giovedì 26 dicembre 2013

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Commentando l’intervista che Bergoglio ha concesso una dozzina di giorni fa a Tornielli (La Stampa, 15.12.2013), ho rilevato che la risposta «non c’è spiegazione» alla domanda «perché soffrono i bambini?» sia il sintomo più evidente di quanto il cattolicesimo sia crisi. Al perché Dio possa consentire che i bambini soffrano, infatti, la teologia ha una risposta, ed è quella che fino a qualche decennio fa anche l’ultimo dei pretonzoli non aveva difficoltà alcuna a ripescare dal De natura boni di Agostino studiato in seminario, fatto sta che è risposta così atroce, e a tal punto puzza dell’arcaico rituale della bestia innocente immolata per ingraziarsi un Dio feroce, che pure Ratzinger, nel 2010, preferiva far finta di non conoscerla, anche se si è sempre detto che quelle occhiaie gli fossero venute proprio per aver passato anni ed anni su Agostino, e alla bambina giapponese che gli chiedeva perché Dio avesse consentito allo tsunami di recidere le vite di tanti suoi coetanei farfugliava: «Anche a me viene la stessa domanda, ma non abbiamo risposte». Una questioncella di teodicea che non imbarazza solo Bergoglio, dunque, ma è che Bergoglio ci tiene al profilo mondano, e teneva a far presente che quel «non c’è spiegazione» gliel’aveva rifilato Dostoevskij, suo «maestro di vita», al che facevo presente che quella era la risposta di Ivan Karamazov, un senzadio, alla quale suo fratello Alëša, anima pia e devota, opponeva proprio quella data da Agostino. Bene, se n’è accorto anche il giornale dei vescovi, che manda Alessandro D’Avenia a coprire la stronzata con un po di segatura.
Gira e rigira attorno alla stronzata detta da Bergoglio, poi a metà delleditoriale procede: «Il Papa evoca le brucianti pagine in cui Ivan Karamazov, nella sofferenza degli innocenti, scorge un segno dell’assenza di Dio e se ne serve per la sua ribellione. Quella del freddissimo Ivan verso il dolore innocente non è però com-passione ma denuncia, scusa, teoria progettata da un cuore incapace di amare con i fatti e bisognoso quindi di auto-giustificazione. Egli s’aggrappa a quel dolore non per alleviarlo, ma per usarlo. Prende le distanze da quel dolore per mettere a tacere la sua coscienza e Dio, ergendosi a giudice di un mondo e di un Dio sbagliati. Ivan non muove un dito, non si china sul dolore, ma lo lascia lì, per servirsene come atto di accusa e come certificato medico per il suo cuore gelido. Per Ivan il dolore innocente è la frontiera sbarrata a un Dio che non risponde ai perché dell’uomo, la frontiera che segna il confine della terra dell’uomo in cui Dio non può entrare perché non ha i documenti in regola e viene rimandato indietro. Su quella stessa frontiera lo lascia entrare il Papa che incontra proprio lì lo sguardo di Dio, un Dio con la carta d’identità in regola, e tanto di fotografia: Cristo. Anche Dostoevskij smaschera la “colpa originale” di Dio e la rinvia alla libertà dell’uomo. Nelle pagine dello stesso romanzo il monaco Zosima ricorda il fratello Markel, morto giovane. Anche lui, come Ivan, lontano da Dio. Markel però, grazie al suo male, ha una conversione profonda fino a dire “in verità ognuno è colpevole dinanzi a tutti, per tutti e per tutto. Io non so come spiegarlo, ma sento fino allo spasimo che è così”. Proprio questa consapevolezza gli ha dato la gioia del Paradiso, perché gli ha aperto occhi e cuore all’Amore. Egli si fa carico del dolore innocente come colpevole: veste così i panni del Dio che nella notte di Natale veste quelli dell’uomo. Sembrano parole provenienti da un mondo altro quelle di Markel, ma sono le parole che usano i santi definendo la propria essenza incapace di amare e benedire. Prima ancora di riferirsi ai peccati effettivamente commessi, essi dicono “sono un peccatore”. E lo dicono proprio perché la santità di Dio li ha toccati. Sono due le possibilità che Dostoevskij prospetta di fronte al male, all’ingiustizia, al dolore: Ivan, l’uomo che resta uomo, o Markel, l’uomo che è trasformato in un altro Cristo».
Sia, ma Bergoglio dà la risposta che dà Ivan o quella che dà Markel? E poi: nella risposta che dà Bergoglio v’è un pur lontano cenno a Markel? La stronzata resta lì, D’Avenia riesce solo a spargerci sopra un velo di segatura. Perché, prima di tutto, Markel è un peccatore, e ammette i suoi peccati, insieme a quello originario, per farsi santo attraverso l’espiazione nel dolore, fino alla morte. In più, non è un bambino: ha 17 anni, scrive Dostoevskij, e a quell’età nella Russia zarista si è già adulti. Come può reggere il parallelo con il dolore e la morte di un bambino che del solo peccato originario che gli si voglia addebitare neanche ha coscienza? Nel caso di Markel, l’individuo è attore, conscio, liberamente delibera l’accettazione della sofferenza e della morte come riparazione sulla via della santità. Nel caso del bambino, tutto questo manca. Il velo di segatura non copre la stronzata. Ma D’Avenia non demorde: «O si maledice un mondo siffatto, nel quale siamo convocati senza consenso, trincerandosi dietro un legittimo atto di accusa al mondo e a chi l’ha fatto, allontanandocene, accusando la storia fino a disprezzarla: si diventa freddi, rigidi, effettivamente “cattivi”; oppure si benedice il mondo e si assume su di sé la colpa, rimanendo nel dinamismo della storia, accettando il male che ogni giorno riserva (la morte si sconta vivendo), lasciando che la pena ferisca la carne e a contatto con essa, in Cristo, venga superata chinandosi e abbracciando: si diviene più aperti ed effettivamente buoni, di una bontà che non è nostra».
E questa seconda opzione sarebbe quella che si prospetta, per esempio, a un bambino di un anno appena che urla pazzo di dolore perché un cancro gli sta mangiando il cervello? Sì, pare che sia proprio così: «Maledire gli altri e il mondo ci porta a maledire Dio e in ultima istanza noi stessi: Ivan. Benedire gli altri e il mondo invece è essere dentro lo sguardo che Dio ha sulle cose e le persone, è essere liberi dal giudizio, e noi saremo giudicati come abbiamo giudicato, salderemo il debito che abbiamo imputato ai nostri debitori: Markel». Se questo era il lavoretto per cui era stato mandato, era meglio che D’Avenia si attrezzasse con bustina e sacchetto. Perché la stronzata è ancora tutta lì, dove Bergoglio l’ha deposta. È chiaro, infatti, che il bambino non è assolutamente in grado di benedire gli altri e il mondo per il cancro che gli sta mangiando il cervello, dunque non ha modo di saldare alcun debito: due volte maledetto, quindi? E da chi, se non dal Dio che se pure esistesse afferma Ivan meriterebbe solo il nostro odio per la sua crudeltà? No, «non c’è spiegazione» è la sola spiegazione, e non ammette l’esistenza di Dio.  

29 commenti:

  1. Gran bel post.
    Io amo i documentari, ad esempio quelli sugli animali di Nat Geo Wild, per capirci. Ce n'è uno dove una leonessa attacca un cucciolo di gazzella e lo ghermisce proprio di fronte alla madre. Poi, assieme ai suoi leoncini, inizia a sbranarlo ancora vivo, con gli occhi del cucciolo che gridano una sofferenza indicibile, le viscere pulsanti appese alla bocca dei felini, mentre la gazzella assiste impotente. Se la leonessa non lo avesse fatto, i suoi cuccioli sarebbero a loro volta morti di fame. Nel delta dell'Okavango è la stagione secca, le prede scarseggiano, ai leoni si possono contare le costole.
    Ecco, l'inesistenza di dio è tutta lì.

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  2. A D'Avenia sarebbe più convenuto usare, come "segatura", la Leggenda del Santo Inquisitore (e come corollario, le - a mio avviso magnifiche - pagine che René Girard dedica nel finale del suo "Dostoevskij, dal doppio all'unità"), dato che la Leggenda, come dice Alëša a Ivan che glie'ha narrata, «non è una condanna, ma un elogio del Cristo». Un Cristo muto, zitto, che non spara alcuna cazzata. Si limita a un abbraccio e a un bacio silenzioso. E nel momento in cui, a fine capitolo, Alëša bacia suo fratello, questi lo accusa, ridendo, di plagio.
    Il problema è che se il cattolicesimo accogliesse il "cristianesimo dostoevskiano" della Leggenda, dovrebbe completamente rinunciare al suo potere mondano, alla sua struttura, al suo "peso" nella Storia. E il marketing bergogliano non mira certo a questo.

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  4. La risposta al "perché il dolore degli innocenti?" per me cattolico è semplice a livello razionale, quasi impossibile a livello esistenziale. Dio ci ha fatto comprendere che la sofferenza degli innocenti ha un valore di riscatto del male colpevole degli uomini, nella passione e nella morte di Gesù. Egli che è assolutamente innocente, accetta di essere trattato da colpevole per riscattare l'uomo dalla condizione di peccatore. Poteva salvare il mondo in mille altri modi, ha scelto di far passare suo Figlio per l'umiliazione della Croce, stoltezza per i Greci, scandalo per gli Ebrei. È un dato di fatto per un credente, rimane il mistero del perché la croce possa colpire proprio quel bambino o quella persona. Tuttavia la morte di Gesù mi dà la certezza che un senso esiste per tutte le sofferenze ed è un senso di grande speranza, perché la morte non è l'ultima parola, ma la risurrezione. Corpo e anima uniti per una vita nuova.

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    1. Sì, questo è Agostino, bravo. Resta la questione del peccato originario: il bambino di un anno cui il cancro sta mangiando il cervello sarebbe nato peccatore, no? Bene, anche questo è atroce. Lo chiami mistero, se le serve ad abborracciare una ragione, ma, ammesso e non concesso che il suo Dio esista, preferirei sputargli in faccia e affrontare l'inferno.

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    2. Era meglio il commento di duxcunctator, almeno quello faceva ridere...

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    3. @-->don gianluigi

      Analizziamo alcuni passi di quello che Lei dice:

      1. Dio ci ha fatto comprendere
      Un pot-pourri di testi, scritti in epoche disparate, contenenti un insieme tanto variegato quanto contradittorio di affermazioni spesso prive di qualsiasi senso logico, sarebbero la maniera adottata dal suo dio per comunicare con gli uomini? Forse era meglio se il suo dio ci faceva un disegnetto. Peraltro, se non lo sa, gli dei della bibbia in realtà sono almeno due, differenti tra loro, ed appartengono a tradizioni culturali proto-ebraiche separate, con buona pace del monoteismo. Inoltre, come la mettiamo con i testi derivati da altri dei, comunicati ad altri popoli e che, a mio avviso, non v'è alcun motivo perché non abbiano dignità con quelli che affermate provengano dal vostro dio, essendo in molti casi assai più antichi e in altri anche fonte d'ispirazione per i testi biblici (vedi Gilgamesh)?
      2. La sofferenza degli innocenti ha un valore di riscatto del male colpevole degli uomini
      E quale sarebbe questo "male colpevole degli uomini"? L'aver mangiato una mela? Certo che a quel tempo le mele costavano proprio un'ira di dio.
      3. Ha scelto di far passare suo figlio per l'umiliazione della croce. stoltezza per i Greci, scandalo per gli Ebrei
      Guardi che l'umiliazione della croce a Yoshua ben Joseph hanno scelto di fargliela passare i Romani, quando lui ha avanzato pretese sul trono d'Israele, affermando la propria legittimazione derivante dalla proclamata discendenza davidica e organizzando una sommossa in quel di Gerusalemme. Le pare che i Romani avrebbero mobilitato un'intera coorte per un povero profeta di pace e undici pidocchiosi proseliti? Questa è Storia. Quella che racconta Lei, invece, è la storiella inventata da Paolo circa tre o quattro decenni dopo i fatti, per carpire la buona fede dei creduloni.
      P.S. Se fosse esistito veramente uno in grado di guarire malattie allora incurabili e addirittura di far resuscitare i morti, lo avrebbero portato immediatamente di fronte all'imperatore e, volente o nolente, sarebbe divenuto il primo e il più famoso dei medici di Roma. Se questo non è successo, è evidentissimo che tutte le storie sui miracoli sono solo esagerazioni successive.
      4.Tuttavia, la morte di Gesù mi dà la certezza che un senso esiste per tutte le sofferenze
      E' la geniale trovata consolatoria inventata da Saul/Paolo per accaparrarsi la credulità di folle d'ingenui che non desideravano altro che una giustificazione al non senso della propria esistenza. E' il primo comandamento di qualsiasi esperto di marketing: individuato il bisogno basta trovare il modo per soddisfarlo e il gioco è fatto. "Credo quia absurdum", diceva Tertulliano ed aveva pienamente ragione: voler far ragionare un credente è come cercare di convincere un tossicodipendente che l'eroina può essergli fatale. A livello razionale potrebbe anche comprenderlo, ma lui non può comunque farne assolutamente a meno.
      5. perché la morte non è l'ultima parola, ma la risurrezione
      Beh, qui bisogna dire che abbiamo una conferma sicura dell'evento nelle resurrezioni di Mitra, Dioniso, Attis, Osiride. E che, Gesù era forse meno di loro? Non sia mai detto.

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    4. È questione di gusti. Se a qualcuno può sembrare più appagante bestemmiare o sputare in faccia a un dio ipotetico, si accomodi. Da parte mia preferisco fidarmi di un mistero che intuisco essere d'amore. Anche perché nella vita le scelte più importanti non sono fatte sulla base della ragione, ma dell'intuizione e della fiducia.

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    5. Ecco, bravo, si affidi all'intuito, si affidi al mistero. Ma non pretenda di costruirci sopra una "scienza" - quella teologica - e di spacciarla come strumento di conoscenza. Si tenga stretto il suo Dio feroce che per dimostrare quanto è amore ha bisogno di far soffrire i bambini, e vada a vendere la sua merce altrove.

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    6. Un prete da malmenare. Che invidia.

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    7. Cioè, non capisco perché il suo dio dovrebbe impantanarsi puntualmente in questa logica del "valore di riscatto". Se non potesse far altro, che dio sarebbe? E se invece potesse, perché si limiterebbe ad agire così?

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    13. Wow, il bambino sceglie liberamente, ancorché incosciamente, di soffrire! Ma lei è un geniaccio, sa?

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    15. Ah, ecco, il bambino che soffre è in missione per conto di Dio, ma se l'è scordato. Affascinante.

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    17. Uno straccio di prova, gentilmente?

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  5. Duxcuntactor, bisogna dargliene atto, ha genialmente riformulato la definizione di "sega mentale".
    Un fenomeno. Sì, Jimmy il Fenomeno. Mi par di vederlo.

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    1. Più che grosse seghe mentali, anche se mentali sembra una parola grossa, pare spam di pessima qualità.

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    2. Scusate l' OT, ma l'ho trovato istruttivo.
      https://youmedia.fanpage.it/video/aa/UqBS6eSweDGbT1Nl
      mescalito

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  6. Ci hai propinato una menata terrificante per pubblicizzare il sito Conchiglia. Ma non ce lo potevi dire subito.

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