martedì 6 agosto 2013

La supercazzola del katechon

Krisis, Dallo Steinhof, Feuerbach contro Agostino d’Ippona, Icone della legge, L’Angelo necessario, Dell’Inizio, L’Arcipelago, Della cosa ultima… Ho letto una dozzina di volumi di Massimo Cacciari, senza però mai trovarci niente di speciale, null’altro che glosse di glosse, ma questo probabilmente è dovuto solo ai miei limiti, e mi sono fermato a Tre icone, che è del 2007, abbandonato ogni volta che provavo a riaprirlo, ogni volta dopo poche pagine: non riuscivo a concentrarmi sul filosofo, mi era impossibile prescindere dalle sue comparsate televisive, di regola degeneranti in risse. Leggevo, ma mi tornava in mente «quella volta che a Ottoemezzo…», «quella volta che a Servizio pubblico…», e mi veniva da ridere, e non riuscivo a proseguire: mi sembrava più serio il Massimo Cacciari di Maurizio Blondet che quello originale. È così che qualche mese fa, in un momento di uggia, ho deciso di comprare il suo ultimo volume, Il potere che frena (Adelphi 2013), giusto per tirarmi un po’ su. Sarà che l’uggia era leggera, ma ho cominciato a ridere da subito, appena ho letto il titolo del primo capitolo: Il problema della teologia politica.
Ora, se il mio lettore è del tutto a digiuno sulla questione, converrà dire che di teologia politica si parla da un bel po’ di tempo, ma senza che si sia mai trovato accordo su cosa sia esattamente. Politica della teologia? Teologia della politica? Né l’una, né l’altra cosa, né entrambe. Cioè, per meglio dire, entrambe, forse sì, ma in misura anche sensibilmente diversa da autore ad autore: una storia semasiologica, quella della teologia politica, che sembra fatta apposta per tenderci tranelli ad ogni passo. Parliamo della possibilità di trattare razionalmente il fondamento trascendente della relazione che in senso lato chiameremmo politica, e senza il quale la relazione stessa è persa? O piuttosto parliamo della cogenza che fa del numinoso un evento necessariamente immanente, sennò insignificante per pletora di significati? Non si sa. Koselleck non si sbilancia, Ritter dice e non dice, Metz non nega e non afferma. Certo, per teologia politica non è da intendersi la theologia politike di cui parla Agostino nel De Civitate Dei, e tuttavia è proprio da lì che prende inizio la discussione intorno al katechon, che sembra stare al centro della questione, almeno per come è stata riformulata ai nostri giorni, meno di cent’anni fa, da Carl Schmitt (Nomos der Erde).
Nell’illustrarla torna utile Roberto Esposito: sei o sette paginette (Due, Einaudi 2013 – pagg. 83-89) che valgono assai più delle 217 di Massimo Cacciari, 70 delle quali, però, sono preziose, perché raccolgono i commenti, da Ireneo a Calvino, sull’enigmatico riferimento di Paolo (2 Ts 2, 1-12) al «potere che frena». Rovello di titani, non è per dire, ma in tutti viene meno la più banale delle considerazioni: le lettere di Paolo erano indirizzate a illetterati, erano bollettini propagandistici nei quali un termine oscuro o ambiguo poteva tornare buono proprio perché oscuro o ambiguo. La comunità cristiana di Tessalonica smaniava perché sentiva prossima la fine dei tempi, che ovviamente era destinata a farsi attendere, e voilà, da genio, Paolo se ne esce con la supercazzola della dilazione che verrà meno «a suo tempo», e che accadrà ognun lo dice, ma cosa sia nessun lo sa. Si dirà che è l’impero romano, che poi cade, ma l’Anticristo non arriva. E allora unaltra supercazzola: il katechon è la Chiesa. Ma poi la secolarizzazione fa alla Chiesa più di quanto Odoacre riesca a fare all’impero romano, e allora c’è bisogno di un’altra supercazzola: il katechon è l’amministrazione corrente, lo Stato laico. Sempre katechon rimane, ma con scappellamento a destra.    

5 commenti:

  1. L'articolo è divertente, ma non rischia di liquidare e buttare in caciara un argomento controverso?

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  2. riallacciandomi al suo precedente post e' proprio il nostro katechon ad impedire la deriva verso la guerra civile o piu' pesanti forme di totalitarismo. Almeno nel caso italico il katechon si sostanzia in una fortunata irrisolutezza.

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  3. Restando sul tema io aggiungerei: come se fosse antani.




    6iorgio

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  4. Non so se aveva letto l'intervista di Cacciari su *Il manifesto* riguardo al suo libro; mi sembrava interessante anche se di difficile comprensione e l'avevo ricopiata. In particolare mi aveva colpito la chicca sulle *potenze liquido-aeree*.


    http://tmblr.co/Z4P2wvh6euAi


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  5. Io "Feuerbach contro Agostino d’Ippona" l'ho trovato invece molto interessante. Le dò un consiglio: se lo rilegga.

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