martedì 29 gennaio 2013

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Due e tre mesi fa ero seriamente intenzionato ad astenermi dal voto. Era una decisione alla quale ero arrivato con grande sofferenza, perché ho sempre pensato che votare sia più un dovere che un diritto e un menopeggio – talvolta perfino un moltomenopeggio – non era mai mancato sulla scheda. Stalvolta no, non riuscivo proprio a vederlo: il voto mi sembrava l’avallo a una finzione di democrazia.
«Non ho smesso di credere nella democrazia – ho scritto – [e] con la decisione di astenermi alle prossime elezioni non ho alcuna intenzione di metter[e] in discussione [il principio democratico]: dico solo che in Italia ne è rimasto solo il guscio vuoto – le elezioni, appunto – ma di fatto col voto non si esercita alcun potere, neppure nell’infinitesima misura che un voto dovrebbe avere su milioni di voti. Il sistema dei partiti ha sospeso il principio democratico e si perpetua nella sua sospensione, che il voto rinnova, dandole legittimità. E nessun partito – nessuna coalizione di partiti, nessun fronte transpartitico – può volere sia diverso da com’è, pena il suo dissolversi».
Continuo a crederlo, ma poche settimane dopo c’era la salita in politica di Mario Monti e, non fosse bastato, la ridiscesa in campo di Silvio Berlusconi. Insomma, il menopeggio mi si materializzava dinanzi all’improvviso nel Pd, cui darò il mio voto, ben sapendo che me ne pentirò fin dal giorno dopo. D’altra parte devo confessare che le primarie, al netto dei mille limiti che le hanno contrassegnate, mi sono parse un merito in positivo del partito guidato da Pierluigi Bersani, ulteriormente valorizzato dalla lealtà fin qui mostrata da Matteo Renzi dopo la sconfitta che ha subìto al ballottaggio. Rimane quel che era, il Pd, e non sarà certo il mio voto a renderlo diverso, ma in due o tre mesi il resto è drammaticamente peggiorato: almeno per quanto mi riguarda, è buon pretesto per fuggire l’astensione nell’aleatoria convinzione del cosiddetto voto utile.
Quanto utile possa risultare, poi, è un altro paio di maniche. Ho già scritto, infatti, che, per «sgombrare il campo dalle velleità di chi lavora a un terzo polo, dalle illusioni revanchiste del Pdl, dalle tentazioni populiste e giustizialiste che spuntano ovunque come funghi, dal fardello di un’alleanza piena di incognite come quella con Sel», il Pd dovrebbe conquistare una larga rappresentanza in Parlamento che però gli sarebbe data solo dal successo in regioni nelle quali io non voto. Di fatto, dunque, il mio voto resta inutile, come sarebbe stata l’astensione. Ma sono grato a Berlusconi e Monti per avermi dato modo di non venir meno a ciò che a torto o ragione continuo a considerare più un dovere che un diritto. 

4 commenti:

  1. se si decide di votare, credo non esista altra scelta potabile proprio per i motivi che hai ben illustrato, per quanto appunto poi .....
    purtroppo votano anche molti altri – alcuni li conosciamo bene – e sappiamo con quali motivazioni, istinti, paure, rancori, furori e soprattutto conosciamo quelli che dicono di non avere dubbi e benedicono quei "valori" che vorrebbero fossero universali, tranne quelli patrimoniali propri ed esentasse. ma tu le sai meglio di me 'ste cose

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  2. "purtroppo votano anche molti altri – alcuni li conosciamo bene – e sappiamo con quali motivazioni, istinti, paure, rancori, furori"
    Inquietante:gli 'altri',che 'purtroppo' votano,sono quelli cattivi,quelli diversi,quelli alieni,quelli che riversano nel voto "istinti,paure,rancori,furori".
    Che si fa? Cerchiamo di 'rieducarli',acciocchè votino bene e,vivaddio,secondo ortodossia,oppure gli togliamo il diritto di voto,e faremo un po' di sacrosanta pulizia?
    Gli 'altri',si sa,sporcano.

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