di”, è solo una piena e legittima “libertà di” che può garantire l’equità di diritti nella differenza che di fatto c’è tra individuo e individuo, e che può e deve avere modo di esprimersi anche sul piano economico. Perciò ripeto: se non stanno insieme, liberismo e liberalismo degenerano.


Bene, caro Giovanni, se molte delle proposte uscite dalla Leopolda possono sembrare liberiste, non ve n’è traccia di liberali, eccezion fatta per la n. 89 (Una regolamentazione per le unioni civili), che sembra messa lì tanto per fare da bandierina nel campo dei diritti civili. Ve n’è, invece, qualcuna francamente illiberale e, ciliegina sulla torta, silenzio assoluto sul conflitto di interessi. Per Matteo Renzi, l’autodeterminazione dell’individuo è sacrosanta solo in campo economico ed è qui che il nostro si rivela liberale – scusami la bestemmia – quanto lo è Silvio Berlusconi. Nei fatti è filoclericale come lui, ma senza avere la fierezza di rivendicarlo come merito. Come lui, cerca di essere simpatico a tutti (cosa che dovrebbe sempre insospettire), e con risultati altrettanto tragicomici (cosa che dovrebbe sempre far riflettere). Tiene il palco con la stessa posa da uomo della provvidenza, che ha il sole in tasca e l’uovo di Colombo in testa. Quei 100 punti, che dovevano essere scritti in wiki e si sono accontentati della lingua di un ex Mediaset come Giorgio Gori, fanno il depliant di unofferta già sentita, appena camuffata da un volto che ancora non ha bisogno di cerone. Volesse il cielo fosse solo una faccia di cazzo. 

12 commenti:

  1. forse anche lo ius soli da applicare invece del vergognoso ius sanguinis è vagamente liberale caro malvino, ma in 100 punti lei ha ragione è poco troppo poco..

    alessandro riccio

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  2. Luigi,
    il paradosso è che tu – nel rispondermi e argomentare una critica, con la solita eccellenza e profondità argomentativa – dici cose con cui sono completamente d'accordo, e altre me ne insegni.

    E il paradosso ulteriore è che proprio mentre scrivevi questo post, io rispondevo – citandoti, fra l'altro, a un altro Luigi (che mi criticava il troppo anti-renzismo di quel post) delle cose molto simili a quelle che tu, con tutt'altra acribia, argomenti qui.
    http://www.distantisaluti.com/ma-renzi-e-di-sinistra/#comment-53053 e seguente.

    Dicevo, appunto, che non si possono distinguere libertà civili e libertà economiche perché esse, da un punto di vista liberale, sono ben più che inscindibili: sono la stessa cosa.

    Tuttavia, proprio perché sono la stessa cosa – e quindi hanno una qualche forma di misurabilità –, non puoi non riconoscerne la preferibilità parziale, rispetto al niente. Se, come dici, il liberismo, privo della sua componente liberale (o, più precisamente, se il liberalismo attuato soltanto nella sua componente liberista) degenera, non puoi pensare che degeneri al punto da preferirgli qualunque altra cosa illiberale.

    Sono certo che la tua e la mia opinione di un liberalismo spoglio delle libertà individuali che ricordavi tu nel post "ellittico" sia molto più severa di quella di tanti liberali assuefatti a una certa ricetta liberale spoglia di quelle componenti che sappiamo fondamentali: è questo il bacio della morte fra liberalismo e conservatorismo che tu descrivi così bene. La mia impressione, però, è che tu sia ingenuo nel pensare che le tue – le nostre – critiche a quel modello di centrismo (conservatorismo?) liberale siano le stesse di coloro che accusano Renzi di non essere un progressista.

    Era questa la ragione del mio post (che non mi sembrava pro-renzista), e quello che volevo ci si leggesse, con risultati evidentemente scarsi. E cioè che molte persone accusano Renzi di essere un conservatore per le ragioni sbagliate: per il suo non-marxismo, non per il suo non-laicismo. Spero di sbagliarmi, naturalmente.

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  3. a. il titolo di questo post è perfetto;
    b. il passato recente, il presente, e il possibile futuro della politica italiana potrebbero tutti essere scritti da spin doctor di una stessa azienda di entertainment lombarda, che si è distinta per produzioni spazzatura negli ultimi tre decenni. in pratica il futuro del nostro paese sarebbe ideato, pensato, e redatto come se fosse il format di qualche trasmissione televisiva trash. tipo un reality, dove renzi viene televotato e bersani e berlusconi (già televotato in passato) mandati fuori dalla casa.

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  4. A me ricorda molto,in versione multipla, The Truman Show del 1998.
    Peccato che molti ancora non se ne rendono conto.
    Marco

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  5. Quindi come dice Emma Bonino, non si può essere liberali senza essere anche liberisti e libertari?

    saluti

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  6. "Perciò ripeto: se non stanno insieme, liberismo e liberalismo degenerano."

    Questo e' un bold statement. Hai delle evidenze empiriche al riguardo o e' solo logica deduttiva?

    Se siamo ad avanzare a teorie allora ne avanzo una anch'io: il liberalismo puo' essere viatico al liberismo. Piu' opportunita' economiche per tutti creano una maggiore tolleranza per diversi stili di vita.

    Esempio. Giovanni e' un cattolico e non ha molta simpatia per gli stili di vita "alternativi", come li chiama lui. Giovanni lavora in un'impresa e deve interagire con uno dei fornitori dell'impresa, tale Mario, gay dichiarato.

    Mario si e' messo in proprio da poco. E' sempre stato titubante ma ora da qualche tempo, grazie allo snellimento delle procedure burocratiche, ci vuole molto meno a metter su un'azienda. Mario, che ritiene di saper fare il proprio mestiere, ha finalmente deciso di provarci.

    Giovanni e' a disagio quando interagisce con Mario ma alla lunga si rende conto che Mario e' molto piu' affidabile e fa un lavoro migliore di Giulio, eterosessuale sposato che pero' e' sempre in ritardo con le consegne ed e' anche un rompipalle. Risultato: alla lunga, Giovanni ci ripensa e quando c'e' il referendum per dare il diritto di matrimonio ai gay vota a favore.


    In ogni caso, a me tutta la discussione sembra sviante. In Italia si finisce sempre a parlare di massimi sistemi ma qui si tratta di trovare uno che: a) vinca le elezioni; b) faccia le riforme di cui ha bisogno il paese per riiniziare a crescere. Gay e lesbiche rimarranno giustamente incazzati per la discriminazione normativa di cui sono oggetto ma almeno beneficeranno del fatto che l'economia inizia a muoversi. Purtroppo, credo che nell'Italia del 2011 anche un partito di sinistra non abbia molto meglio da offrire loro.

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  7. Trovo l'analisi suggestiva, però non convincente abbastanza.

    In particolare, da che ci sono i ricchi, la "libertà di" preferita da molti di loro è sempre stata quella di togliere la libertà agli altri. Il che vuol dire come minimo che il liberalismo a molti ricchi non può piacere, se non come fiaba da vendere ai poveri.

    E si ricade in quel fenomeno che ancora non sono riuscito a capire, per cui un sacco di persone hanno creduto e credono e crederanno che un monopolista darà loro il liberismo, che un piduista darà loro la democrazia, e che uno straricco farà l'interesse dei poveri.

    E tutto questo quasi senza sfiorare l'argomento principale, quello su cui più dubito che ci possa essere terreno per una convergenza di opinioni tra me e il tenutario del blog, ossia dove stanno tutti questi che hanno cumulato legittimamente ricchezza, a meno che sia legittimo approfittare della povertà altrui per il proprio tornaconto.

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  8. Caro Malvino, potrebbe gentilmente tornare sull'inscindibilità tra libertà di arricchirsi e diritti civili?
    Che legame c'è - ammesso si sia inteso affermarlo - tra la possibilità di rifiutare un sondino naso-gastrico e quella di licenziare in tronco tutti i propri dipendenti per trasferire la baracca in un altrove dove i salari siano più bassi ed i diritti della forza lavoro più limitati?

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  9. @ atlantropa
    Se si abolisce la proprietà privata, non c'è alcun legame.

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  10. Scusi se insisto; non voglio certo fare una critica del sistema (ed in particolare non una critica dall'esterno del sistema), quindi diamo pure per scontata la proprietà privata; quel che mi interesserebbe capire è se questo concetto dell'inscindibiltà tra vari tipi di libertà ha una base razionale e concreta, o piuttosto è qualcosa di suggestivo, o peggio cripto-metafisico - nel senso della "mano invisibile".

    Se due cose sono inscindibili, allora negazione/assenza/ridimensionamento della prima dovrà in qualche modo comportare negazione/assenza/ridimensionamento della seconda.
    In effetti, se si introduce il reato di apologia di xyz, allora la mia libertà di parola potrebbe essere ridimensionata, perchè nell'esprimere certe mie idee potrei essere accusato (in particolare strumentalmente) di aver fatto un'apologia di xyz.
    La mia domanda, dunque, è più o meno la seguente: in che modo uno stato che volesse vietarmi di licenziare in tronco tutti i miei operai per ""delocalizzare"" la produzione della mia azienda finirà poi necessariamente per mettermi il sondino?

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  11. @ atlantropa
    Consentimi un'ellissi. Sono a favore del licenziamento senza giusta ragione, ma dietro liquidazione di due anni e mezzo di stipendio.

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