lunedì 26 maggio 2014

Le dimensioni del trionfo di Matteo Renzi (e altro)


Riprendo da dove terminava il post qui sotto con un grafico che dà misura di quanto sia realmente consistente il 40,8% del 57,2%: al netto dell’ubriacatura di chi vi troneggia in cima, non supera il 23,3% del totale degli aventi diritto al voto. Da lassù si ha pieno diritto di guardare in basso con soddisfazione, è ovvio, perché chi diserta le urne rinuncia a darsi rappresentanza, ma con ciò la massa degli astenuti non scompare, né perde rappresentazione, che giocoforza è inintelligibile nei tratti, ragionevolmente da ritenere contraddittori: perde forma, ma non mole. In questo caso, ha toccato il 42,8%, che fanno circa 20 punti percentuale in più di quanto è andato al Pd, con una mole pari a circa 21 milioni di aventi diritto al voto, poco meno della somma degli elettori che hanno votato Pd (11.203.231), M5S (5.807.362) e Fi (4.614.364).
Per chi considera l’astensionismo un segno di malessere sociale, può esserci consolazione nel constatare che l’Italia resta, come è sempre stata, tra i paesi europei che conta una delle più alte affluenze al voto, ma è un confortarsi che deve fare i conti col fatto che nel raffronto con le precedenti Europee del 2009, quando gli aventi diritto al voto erano 49 milioni, come lo erano stavolta, la percentuale di astenuti aumenta di oltre 7 punti (3,5 milioni di votanti in meno). E tuttavia il dato merita l’attenzione anche da parte di chi non voglia considerarlo come indicatore di un disagio, ma come il segno di un progressivo adeguamento dell’elettorato italiano alle consuetudini elettorali di paesi in cui da sempre l’astensionismo è ben oltre il 50%: pur concedendolo, la progressione mostra una flessione mal compatibile con un processo fisiologico bilanciato da altri fattori.
È il non tenere conto di questi elementi che gonfia a dismisura il risultato indubbiamente positivo del Pd, oscurando la solare evidenza che in assoluto e in percentuale l’avanzata più rilevante è quella degli astenuti, che non fanno un partito, com’è nel pigro lessico giornalistico di quando il dato non è oscurato, ma mole sì, e mole di umori, se non di ragioni, che s’aprono a ventaglio dal più strafottente dei qualunquismi alla più argomentata sfiducia nel metodo democratico. 
Se è possibile un minimo di accordo su quanto fin qui detto, non dovrebbe essere difficile trovare insieme la via d’uscita dall’asfittico scenario in cui si muovono le analisi a caldo sui risultati di queste Europee. Analisi che tengono conto solo dei cambiamenti, pur notevoli, che in seguito ai risultati conseguiti dai partiti si vanno già chiaramente profilando per dare nuovo assetto al quadro politico e istituzionale. Anche condivisibili, dunque, ma che sembrano non tenere in alcun conto che nella società nessuna massa è interamente inerte, neppure quando sembra abbia deciso d’esserlo irrevocabilmente: se non prende voce attraverso i rappresentanti che una pur ampia e variegata offerta le mette a disposizione, non per questo tace. Anche quando silenziosamente dispera o silenziosamente cova rabbia, lasciando il campo a chi nella speranza e nella pacatezza cerca, e perfino trova, l’ultima spiaggia del comune naufragio – anche quando le dettagliate indagini sui flussi elettorali ce la ridanno come ciò che è andato perso nell’incrocio di traslochi che spostano consenso da una casa all’altra – una massa di oltre 20 milioni di individui, prima o poi, trova modo di farsi sentire. E più tardi lo trova, meno è bello.
Sullo scena nella quale si muovono gli attori scelti dal 57,2% degli italiani che sono andati a votare grava un fantasma che ancora non ha trovato corpo, faccia e nome. Le millanterie meno colpevoli che hanno cercato di esorcizzarlo nel corso della campagna elettorale sono destinate ad avere ancora corso corrente di là dal valore che hanno acquistato o perso a scrutinio completato: intendo dire che mostreranno forza diversa rispetto a prima, ma non potranno che conservare il segno. Matteo Renzi non potrà far altro che sbattere le alucce sotto il bicchiere, dando a vedere un formidabile attivismo che sarà lo stesso correre da fermo che fin qui l’ha fatto sudare. Non è escluso faccia qualche passetto, il necessario per illudere se stesso e la platea che è ennesima reincarnazione di quel decisionismo che gli italiani implorano e deplorano, nello stesso tempo. Beppe Grillo cercava di farci intendere che raffrenava l’irrefrenabile smania di assalto al Palazzo incanalandola in un progetto di società dai sogni dorati e dalle aspettative sobrie: dinamo e accumulatore, nei proclami, ma il messaggio subliminale lo dipingeva come un parafulmine. Non è stato creduto o forse lo è stato fin troppo, ma o torna a casa, come aveva promesso, o non potrà far altro che cambiare scatola al prodotto, sempre lo stesso. In quanto a Silvio Berlusconi, gli ossimori del moderatismo eversivo e del fancazzismo demiurgico gli si sono rotti in mano, non hanno più nulla della contraddizione che muove le cose dal di dentro e fanno solo diagnosi di stato confusionale. E tuttavia conserva forze da mettere sul tavolo.
Non riuscire a vedere come queste tre vie obbligate non siano altro che i tre lati dell’incavo in cui defluirà la frana, più che stupirci, dovrebbe deprimerci. Metti caso che dall’abbatterci dovesse sortire finalmente la presa d’atto che Renzi, Grillo e Berlusconi altro non sono che tratti della stessa caricatura – e in essa potessimo riconoscere la tanto vantata peculiarità italiana – e finalmente liberarcene – vabbe’, come non detto, ci resta sempre lo stramaledire i tedeschi.  


28 commenti:

  1. Analisi perfetta. Sono d'accordo anche su Renzi, Berlusconi e Grillo come tre possibili aspetti della stessa caricatura di italianità.
    Credo però che il M5S abbia (o abbia avuto) altre potenzialità, purtroppo soverchiate in parte dal personaggio Grillo: liquidarlo come "setta" o peggio, vuol dire non volerne vedere a nessun costo gli aspetti positivi e di novità che pure ha portato. Non sottovaluterei il 5S e neanche lo equiparerei agli altri partiti della vecchia politica. Per adesso, sono ancora qualcosa di diverso. Dopo, chi sa.
    Dubito che la percentuale di acuti critici del sistema sia elevatissima, all'interno dei non votanti.
    Resta da vedere dove porta questo meccanismo. La catarsi che lei auspica (vedere B., G. e R. tre aspetti della stessa brodaglia e liberarci, insieme a loro, dei nostri difetti) non mi pare imminente. Così come è fisiologico che in un sistema capitalista, anche in assenza di crisi, ci sia una percentuale costante di disoccupati, normale è che in un paese democratico metà dei cittadini non vada a votare. Si gioca sempre sull'esclusione di qualcuno.

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  2. Nelle precedenti Europee 2009 si votò Sabato e Domenica e questo può aver influito sul calo dei votanti.
    Rogra

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  3. Ho letto anche il suo post precedente, che ora lei corrobora con ulteriori cifre. Nulla da eccepire, è tutto vero. Si tratta però di considerazioni che, per quanto opportune e indipendentemente da chi possa essere giudicato - di volta in volta e con i gradi del caso - "vincitore", negli ultimi anni cominciano a ricorrere troppo spesso e puntualmente il giorno dopo le elezioni. Voglio dire che, a mio parere, il fenomeno del calo dei votanti è da giudicare verosimilmente irreversibile ed acquisito, per cui avrà sempre meno senso giudicare i risultati elettorali con la logica in cui siamo cresciuti, quella di lunghi decenni in cui a votare era sempre almeno l'80% della gente. La cosa ha tra l'altro molte giustificazioni e anche i suoi lati positivi. Semmai, resta la regola ferrea per cui nessun partito potrà mai prescindere dal fattore motivazione dell'elettorato.

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  4. c'è una cosa che non mi convince. L'astensione, pur essendo maggiore nei paesi dove l'elettorato sente più odor di guano, è in crescita in tutte le democrazie mature, da decenni. Ci sarà pure un giudice a Berlino, e che cacchio, non è possibile che ci siano politici da schifo ovunque.
    Non si tratta semplicemente di delegittimazione dei governi in carica? Il potere che aveva un Giolitti era infinitamente superiore a quello di un Renzi. I trattati internazionali erano tre, e fino a un certo punto potevano essere usati per tergersi le terga, l'economia era per lo più autarchica e autosufficiente, i 'prodotti stranieri' erano un lusso dalla media borghesia in su. E ogni Stato nazionale poteva reprimere allegramente il dissenso al suo interno usando cannoni e baionette, al massimo prendendosi qualche rimbrotto dal vicinato.
    Ora quali sono i margini di manovra? Può il buon Obama mandare i cinesì là dove manda tutti Grillo, con il debito pubblico USA nelle loro mani? Possiamo tornare alla lira e spiegare a tutti i 'felici' in decrescita che l'iphone da cui postano tutto il giorno se lo possono scordare a meno di pagarlo l'equivalente di 2000 euro, per tutto il resto dobbiamo riesumare l'Alcatel? Possono gli inglesi rinunciare alle spremute d'agrumi e tornare a nutrirsi di quella merda semisolida chiamata porridge?

    Insomma, lei è così sicuro che quella "massa di oltre 20 milioni di individui" voglia farsi sentire, e non è per gran parte costituita, al netto degli idioti 'tanto un voto non fa differenza vado al mare', da chi pensa che chiunque sia il vincitore al massimo avrà in mano due o tre levette?

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    1. Ho scritto che in quel 42,8 per cento c'è di tutto, dal più strafottente dei qualunquismi alla più argomentata sfiducia nel metodo democratico. E ho scritto che, anche se non ha corpo, faccia e nome, anche se appare irrevocabilmente inerte, è massa ed ha una mole. Lei ha tutto il diritto di contestarmi che questa massa stia assorbendo da tempo disperazione e rabbia o che questo comporterà giocoforza una reazione violenta, ma la prego di non tentare di convincermi che l'inclinazione della curva che ad ogni competizione elettorale scorcia di uno o due milioni la somma dei votanti sia compatibile con un sano e fisiologico volgere dell'Italia ad una democrazia matura.

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    2. Ma Malvino per chi ha votato?

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  5. Aspetteremo Godot. Temo però che l'argomento espresso nell'ultimo paragrafo sia comune a molti paesi e non solo al nostro, in Inghilterra c'è chi considera facce della stessa medaglia Cameron-Miliband-Clegg, per non dire di Spagna e Francia. Un paese compiutamente realizzato nella sua forma democratica pura, liberata dalle sue caricature politiche, rischia di essere una chimera, un abitatore dell'iperuranio. Il re è nudo, dopo le carni potremmo procedere fino alle ossa ma non oltre (intendendo che tutto questo gigantesco gioco democratico potrebbe essere esso stesso una caricatura di libertà, la quale dovrà pur farsene una ragione, prima o poi).

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  6. La sua riflessione è sensata, ma manca di alcuni dati di dettaglio che raccontano un'altra storia.

    [per i dati delle politiche ho fatto riferimento ai voti per la Camera]

    I dati sono quelli regionali, che in alcuni casi mi sembrano veramente sorprendenti. In Veneto, ad es., il PD da solo ha preso in questa tornata solo lievemente (parliamo circa di un 5-7 %) meno voti di quanti non ne abbia presi tutta la coalizione di Berlusconi nel 2013.

    In valori assoluti la coalizione di CDX era sopra il 30% (32,5% in Veneto e 37% in Lombardia). In Piemonte, invece, il PD ha guadagnato circa un terzo rispetto al suo risultato del 2013. Nel 2013, in tutte queste regioni il dato dell'affluenza è stato vicino all'80%(in media).

    Addirittura, il PD a questo giro ha preso più voti di quanti ne prese il PdL nelle trionfali elezioni del 2008 in Veneto e praticamente gli stessi (30mila in meno) in Lombardia. In quei casi, si parlava di affluenza oscillante tra l'80-85%.

    Sono regioni che, insieme, contano un quarto del paese come abitanti, e se aggiungiamo anche il Piemonte, Friuli e regioni rosse, arriviamo a più di metà paese (e circa i 3/5 della ricchezza) che ha appoggiato la proposta di Renzi in maniera incontrovertibile.

    La verità è che questo "corpaccione" non è uniformemente distribuito in tutto il paese, ma tende a concentrarsi verso il basso. Verso una parte d'Italia che sta scivolando verso livelli di reddito e di civiltà indegni, nell'indifferenza della classe politica e dei suoi stessi abitanti.


    L.

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  7. no, perchè occupandomi di dati so benissimo che una curva che cala è normale, un gradino è sempre anormale, e uno o due milioni su cinquanta in cinque anni sono un gradino non una pendenza.
    Il punto è che al terzo gradino è il caso di chiedersi quanti se ne siano fatti una ragione. In un contesto sano, non mi preoccupo solo dei cazzacci miei, ma pure di quelli altrui. Quando i ferrotranvieri scioperavano un tempo, gli operai solidarizzavano con loro. Oggi se scioperano i ferrotranvieri gli operai sono incazzati perchè faranno tardi. Io ci vedo una certa analogia con l'astensionismo da impotenza, se così vogliamo chiamarlo, l'idea non tanto del 'sono tutti uguali', ma che anche se beccassi quello non uguale avrebbe uno spazio di manovra insignificante, quantomeno per il mio personale utilitarismo.
    Un cocktail di menefreghismo e impotenza che può diventare rabbia solo quando veramente le pezze al culo diventano troppe, e secondo me ci siamo ancora lontani.

    PS
    mi associo all'anonimo, alla fine per chi ha votato?

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    1. http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/3c/RetratodeTheotocopoulos.jpg

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    2. un voto di alto valore marginale

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    3. El greco, quindi Tsipras.

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    4. @urzidil
      Senza dubbio, peraltro quasi interamente motivato dalla candidatura di Barbara Spinelli e dal non riuscire a sopportare come moralmente legittima l'astensione che anche stavolta mi aveva potentemente tentato. La carne è debole, diciamo.

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    5. Lei è riuscito a sorvolare su quello che Spinelli ha scritto su Israele o lo ha giudicato irrilevante?
      Perché io nessuna delle due, e non capisco.
      PB

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    6. C'è una sola persona al mondo della quale lei condivida ogni opinione?

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    7. Nessuna, certo. Però penso che alcune opinioni possano pesare più di altre. A un mese dall’11 settembre, Spinelli invitava gli ebrei a fare mea culpa. Dare (aggiungere) peso politico a questa visione del mondo sarà probabilmente irrilevante, ma potenzialmente potrebbe essere disastroso. Primo: never again. Poi, tutto il resto. PB

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  8. Questa volta devo proprio assumere una posizione critica. La sottolineatura del dato sull'astensionismo è correttamente espressa e costituisce senza dubbio un elemento meritevole di valutazione politica, ma che questo dato indebolisca la prova numerica del PD di Renzi è un fatto che, come si dice, hai tu (lei?) Malvino "tutto l'onere di dimostrare".

    Per legittimare questo indebolimento presunto infatti è necessario abbandonare il principio statistico di assegnazione di eguale probabilità a priori in assenza di ulteriori informazioni. Detto in altri termini, è necessario dimostrare una fortissima correlazione inversa tra astensionismo e preferenza per il PD. Lo dico in ancora altro modo: bisogna supporre che quell'8% di votanti alle precedenti elezioni europee che ora si è astenuto avrebbe votato in maniera del tutto preponderante qualcuno o tutti tra i partiti diversi dal PD (non si capisce neanche bene quale dei partiti è stato sotto rappresentato, quindi mi viene da dedurre che o sono tutti o nessuno).

    Parlo del dato dell'8% perché a mio avviso è improprio confrontare dati di affluenze storicamente del tutto disomogenee, come lo sono storicamente le elezioni politiche e quelle europee (questo non esclude che il dato europeo soffra di bias sistematico rispetto al dato delle politiche dovuto alla distribuzione non casuale degli astensionisti "da elezione europea", anzi, tipicamente questo è presente, ma tendenzialmente spiega un non più di qualche unità di punto percentuale e non una decina di punti).

    Diciamolo ancora in altro modo: ipotizziamo per assurdo che nessuno di quei 3,5 milioni di "elettori da europee" mancanti (il dato per eccesso è conservativo perché presuppone uno stop al trend di flessione dei votanti) avrebbe votato per il PD se si fosse recato alle urne. Ebbene, il PD sarebbe sceso al 34%, un dato comunque molto forte e che è stato qui ricavato per approssimazione ampiamente per difetto. Basterebbe che un quinto di quei 3,5 milioni avesse comunque votato PD, dato in ogni caso molto piccolo, perché si parli di PD vicinissimo al 37%. Il dato resterebbe alto, da una parte, mentre dall'altra resterebbe comunque da dimostrare perché solo un quinto di quegli astenuti avrebbe votato PD se fosse andato al seggio.

    Beninteso, io non sto affermando che non sia "numericamente" possibile che le cose stiano così, né impossibile che esista questa forte correlazione: sto invece affermando che l'eccezionalità di presupporre un dato così non omogeneo tra elettori che hanno votato ed elettori astenutisi, per giunta disomogeneo in riferimento ad un unico partito tra tutti quelli presentatisi, richiede spiegazione e dati eccezionali. Si sta infatti affermando non che il campione non è abbastanza random, ma addirittura che è completamente sballato. Affermazioni eccezionali richiedono prove eccezionali e fino ad una chiara dimostrazione o almeno più che convincete argomentazione, sono costretto mio malgrado a dedurre che se anche avesse votato il 100% il PD non sarebbe stato straordinariamente lontano dalla percentuale ottenuta.

    A questo va aggiunto quanto giustamente fa notare L. più sopra sui dati delle regionali, che inducono invece a presupporre l'esatto contrario di questa tesi sul bias sistematico ipotizzato, cioè quella che il campione delle europee sia del tutto disomogeneo alla totalità dell'elettorato.

    Dimostrazione ardua, senza la quale non si può a mio avviso sostenere che l'astensione non sia solo la manifestazione di una scelta politica "positiva", ma anche di un notevole ridimensionamento relativo del successo elettorale del PD che emergerebbe domani stesso se vi fossero elezioni politiche.

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    1. Mi devo persino correggere: "Ebbene, il PD sarebbe sceso al 34%". In effetti la stima più accurata è quella del 36,7%, perché il confronto corretto va fatto con i voti validi espressi e non con gli elettori alle urne. Nel 2009 i voti validi furono trenta milioni e cinquecentomila circa, l'altro ieri il PD ne ha ottenuti undici milioni e due, che nel 2009 avrebbe fatto circa il 36,7%.

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    2. ... stesso discorso sulla parte successiva del mio primo commento: "Basterebbe che un quinto di quei 3,5 milioni avesse comunque votato PD, dato in ogni caso molto piccolo, perché si parli di PD vicinissimo al 37%". In realtà, sempre considerando i voti validi, saremmo non lontani dal 39% pur con questa ipotesi ancora molto forte.

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    3. Non mi sembra di aver detto che la percentuale di astenuti indebolisca il risultato ottenuto dal Pd, ma che ad averlo votato è di fatto un 23,3% degli aventi diritto al voto, mentre i voti che ha raccolto a queste Europee sono in assoluto di numero inferiore a quelli raccolti alle Politiche del 2008. Mi pare di aver detto, invece, che chi si astiene decide di tenersi fuori dal calcolo dei voti che esprimeranno la rappresentanza dei votanti e all'effetto pratico anche quella dei non votanti, e ho concesso, com'è ovvio, che ci siano significative differenze tra elezioni politiche ed elezioni europee, ed altrettanto ovvio che ci si astenga perché tra i partiti in lizza non ce n'è uno che si ritenga meritevole del voto, o addirittura perché votare sembra inutile. Ciò detto, devo ammettere che francamente non capisco questa faccenda che - se non ho compreso male - indicherebbe una spalmabilità degli astenuti, nell'ipotesi votassero, su tutti i partiti in lizza, e in modo proporzionale all'esito conseguito grazie ai voti di chi invece è andato alle urne. Se è questo che intende affermare, caro De Gregorio, è lei che deve dimostrarmi da cosa riesce a dedurlo con tanta certezza, visto che la conferma potrebbe essere data solo da una controprova che non è mai possibile di fatto. Sul fatto, poi, che la scelta dell'astensione sia "positiva" o "negativa", di là da ciò questi termini vogliano intendere, mi pare di non aver espresso alcun parere: anzi, ho parlato di mole senza tratti distintivi, eterogenea per motivazioni, senza dubbio, ma evidentemente omogenea nel non riuscire a riconoscersi nel programma di alcun partito in lizza. Che questa massa consideri i partiti "tutti uguali" o che il rifiuto di votarli tutti abbia per ciascuno degli argomenti, non fa differenza riguardo al fatto che ritengano inutile - tutti - partecipare al gioco della democrazia rappresentativa, o impossibile.

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    4. Premessa: ho deciso che darò del tu a Malvino e del lei a Castaldi.

      Quella che lei Castaldi chiama "spalmabilità degli astenuti" è un'ipotesi zero che io faccio e che è tendenzialmente universale allo studio statistico. Se io prendo un campione, e non sono sicuro di averlo scelto come significativo ma ignoro in che modo non lo sia, devo assumere come ipotesi zero che lo sia. Ovviamente questo può costituire un gravissimo errore se il campione è effettivamente non rappresentativo, ma farei un errore di gran lunga maggiore assumendo a priori che sia non significativo nel senso che io assumo per ipotesi, senza però valida argomentazione a sostegno di essa.

      Per spiegarmi, rifacendoci al nostro caso: non c'è dubbio che io rischio (a priori si intende) un errore di entità X (anche molto grande) assumendo che coloro che da un anno a questa parte si sono astenuti avrebbero votato in percentuali simili (se avessero deciso di votare) a quanto uscito l'altro ieri dalle urne (o quantomeno come lo scorso anno). Ma commetterei un errore (sempre a priori) di entità maggiore di X se io assumessi che solo una percentuale straordinariamente più bassa di costoro avrebbe votato PD. A meno che, ovviamente io sia nella posizione di giustificare oggettivamente questo bias. Altrimenti io rispondo semplicemente: "in assenza di questa giustificazione, io affermo al contrario che, se avessero votato, gli astenuti avrebbero votato in percentuali ancora maggiori per il PD e lei non ha argomento da oppormi". Diciamo che è in questa impossibilità di poter dimostrare il bias in un verso o nell'altro, se non ho argomentazione oggettiva valida, che risiede il fatto che la scelta a priori più legittima è la "spalmabilità" omogenea: altrimenti ogni bias è ugualmente legittimo, anche quello che rafforzi il risultato del PD.

      Detto ciò, avevo proprio iniziato il commento dichiarando corretta la valutazione sull'astensionismo. Ritengo però che sia un fenomeno non spiegato come questa massa di astenuti provenga in modo più o meno omogeneo da tutti i partiti, mentre al tempo stesso il dato assoluto del PD è aumentato in ortogonale controtendenza di circa due milioni e mezzo di voti (unica altra eccezione Fratelli d'Italia). Questo dato enorme in controtendenza, tanto forte da ribaltare completamente l'effetto astensionistico per il solo PD, a me pare egualmente significativo rispetto al dato sull'astensione. Sono due dati entrambi di una certa portata e sono intervenuto perché negli ultimi due post ho avuto l'impressione che si volesse sostenere che il primo invece "smorzasse" in qualche modo l'altro. Perché lo smorzamento sussista vorrei avere questa argomentazione statistica mancante. A mio parere non lo smorza affatto perché se il dato PD è così sfacciatamente in controtendenza allora casomai, per me, l'expolit di Renzi ne esce rafforzato. Per perdere di significatività, servirebbe appunto questo argomento.

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    5. Ragazzi, parlate un po' di più come mangiate perché non si capisce granche

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  9. Comunque si voglia leggere il risultato, che un partito superi il 40% dei voti è un brutto segno. L'ideale, per me, sarebbe che ognuno presenti un partito e che ognuno voti per il proprio partito.

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    1. Mi sa che per lei ogni atto sessuale diverso dalla masturbazione è almeno un po' sospetto

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    2. Esatto, quella è l'elezione ideale, e perfetta in quanto ideale. Così come la famosa partita perfetta di Brera (lo 0-0).

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  10. Mi fa piacere che la lista Tsipras ce l'abbia fatta e che Malvino l'abbia sostenuta con il suo voto.

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    1. Ma Pannella e Bonino che fine hanno fatto?

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    2. Ah sì, giovedì Trippa, è un'idea.

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