giovedì 6 dicembre 2012

Ulrich e Moosbrugger


A Filippo Facci scappa di penna che, con la condanna di Alessandro Sallusti a 14 mesi di carcere, siamo dinanzi a «una sentenza sproporzionata benché formalmente ineccepibile»: a mio modesto avviso, si tratta di un grave infortunio retorico. Si è tanto speso, infatti, nel tentativo di convincerci che al direttore de il Giornale sia stato riservato un «trattamento ad personam», e ha ripetutamente insinuato, cercando di dar forza di argomento all’insinuazione, che l’inusitata severità della condanna non possa trovare altra ragione che nell’odioso pregiudizio di cui l’imputato è vittima, sennò che la sentenza sia stata così dura perché il querelante era un magistrato, sicché nella condanna al carcere vi fosse un fine suppletivo a quello di fare giustizia, quello di intimidire chiunque voglia osare muovere una critica alla «casta» dei giudici. 
Tutta roba buona a costruire sul caso Sallusti «una questione di principio grande come una casa», poi la gaffe: «una sentenza sproporzionata benché formalmente ineccepibile» (Il Post, 5.12.2012).

È da decenni che Filippo Facci mastica diritto: non sa che in quel campo la forma e la sostanza sono (o dovrebbero essere) tutt’uno? Se formalmente ineccepibile, una sentenza ha sempre congrue proporzioni. E qui anche lui conviene che formalmente lo fosse. Alla condanna al carcere, infatti, si è arrivati per la preesistenza di condanne che l’imputato aveva collezionato per lo stesso reato e per l’esistenza di una legge che prevede il carcere per i recidivi. (Incidentalmente, si tratta di una legge voluta dal centrodestra e che il Giornale ha caldamente sostenuto lungo tutto il tormentato iter parlamentare, ma questo è del tutto secondario.)
Sarà espressione che suona male, dunque, ma la «spiccata capacità a delinquere» che la Cassazione ha riconosciuto nell’imputato sta nel combinato che la diffamazione è un reato e Sallusti è recidivo: formalmente – e sostanzialmente – il carcere non è pena sproporzionata.

Personalmente, ritengo che chi diffama non dovrebbe andare in carcere – anzi, ritengo che anche per reati più gravi dovrebbe essere l’ultima ratio – e in più ritengo che l’ex Cirielli (o salva-Previti, a piacere) sia una delle leggi più cretine dell’ultimo decennio. E tuttavia si tratta di norme vigenti delle quali un giudice deve tener conto sempre o solo quando ha davanti un signor nessuno?
Mi pare di averlo già scritto: qui ci troviamo di fronte ad un direttore responsabile che rivendica il diritto di essere irresponsabile, che si rifiuta di rettificare la mostruosa cazzata che ha mandato in pagina, che si ostina a non ammettere il suo torto anche quando validamente dimostrato, che non accetta le pene alternative al carcere cui le vigenti norme destinano un recidivo e che viola gli arresti domiciliari che gli sono stati concessi.

Viene il sospetto – delle due, una – che Sallusti abbia seri problemi psichici o lucidamente conti sul fatto che, giocando a fare la vittima, possa ribaltare la realtà in suo favore. In questo secondo caso, non ci troveremmo di fronte ad uno dei disturbi descritti da Heinz Kohut in Narcisismo e analisi del Sé (1971), ma di fronte a una patologia di sistema che eleva a martire un delinquente. Giacché non ci stupisce che per Moosbrugger il «suo diritto» sia la  «sua giustizia», ma che Ulrich voglia salvarlo sulla base di quello stesso assunto.    

6 commenti:

  1. "ritengo che chi diffama non dovrebbe andare in carcere – anzi, ritengo che anche per reati più gravi dovrebbe essere l’ultima ratio"

    mi piacerebbe conoscere l´ultima ratio in questo caso. Qui siamo davanti a un direttore di un giornale che ha quasi illimitate possibilita' economiche, l´idea per cui questa gente possa intenderla con una multa e´ pura utopia (evito per non scadere nel comico che possa capire mandandolo a spazzare qualche strada per un paio d´ore la settimana)

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  2. La forma e la sostanza sono tutt'uno. Con questa frase hai detto tutto. E' essenziale, limpida, e non può dare adito a nessuna contorsione e ipocrisia. Mi viene in mente il riconoscimento dell'importanza della forma in democrazia di berlingueriana memoria: tanto per dire che non è un concetto immediatamente presente nelle coscienze e, come hai fatto, da ricordare ai distratti.

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  3. Ulrich è un personaggio di Musil, Facci al massimo potrebbe esserlo di Nestroy (non oso pensare di chi potrebbe essere il personaggio Sallusti)
    Ale

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  4. La Cacania di Musil era pur sempre il riflesso (debole) dell'Impero in disfacimento. Qui da noi l'indifendibile Sallusti è il riflesso (forte) dell'anima plebea della seconda Repubblica, a cui però a mio avviso Facci non appartiene.

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  5. Perchè Sallusti abbia fat to e continui a fare quel che fa dichiarandosi vittima, sfidando spavaldamente il sistema e invocando di scontare la pena in galera? Escludo l'ipotesi del disturbo narcisistico della personalità. Naturalmente non prendo neppure in considerazione che possa si un forma di disobbedienza civile, la quale implicherebbe una qualche forma d'idealismo del quale in nostro non sembra capace. Mi sforzò allora di dare una spiegazione a tale masochistica determinazione. Ci sono: come meglio accompagnare la ridiscesa in campo sull'onda della "disperazione" per il baratro verso cui tecnici e toghe rosse ha sospinto il paese, che facendosi incarcerare il libero direttore del libero giornale di famiglia col pretesto del reato d'opinione? Un colpaccio da par suo...basta scegliere bene il timing dell'operazione. Che partigiano quel Sallusti...farsi incarcerare nel nome della causa libertaria incarnata da Berlusconi Silvio! Be' detta cosí sembra avvalorare la tesi del disturbo psichico-cognitivo... Boh, sono confuso. L'entità del risarcimento un giorno chiarirà se fu follia.

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