sabato 1 settembre 2012

Così non è accaduto

Occorre fare un poco di chiarezza sul rifiuto che il cardinale Carlo Maria Martini ha opposto all’«accanimento terapeutico», termine che qui rivela in modo esemplare tutta la sua ambiguità. Sua Eminenza soffriva da lungo tempo di Morbo di Parkinson, una patologia che nei suoi stadi più avanzati è scarsamente sensibile ad ogni tipo di terapia farmacologica. Tuttavia un parkinsoniano non muore mai per la degenerazione delle cellule nervose che è alla base della malattia, ma per le complicanze che essa determina, prima fra tutte (le statistiche riportano dati che oscillano tra il 73 e l’89%) la disfagia. In pratica, viene meno la capacità di deglutire a dovere: ne derivano deperimento da malnutrizione e non di rado infezioni polmonari perché il cibo ingerito prende la via sbagliata e va a infettare le vie respiratorie, talvolta provocandone l’ostruzione e la morte per asfissia. In una percentuale più ridotta di casi (tra il 7 e il 9%) il paziente muore per insufficienza respiratoria perché l’ipercinesi muscolare arreca gravi alterazioni della dinamica degli atti di inspirazione ed espirazione. Intubato per la ventilazione assistita, idratato per via endovenosa e nutrito con un sondino gastrico, un parkinsoniano può sopravvivere per anni e anni. Una vita di merda, senza dubbio, ma questa è considerazione da laicista.
Laicisti non sono quelli che si sono subito affrettati a precisare che nel caso di Sua Eminenza non si è trattato di eutanasia, ma semplicemente di rinuncia all’«accanimento terapeutico», che la dottrina cattolica non condanna. È vero, il Catechismo afferma che «l’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima» (2278), ma afferma pure che, «anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte» (2279). Ora, nel caso del cardinale Carlo Maria Martini, la somministrazione di aria, acqua e cibo era da intendere come cura ordinaria o straordinaria? E il paziente aveva il diritto di rifiutarla? Con la logica che ha portato gran parte del mondo cattolico a parlare di suicidio assistito nel caso di Piergiorgio Welby e di assassinio nel caso di Eluana Englaro, Sua Eminenza non aveva questo diritto: doveva essere costretto a sopravvivere, contro la sua volontà. Così non è accaduto. Punto.

32 commenti:

  1. Vedremo nella prossima legislatura (se non in questa, ahimè!) che tipo di legge sul testamento biologico sarà fatta. Se dovesse venire fuori uno schifo come la 40 sulla fecondazione assistita, ai "laicisti" che non faranno in tempo ad andare all'estero, converrà, prima della sacra unzione, ordinarsi preti o suore per partecipare ai benefici della casta.

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  2. Da non cattolico sono molto felice che al Card. Martini, persona che stimavo molto, sia stata risparmiata l'ordalia della sopravvivenza forzata. Spero sinceramente che questo sia un precedente positivo anche per tutti coloro che vorranno fare la stessa scelta. So che è una pia illusione, ma a volte si possono concretizzare.

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  3. Quello qui descritto è una proposta di accanimento terapeutico. Liberissimo chiunque di attivarla se desidera "vivere ad ogni costo" ma altrettanto libero, da Codice Penale, Codice Deontologico dei Medici e pure Catechismo della Chiesa Cattolica, di NON farlo se non lo si ritiene. Il Cardinale Martini NON aveva possibilità di guarire e ha semplicemente accettato che per lui non ci fosse più nulla da fare. Non è morto di fame o di sete ma perché era un vecchio uomo malato e sarebbe morto probabilmente pochi giorni dopo anche se alimentato. (a parte che non è chiaro cosa gli dessero per via parenterale: davvero solo fisiologica? In alcuni casi la cachessia rende inutile anche l'alimentazione parenterale. La escludi?)
    Eluana è morta di fame e di sete e non per una malattia a esito fatale: le sue condizioni erano di invalidità gravissima ma stabili.
    Welby aveva il respiratore non per colpa di Ruini o Bagnasco ma di sua moglie che non ha obbedito alle sue disposizioni come avrebbe dovuto e potuto legittimamente fare (come invece fece la moglie di Coscioni).
    Tutti i giorni in tutti gli ospedali muoiono persone allo stesso modo del Cardinale e non fanno nessuna notizia.
    La strumentalizzazione del "caso Martini" è evidente e vergognosa.

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    1. Strano.

      Anche Piergiorgio Welby “NON aveva possibilità di guarire e ha semplicemente accettato che per lui non ci fosse più nulla da fare”, giusto per restare in linea col “Catechismo della Chiesa Cattolica”: per tutta risposta i delinquenti con la tonaca non gli hanno nemmeno concesso le esequie religiose.
      Pure Eluana Englaro “NON aveva possibilità di guarire e ha semplicemente accettato che per [lei] non ci fosse più nulla da fare”, però in quel caso è diventato un assassinio.

      E allora, chi strumentalizza cosa?

      Ma forse il loro problema, il problema di Piergiorgio e di Eluana, era solo quello di essere costretti a esibire il cognome sbagliato. E di non far parte della cupola. Perché a farne parte, come il suddetto Martini, a quanto pare puoi anche permetterti di smentire clamorosamente, nei fatti, quanto affermato a parole in una vita trascorsa, da esercente della religione, a cercare di piazzare la tua merce. Altro che indisponibilità della vita. Anche se così corri il rischio di apparire come il venditore di auto usate di quinta mano che, al momento di scegliersi l’auto per sé, si reca dal concessionario di fronte.
      Tanto in quel caso i tuoi compari di merende potranno sempre tirare in ballo il rifiuto dell’accanimento terapeutico.
      E comunque sei tranquillo, non morirai certo di fame e di sete. In questa merda di paese inquinato da gente di merda con idee di merda, solo i Giovanni Nuvoli muoiono di fame e di sete . Non certo i Woityla o i Martini.

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  4. Scrive Malvino:
    "Ora, nel caso del cardinale Carlo Maria Martini, la somministrazione di aria, acqua e cibo era da intendere come cura ordinaria o straordinaria?"
    No,qualcosa qui non mi torna:perchè,a parti rovesciate,il ragionamento mi sembra identico a quello che faceva Giuliano Ferrara quando gridava che togliere il sondino nasogastrico a Eluana Englaro,significava privarla di acqua e di cibo.
    Per l'occasione Ferrara fu sommerso di 'buuu' e di fischi
    dall'universo mondo,gli dissero che 'gnornò gnornò'il sondino era altra cosa,ed io che sono un'anima semplice,a questo punto vado in confusione:ma insomma,Giuliano Ferrara aveva ragione o aveva torto?

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    1. E' procedimento argomentativo che si chiama autofagia, gentile Annamaria. Sì, è proprio il ragionamento che faceva Giuliano Ferrara e qui è utilizzato per mettere in evidenza, da un lato, l'assurdità del ritenere "ordinaria" la condizione di tre tubi infilati in corpo e, dall'altra, l'elasticità interpretativa del Catechismo quando di mezzo c'è un prelato.

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    2. Ok,adesso è chiaro,la sua è una critica molto dura al mondo cattolico e a Martini in particolare, e su questa non mi addentro più di tanto:infatti,a differenza delle pannellidi on. Bernardini e on.Maria antonietta Farina,che hanno un passato di catechiste con conseguente ASSIDUA frequentazione di sacrestie 'vaticane-talebane'(come oggi le suddette onorevoli usano definirle)personalmente ho scarsissima conoscenza di quel mondo.
      Qualche perplessità invece la nutro sul piano strettamente sanitario:non credo che il Parkinson in "fase terminale" (cito il neurologo che seguiva Martini)consenta,sia pur con sussidi e tubicini vari,una lunga-seppur degradata-sopravvivenza.
      Faccio l'esempio di Papa Wojtyla,morto dello stesso male e allo stesso modo:lui aveva accettato il sondino nasogastrico,ma non sopravvisse più di qualche giorno,essendo subentrata(complicanza-immagino-prevedibile e prevista)una grave infezione che lo stroncò in poche ore.
      Insomma,con un male definito TERMINALE,a mio avviso,non c'è più 'salvavita' che tenga, e questo Martini,lucido fino all'ultimo,lo aveva ben presente.
      L'accostamento alle tragiche,ma diverse condizioni di Englaro e Welby,mi appare per questo improprio.

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    3. Sulla morte di Wojtyla ricordo un articolo che conferma il punto di vista di Malvino: i rapporti medici indicano che avrebbe potuto vivere ancora a lungo, ma si lasciò o fu lasciato morire.
      http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-dolce-morte-di-karol-wojtyla/

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    4. No, con buona pace di Flores D'Arcais,non è andata così.
      Wojtyla era,come il card. Martini,un malato TERMINALE:la grave infezione finale fu causata proprio ecannule,dalle sonde e dai presìdi terapeutici che avrebbero dovuto aiutarlo,ma che,applicati ad un organismo morente,privo di qualunque tipo di difesa immunitaria,sortirono l'effetto di precipitare la situazione e di avvicinare una fine che era imminente.
      Quando si è in questa fase,la medicina può intervenire solo con rimedi palliativi per lenire le sofferenze,tutto il resto è accanimento inutile.
      Penso che questo-evitare un accanimento INUTILE-sia stato il criterio seguito per il card. Martini.

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  5. Ma in quale regno, e di quali cieli, il coma irreversibile NON è una malattia - una condizione clinica - a esito fatale? - mi piacerebbe chiedere all'autrice del pasticcio qui sopra, sulla brutta tela della chiesa romana in materia di individualità della vita. palmasco

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  6. "L’obbligo di non far mancare “le cure normali dovute all’ammalato in simili casi” (Congr. Dottr. Fede, Iura et bona, p. IV) comprende, infatti, anche l’impiego dell’alimentazione e idratazione (cfr Pont. Cons. «Cor Unum », Dans le cadre, 2.4.4; Pont. Cons. Past . Operat. Sanit., Carta degli Operatori Sanitari, n. 120). La valutazione delle probabilità, fondata sulle scarse speranze di recupero quando lo stato vegetativo si prolunga oltre un anno, non può giustificare eticamente l’abbandono o l’interruzione delle cure minimali al paziente, comprese alimentazione ed idratazione. La morte per fame e per sete, infatti, è l’unico risultato possibile in seguito alla loro sospensione. In tal senso essa finisce per configurarsi, se consapevolmente e deliberatamente effettuata, come una vera e propria eutanasia per omissione." (Giovanni Paolo II)

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  7. Martini si era pronunciato con chiarezza con un articolo sul Sole-24 Ore a favore del diritto di Welby di chiedere la sospensione delle terapie. Facendolo oltretutto in una logica pienamente cattolica, bada bene. È sia ingiusto che irrispettoso caricarlo di (gravissime) responsabilità che sono della chiesa cattolica ma non sue personali. È un atteggiamento scioccamente rancoroso e non diverso da quello della chiesa cattolica stessa.

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    1. Non si può essere cattolici e rigettare il magistero della Chiesa: se per Welby si è trattato di suicidio assistito e per Englaro si è trattato di assassinio, Sua Eminenza si è permesso di morire a cazzi suoi. Ha fatto bene, sia chiaro, ma era cattolico, per di più era cardinale: non poteva permetterselo, non senza dichiarare formalmente, sulla soglia del suo gesto, che col magistero ci si puliva il culo.

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    2. Che fucilata Castaldi, dà l'impressione che fosse lì ad attendere solo che qualcuno fiondasse il piattello in aria... PULL!
      Scherzi a parte, l'argomentazione è appassionante e amichevolmente inviterei Alice, se può, a tentare la replica. Sarebbe motivo d'entusiasmo scoprire una botola da cui poterne uscire illesa come solo nei film.

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  8. Cataldi lei non rispose pero' a Annarosa che nientepopodimeno la accusa di fare vergognose strumentalizzaioni.
    azzilandru

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    1. Strumentalizzo, strumentalizzo, un argomento è strumento.

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  9. Ora, nel caso del cardinale Carlo Maria Martini, la somministrazione di aria, acqua e cibo era da intendere come cura ordinaria o straordinaria? E il paziente aveva il diritto di rifiutarla?

    Domande insensate, caro Malvino, semplicemente, il card. Martini non era cattolico.

    (bel post)

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    1. Infatti, non lo era. C'è da domandarsi perché Antonio Socci non ne abbia mai chiesto la scomunica.

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    2. Già ma, or non è molto, ne recriminava - povera stella - un passato da inquisitore.

      Se il prevedibile carosello di questi giorni, com le sue cervellotiche distinzioni e le accuse di parallelismi illeciti fra il caso Martini e quelli di Welby e Englaro non basterà (ma basterà), c'è sempre la scappatoia - ahimè non molto probabile - del rinnegamento post mortem, magari con riesumazione, scomunica e rogo à la Buñuel.

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  10. In ogni caso, che io mi getti da una rupe o da un grattacielo, che io prenda una fialetta di cianuro, che mi spari un colpo intesta, che m’impicchi con una corda, che mi tagli le vene o che decida scientemente di non assumere più né acqua né cibo, sempre di SUICIDIO si tratta, ossia d’interruzione volontaria della propria esistenza.
    Inutile girarci tanto intorno:IL CARDINAL MARTINI SI E’ SUICIDATO, assistito o meno. Che piaccia o non piaccia questa è l’unica verità.

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    1. Personalmente non penso che il Cardinal Martini si sia suicidato:ad ogni modo le faccio sommessamente notare che CHIUNQUE,OGGI,osasse affermare pubblicamente che Welby si è suicidato e che Eluana Englaro è stata suicidata,verrebbe QUANTO MENO passato per le armi.
      Ahimè,a fronte di così tanta disinvoltura verbale e concettuale-non solo la sua-per cui fatti reali,problemi reali e drammi reali possono essere tirati e stirati da tutte le parti e,come si fa con il pongo,usati per rappresentare tutto E ANCHE il suo contrario,la mia anima semplice è sempre più in confusione...

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    2. Secondo Lei, se io decido di morire o, se preferisce, di non continuare a vivere, non mi sto suicidando?
      Mi dia allora una definizione alternativa che non sia un eristicismo.

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    3. Nella lettera enciclica 'Evangelium vitae' di Giovanni Paolo II (25 marzo 1995)si dice espressamente che quando una vita è giunta in maniera inequivoca al suo termine e nessuna terapia può scongiurare o allontanare una morte imminente,è giusto RINUNCIARE ad interventi che sarebbero solo accanimento terapeutico,mentre è sempre opportuno alleviare le sofferenze con supporti palliativi.
      E' scritto in un documento ufficiale della Chiesa:se vogliamo dedurne che la Chiesa promuove e incoraggia il suicidio,ok,non c'è problema. Avanti con il pongo.

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    4. Le ho chiesto di non rispondermi con un eristicismo.

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    5. Castaldi scrive;
      "Non si può essere cattolici e rigettare il magistero della Chiesa: se per Welby si è trattato di suicidio assistito e per Englaro si è trattato di assassinio, Sua Eminenza si è permesso di morire a cazzi suoi. Ha fatto bene, sia chiaro, ma era cattolico, per di più era cardinale: non poteva permetterselo, non senza dichiarare formalmente, sulla soglia del suo gesto, che col magistero ci si puliva il culo."
      Ecco: semplicemente non condivido questa valutazione,ho citato l'enciclica papale a sostegno della mia idea che-invece-il cardinale abbia agito conformemente al magistero della Chiesa,che non prevede il suicidio.Arrendersi a qualcosa di ineluttabile NON è suicidio.
      Tutto qui,magari sbaglio,ma sono un'anima semplice che ha scarsa,scarsissima dimestichezza con l'eristicismo (lo confesso umilmente):anzi,il potere di dissuasione dell'eristicismo è tale che alzo le mani e mi arrendo.
      Buona notte (sperando di non ritrovarmi domani a tu per tu con l'eristicismo...)

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  11. Io non sono Malvino.
    Io - e ribadisco l'io - ho detto che, comunque lo si voglia chiamare, si tratta di suicidio.
    Quello dell'enciclica papale citata, è - rispetto alla "mia" affermazione - un eristicismo (Leggo --> eristicismo: in filosofia, antica arte retorica di confutare un'affermazione qualsiasi per far prevalere la propria tesi, vera o falsa che sia).
    Se per caso si trova a tu per tu con l'eristicismo, prenda un po' di SarchiaponDec; vedrà che Le passa.

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    1. Ma io le ho risposto:arrendersi a una morte imminente e ineluttabile,a mio avviso,NON è suicidio.
      Quanto all'eristicismo,conoscevo il senso della parola,ma la ringrazio della premura.
      Meglio il Sarchiapone,però:vuol mettere?

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  12. Non ne dubitavo. Era solo per accertarmi che fossimo entrambi d'accordo su di un significato univoco del termine. Mi aveva lasciato un attimo confuso. Mi son detto: che (io) abbia sparato una stronzata? A volte ci sono incomprensioni che dipendono dalla mera circostanza che non si è sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda.
    Il sarchiapone, anche nella versione farmaceutica, è un must.
    Ah, dimenticavo. Sul suicidio: per me, lo è. L'etimo del termine è univoco: sui caedes, uccidere se medesimo, uccidersi. Prima che lo faccia la Morte.

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