lunedì 22 aprile 2013

Proviamo a metterci nei panni di Pierluigi Bersani


Proviamo a metterci nei panni di Pierluigi Bersani. Fino al 23 febbraio pensava di avere in tasca la vittoria. Grazie al Porcellum sperava di ottenere la maggioranza alla Camera, e così è andata, anche se c’è riuscito solo per un pelo, visto che al centrosinistra sono andati meno di 150.000 voti in più che al centrodestra. Al Senato si aspettava qualche difficoltà, ma non delle dimensioni che gli si sono prospettate all’apertura delle urne, visto che ha perso nelle regioni dove era previsto perdesse, ma pure in quelle che pensava fossero in forse e in molte di quelle nelle quali era sicuro di poter vincere, sicché i 6 o 7 senatori che pensava gli sarebbero mancati per avere la maggioranza anche a Palazzo Madama sono diventati più di 30, quasi 40. Dinanzi a questo quadro voi che avreste fatto? Provo immaginare, dando per scontato che abbiate un minimo di sale in zucca.
Probabilmente vi sareste interrogati sul perché di un così grosso cazzo in culo. Già vi immagino con la testa tra le mani a mormorare: «Tre milioni e mezzo di elettori persi devono pur avere una spiegazione, quale?». L’immagine, peraltro in tutto rispondente al vero, di un partito nato già vecchio? L’aver perso l’attimo fuggente nel novembre del 2011? L’appoggio al governo Monti? Non ha importanza, provate a stilare la lista di tutte le possibili ragioni, metteteci tutto quello che vi pare: dinanzi a questa lista ve lo porreste il problema di dimettervi? No? E allora vorrà dire che avete un’ideona per ribaltare la situazione in cui vi trovate.
Sì, ma quale? Stando ai numeri, una große Koalition col centrodestra? Bene, allora suppongo che come primo passo chiedete un incontro con Berlusconi, eventualmente anche con Monti, e aprite le trattative facendo valere il vantaggio che avete alla Camera. No? Vi capisco. Avete fatto una campagna elettorale all’insegna del rinnovamento, contro Monti ma soprattutto contro Berlusconi, e sarebbe una figura di merda. Che resta, allora? Un governo coi grillini, forse? Sì, ma in quali termini? Sapete che non vi daranno la fiducia nemmeno se gli offrite dieci dicasteri, lo stanno ripetendo da mesi e non hanno smesso di farlo dopo il 26 febbraio. E dunque siete intenzionati ad accettare l’unica soluzione che vi prospettano? Vogliono la Presidenza del Consiglio, siete disposti a concedergliela? No? E allora che senso ha andarvi a umiliare in streaming?
O forse no, forse pensate sia possibile comprare tanti grillini quanti ve ne servono per avere la maggioranza al Senato? Bene, non è da galantuomini, però si sa che, quando il fine è nobile, la tentazione può venire pure a Lincoln. Ma allora vi conviene strombazzare ai quattro venti che intendete fare scouting? Muovetevi con discrezione, cazzarola, studiate le biografie dei possibili acquisti e muovetevi come si deve. Non riuscite a farlo? Vabbe’, ma allora almeno qui vi viene il pensierino di dimettervi? Nemmeno? E allora chiariamoci, perché è evidente che il problema siete voi.
Vi eravate affezionati all’idea di andare a Palazzo Chigi, avete sbagliato i vostri calcoli e tuttavia non siete capaci di rinunciarci? Spiace dirlo, non siete tagliati per la politica. Tuttavia comprendo, è probabile non vogliate darlo da vedere, per far finta di essere intenzionati a prendere atto che non ci andrete, poi, chissà... Bene, ma allora assumete una posa acconcia. Levatevi dal grugno quella smorfia da bambino che si ritrova tra le mani un giocattolo diverso da quello che aveva chiesto alla Befana, pensate al fatto che probabilmente avete fatto qualche errore nello scriverle la letterina. 
Grillo vi ha umiliato quando siete andati a chiedergli la fiducia per il governo e gli avete rinfacciato che così si correva il rischio di tornare alle urne e che il paese correva il rischio di ricadere in mano a Berlusconi? E allora perché non tentare l’aggancio, se quello ha detto che se ne poteva discutere, se aveste detto sì a Rodotà al Quirinale? Cosa aveva, Rodotà, che non andasse bene? Non riuscivate a trovare un accordo allinterno del vostro stesso partito né per Marini, né per Prodi, né avevate pronto un altro nome che riuscisse ad ottenere la maggioranza grazie al voto di altri in Parlamento: perché non Rodotà?
Dite la verità, quel poco di sale che davo per scontato avevate in zucca non vi consente di dare una risposta ragionevole, vero? Capisco, non voglio stressarvi oltre, daltronde sono certo che anche il più sprovveduto tra voi non avrebbe commesso nemmeno la metà delle puttanate che il Pd ha accumulato in queste ultime settimane. Più che sprovveduto, allora, lineffabile Bersani? Non proprio. Ciò che gli impediva una decisione razionale... Che dico? Ciò che gli impediva qualsiasi decisione che non fosse uno sproposito era la logica che regge il suo partito. Una logica che probabilmente non vi sfiora, perché non state messi male come il Pd. Bersani sembra non essere in grado di spiegarcela e tace, dunque conviene porgere lorecchio a Orfini, che dopo aver tanto parlato in questi ultimi giorni, e spesso senza dire niente, oggi prova a spiegare ciò che a tanti è sembrato incomprensibile.
«Io credo che il ruolo di un dirigente sia quello di difendere ciò in cui crede, anche se impopolare. Dovrebbe essere ovvio, ma non lo è. In queste ore molti hanno deciso cosa sostenere guardando a dove tirava il vento. Capisco il ragionamento, ma secondo me è un errore. Il dovere di un dirigente non è quello di fare ciò che in quel momento è popolare tra i suoi elettori, ma ciò che ritiene giusto. È il principio della democrazia rappresentativa. Se a fine mandato, e il mio mandato è finito dato che come tutta la segreteria del Pd mi sono dimesso, gli elettori del Pd non mi rinnoveranno la fiducia, non sarò più un dirigente del Pd. Ma tra una elezione e l’altra ciò che deve guidare l’azione di ognuno di noi non sono i commenti su Facebook o i sondaggi, ma le proprie convinzioni e la loro corrispondenza a un progetto deciso insieme». Bene, ma qual era il «progetto deciso insieme»? E poi era il progetto della dirigenza del partito o quello sul quale si era chiesto il voto agli elettori?
«Mi pare che la domanda di fondo a cui occorra rispondere è “perché non avete votato Rodotà”. Su una cosa voglio dare ragione a chi la pone: non lo abbiamo spiegato a sufficienza. Io ho provato a farlo in ogni occasione, ma evidentemente non è bastato e quindi la scelta è apparsa incomprensibile. Vediamo di recuperare almeno a questo errore. Partiamo dalla fine. Dopo la figura indecente su Prodi alcuni di noi hanno passato la notte a verificare laicamente tutte le possibilità. Anche quella di votare Rodotà. E non c’erano i voti. Se si fosse andati alla conta Cancellieri contro Rodotà il Pd si sarebbe diviso a metà e il risultato sarebbe stata l’elezione della Cancellieri, su cui convergevano Pdl, Lega e Monti. Voi obietterete “è un disastro che il Pd si divida su queste cose”. Sì, lo è. Ma che la situazione fosse difficile lo si era capito dal voto su Prodi e che, con un segretario dimissionario, non ci fosse tenuta nel nostro gruppo era evidente a tutti. Quindi la prima ragione, la meno politica, è che non c’erano i voti». In pratica, il partito non riusciva a esprimere un candidato sul quale far convergere i voti di tutti i parlamentari. E può dirsi ancora un partito? Non lo tiene insieme né un progetto, né la disciplina. Di che cazzo sei stato dirigente fino ad oggi, Orfini? Rappresentavi il partito, una sua corrente o tuttal più te stesso? E perché non sei riuscito a chiarire questi problemini prima di candidarti?
«La seconda motivazione però è per me quella più seria. Il Presidente della Repubblica è il custode e garante della Costituzione. Non deve essere “nostro” né scelto con accordi sottobanco, deve saper garantire a tutti amore e rispetto per quella Costituzione nata dalla Resistenza e dall’antifascismo». E la volta scorsa come si arrivò a Napolitano? Lo voleva, il centrodestra? E il centrodestra che stavolta l’ha voluto dimostra con ciò di amare e rispettare la Costituzione o piuttosto afferra al volo loccasione di rientrare in gioco offertagli con un accordo ben più che implicito sul pacchetto Quirinale-Palazzo Chigi?
«Grillo – e spesso anche i suoi parlamentari – in questi giorni e in questi mesi ha ripetutamente contestato, aggredito, offeso quella Costituzione. Lo fa quando auspica la scomparsa dei partiti (art.49), quando rifiuta il confronto, insulta e allontana i giornalisti (art.21), quando contesta il principio della democrazia rappresentativa e su mille altre questioni». Il centrodestra di Berlusconi, invece, no? Ma Grillo e i suoi parlamentari, poi, non sono gli stessi ai quali siete andati a chiedere la fiducia per il governo?
«Ho ragione? Ho torto? Parliamone, ma stando al merito e non tirando in ballo cose che non c’entrano nulla. Come il governassimo. Io ho votato un presidente della Repubblica. E quel voto non impegna né me né il Pd al sostegno di un governo col Pdl. Questo lo abbiamo chiarito prima del voto e lo ripeto ora. Al governo con Berlusconi ero e resto contrario».
A parte il lapsus («governassimo» al posto di «governissimo») che è illuminante, da segnalare è lo scarto dal noi («abbiamo chiarito») allio («ero e resto contrario»): Orfini assicura che il Pd non farà un governissimo col Pdl, perché lui è contrario. Ma se neppure Bersani può impegnarsi con gli elettori del Pd a nome di tutto il partito, quanto può valere ciò che dice Orfini?

9 commenti:

  1. Gentile Malvino, la mia personale posizione su Rodotà (e ovviamente non era quella del PD) è questa: no a un Presidente della Repubblica proposto dal M5S, fosse anche Gesù Cristo redivivo. Per il semplice fatto che si è "prestato" a un movimento del genere. Rodotà si è macchiato di una grave colpa ai miei occhi, lui, custode della "costituzionepiùbelladelmondo" accetta la candidatura da uno che nega persino la libertà di mandato ai Parlamentari. No grazie. Ecco il mio motivo, che non è quello del PD, perché i dirigenti del PD non hanno neanche più motivi.

    RispondiElimina
  2. Rompo il mio "silenzio stampa" sul Pd per dire: perfetto.
    E il guaio è che se tutte queste considerazioni messe in fila (addendi di una semplice addizione) assillano e amareggiano gli elettori del Pd, manco sfiorano gli Orfini o altri autorevoli membri della Segreteria del Partito. Forse Civati, forse - umiliante (per gli altri, non per lui) eccezione.

    RispondiElimina
  3. Caro Castaldi su alcune cose (poche) Marco Pannella ha ancora ragione da vendere, e il giudizio su quelli del PD è una di queste: sono semplicemente e da sempre dei "buoni a niente".

    6iorgio

    RispondiElimina
  4. Temo che il problema di Bersani e, parallelo, dell'attuale PD sia invece proprio questo: non avere peso personale necessario per fare ciò che al contrario può permettersi di fare un Orfini.

    RispondiElimina
  5. Fatto salvo che sono d'accordo col 99% di quello che hai scritto, l'unico punto su cui mi distinguo è quello di Rodotà. Rodotà non si poteva sostenere dopo la appropriazione di Grillo, perché avrebbe significato ancora una volta essere succubi di Grillo. E Grillo non avrebbe perso occasione per ricordarci, per ogni santo giorno da qui a sette anni, di essere colui che ha imposto quel Presidente della Repubblica. L'elezione a PdR di un Rodotà "imposto da Grillo" sarebbe stata per Grillo una vittoria mediatica addirittura maggiore di quella che ha ottenuto giorni fa distruggendo il PD. E viste le cose che sta dicendo Rodotà in giro adesso (tipo che il M5S sì, è un po' ai limiti della Costituzione, ma in fondo anche la Lega e Pdl lo sono stati) mi fa pensare che le coccole ricevute da Grillo, il vellicare il suo ego, lo abbiano reso ormai non del tutto sereno e indipendente nel giudizio nei confronti di una forza politica che è oggi - sempre di più, lo si è visto con la "prova tecnica di marcia su Roma" - il maggiore pericolo per la democrazia e per la Repubblica. Arthuro65

    RispondiElimina
  6. concordo praticamente su tutto, vorrei aggiungere soltanto qualcosa.

    la dirigenza del pd non solo ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, ma credo che riuscirá a fare anche di meglio (o di peggio): parliamoci chiaro, il pd é ed é sempre stato un partito di centro (e non solo a causa della sua componente ex-dc), che inganna da anni il suo elettorato di sinistra, parte dei suoi militanti e probabilmente anche parte dei suoi eletti, dicendosi partito di centro-sinistra.
    un partito di centro nella accezione piú italiana, per questo renzi non piace, ed é per questo che si daranno un gran da fare per bruciarlo, come pure si daranno altrettanto da fare per mettere nell'angolo barca, cercando di disintegrare quanto c'é alla loro sinistra come giá hanno fatto in passato. questo per completare l'opera.

    quanto a orfini, avevo letto il suo post e condivido le tue obiezioni, aggiungo che trovo "curioso" che si rifaccia al "senza vincolo di mandato" quando deve dare conto agli elettori, ma non quando deve rispettare gli ordini di partito (btw, uno dei motivi, ma non il solo, per cui non voto da sempre é proprio l'assenza di vincolo di mandato)

    penso che la misura del distacco di questa dirigenza del pd dalla realtá, in senso ampio, la dia lo scaricare la colpa sulla inesperienza dei giovani eletti, be', per come la vedo io se qualcuno ha dato prova di inesperienza politica, di inadeguatezza e di inettitudine, non sono certo i giovani, ma proprio i dirigenti che hanno combinato questo disastro, che purtroppo non é solo del pd, ma di tutti gli italiani.

    RispondiElimina
  7. La risposta al 'perché no Rodotà', mi pare venga stasera dal primo sondaggio, dopo le elezioni del PdR e l'inverecondo atteggiamento del PD. Pare che abbia perso solo 6 punti percentuali.

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/22/sondaggio-emgla7-flop-sul-quirinale-costa-6-punti-al-pd-m5s-primo-partito/572434/

    Partiva da un 26% circa della settimana scorsa. E' al 20%. sono sondaggi. Comunque, stando così le cose, ha perso il 23% dei suoi elettori. Il che vuol dire che al 77% l'immane figura dimmerda fatta è gradita, e Rodotà effettivamente era lo sfizio della minoranza. Io per fortuna non li ho votati, e posso evitare di bastonarmi le gonadi per il senso di colpa.

    RispondiElimina
  8. Io la vedo molto più semplice. Mi permetto di esprimermi. Il patto con i 5 stelle si fa solo se si rinuncia ad ogni forma di finanziamento pubblico al PD. La rinuncia di questi soldi è la morte del PD. Inoltre il partito funziona come pensione per trombati (ogni tanto ci scappa pure qualche ruolo, vedi Fassino). Se muore il PD se ne va via stipendio e pensione. Se Bersani e la dirigenza non sono totalmente pazzi o auto-lesionisti: meglio le dimissioni alla strada. Da tutto questo ne viene che il governo con i 5 stelle non si può fare... tanto un 15-20% il PD lo beccherà sempre.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, funziona. Ma senza finanziamento pubblico anche il M5S durerà poco.

      Elimina