venerdì 18 aprile 2014

G.G.M.


Aveva una scrittura furba, tutta trucchetti, botti e botole. Di questo non mi capacitavo nei primi anni  ’70, quando Cent’anni di solitudine era in cima ai regali scontati, con Siddharta e Il piccolo principe: come può piacere tanto – mi domandavo, sbattendoci la testa – un libro che dichiara, anche così sfacciatamente, di voler intontire il lettore? Come tante altre volte è accaduto, ero in errore: quello vuole, il lettore. Basta dargli, ogni dozzina di pagine, un «sei di quelle che confondono il cazzo con l’equinozio», un «non può piovere tutta la vita», e ti è grato: è una faccenda personale tra chi vuole essere frastornato e chi è bravo a frastornare, perché metterci il becco? 

6 commenti:

  1. nun te incazza' Malvi, ma il tuo snobismo è in fase crescente ultimamente; alcune pagine di Garcia Marquez sono semplicemente stupende e giocando un po', sono stupende perche' semplici, non frastornano, ci ricordano che l'intelletto puo' girare e rigirare intorno alle cose, come un satellite intorno al suo pianeta, ma alcune poche verita' sono semplici e chi ce le dice commuovendoci merita il nobel.
    w garcia e w marquez (-:
    azzilandro

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  2. La letteratura non è pratica veritativa, no? Io spesso leggo robaccia solo per intontirmi, basta che sia scritta con un certo criterio

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  3. Neanche a me piace, come non mi piacciono gli altri due gessosi successi editoriali citati. Faccio presente, tuttavia, che il primo dei due spezzoni («sei di quelle che confondono il cazzo con l’equinozio») non è, verosimilmente, un esempio di cattiva scrittura, ma di cattiva traduzione. Non ho sottomano la frase originale, ma a suo tempo confrontai con orrore l'originale e la versione italiana, opera del sig.Cicogna, uno che traduceva da qualsiasi lingua, con grande produttività e pari sciatteria.

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  4. Mah. A me il romando sudamericano fa, in media, correre in bagno alla 5° pagina, ma Gabo lo leggevo volentieri. Dalla sua descrizione sembra una specie di Fabio Volo rosso, mentre si trovano veramente delle pagine stupende nei suoi libri, tra parentesi Cent'anni di Solitudine è uno di quelli che mi è piaciuto di meno.
    E poi non dimentichi che, quando fu pubblicato, nel mondo impazzava la moda del maoismo e delle 'rivoluzioni' anche da salotto, mentre lui sbeffeggiava già i rivoluzionari dipingendoli come tanti Bertinotti con pipa e tweed, una volta raggiunto non dico il potere, ma dalla metà del guado in poi.

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  5. Per me, Cent'anni di Solitudine ha sempre fatto il paio con Amore senza fighe e Sette nani in Tibet.
    Tra i classici che fanno impazzire le signore bene che vogliono apparite studiate, s'è scordato L'insostenibile leggerezza dell'essere. Un must.
    LB

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  6. Dunque le sta simpatico Marcello e sugli zebedei Gabriel. Mi ricorda un po' la ribelle adolescenza.

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