domenica 25 maggio 2014

Quella volta che la Magnani posò per il Merisi


Le relazioni tra cinema e pittura sono state oggetto di innumerevoli studi e penso non ci sia troppo da aggiungere. Non a torto, al riguardo, si è scritto che in ogni film di qualità, e non solo, sono immancabili, più o meno riconoscibili, più o meno deliberate, afferenze da capolavori d’arte antica o moderna, talvolta in forma di veri e propri tributi, vere e proprie citazioni, com’è nel caso in cui un dipinto arrivi a trovare nel fotogramma la trasposizione dei suoi peculiari elementi formali, talaltra in forma di mera ricreazione di atmosfera, com’è nel caso in cui le soluzioni dell’uso di luce e colore trovino più o meno riuscita coincidenza con l’aria in cui è sospesa la scena rappresentata sulla tela (cfr. Pascal Bonitzer, Décadrages. Cinéma et peinture, Editions de l’Etoile 1985; Jacques Aumont, L’œil interminable. Cinéma et peinture, Librairie Séguier 1989; Antonio Costa, Il cinema e le arti visive, Einaudi 2002).
Come stato rilevato da numerosi autori, il cinema di Pier Paolo Pasolini non fa eccezione coi frequenti ed espliciti rimandi a Giotto, a Piero della Francesca, a Masaccio, a Bonnard e a Pontormo (cfr. Pietro Montani, in: AA.VV., Cinema/Pittura. Dinamiche di scambio, a cura di Leonardo De Franceschi, Lindau 2003). Lascia interdetti, invece, l’articolo a firma di Marco Bona Castellotti apparso su Il Foglio di venerdì 23 maggio (Quanto si è nutrito di realismo caravaggesco il cinema di Pasolini), nel quale si avanza una tesi balzana: in Mamma Roma (1962) vi sarebbero richiami alla Morte della Vergine (1605).
In realtà, in quel film vi è una citazione del Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna,


ma Marco Bona Castellotti non la coglie, per trovare assai caravaggesche «le sbarre del carcere dove Ettore, il figlio dell’umanissima puttana, giace morto». Ignorato un Mantegna che più Mantegna non si può, va a trovare un Caravaggio, pochi fotogrammi più in là, in un dettaglio che dovrebbe aver trovato ispirazione in un analogo caravaggesco, probabilmente in quello che si osserva nella Decollazione di San Giovanni Battista (1608), comunque non citato nell’articolo.


Ora, se la logica non ci vien meno, un morto steso su un tavolo si può ritrarre in cento modi diversi, ma almeno uno potrà evocare il Cristo morto del Mantegna, e quello scelto da Pasolini indubbiamente lo evoca. Ma in quanti modi si può rappresentare una finestra munita di sbarre? E in cosa è caravaggesca quella che Pasolini mette in Mamma Roma?
Basterebbe a farci abbandonare la lettura dell’articolo, se non fosse che Marco Bona Castellotti  aggiunge subito, prima che si abbia il tempo di appallottolare il giornale per gettarlo con gesto plastico nel cestino, che trova somiglianza tra la Madonna ne La morte della Vergine e «lo stupefacente primo piano di Mamma Roma e delle donne che accorrono dopo la notizia della morte del ragazzo».


Davvero arduo capire in cosa sia possibile trovare una similitudine di posa o di espressione, ma è che deve farci difetto limmaginifica sensibilità di  Marco Bona Castellotti, virtù che forse non torna utile a scrivere un articolo serio, ma a deliziare i gonzi senza dubbio.  

8 commenti:

  1. Il Sig.Castaldi si sta adoperando da tempo in un'opera meritoria rivolta in particolare ai giovani iscritti nei corsi di Lettere, specializzandi storici dell'Arte.
    Questa consiste nella meticolosa spigolatura della Stampa per indicare ai giovani intellettuali i confini della metafisica del nulla e per contro la ricerca di qualche buona introduzione per trovare lavoro.

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  2. Piccola chiosa: la scelta dello scorcio pasoliniano fraintende nel baffo e nella calzatura il ritratto chaplininano. La citazione dell'arte nell'arte dell'arte.

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  3. azzardo un'ipotesi: forse aveva in mente la scena di "roma città aperta"?...

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    1. Esatto!

      http://2.bp.blogspot.com/_BIJnSq_ToAc/TOpVcVBo46I/AAAAAAAAApM/WaLmC9mviXg/s1600/roma%2Bcitta%2Baperta%2B2.jpg

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    2. Peggio ancora: il Bona Castellotti sbaglierebbe addirittura film e regista. Come se uno scrivesse un articolo sull'importanza del tè e della maddalena nell'Ulisse di Joyce.

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    3. Ho pensato anch'io che fosse incorso nell'errata citazione del film, ma parla di "primo piano" e quello della Magnani a terra in "Roma città aperta" non lo è.

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