giovedì 1 maggio 2014

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3 commenti:

  1. Questa è la migliore esecuzione per le nostre orecchie, anche se, con ogni probabilità, quelle che ascoltava Luigi XIV erano più bandistiche. Il che, fra l'altro, la dice lunga sul valore del termine "filologico".

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  2. Sbaglierò, ma io mi sono fatto l'idea che Lully musicasse coreografie: di danze, ovviamente, ma anche di passi, di gesti, di aperture e chiusure di porte, di tende, di sportelli, e che il bastone che è stato sostituito dalla bacchetta del direttore d'orchestra desse il ritmo ai bastoni da passeggio, ai ventagli, alle prese di tabacco dalle tabacchiere, com'è per la pilotina nel nuoto sincronizzato. Era musica che oggi diremmo "ambient", sicché oggi si esegue con una fedeltà che non è al testo ma all'idea che ci siamo fatti dell'"ambient". Poi c'è da dire che il testo musicale lascia sempre, anche quando è zeppo di indicazioni, una libertà all'esecuzione che non dà una ricetta culinaria, un progetto architettonico, ecc. Più in generale, credo che la filologia musicale, anche quando è puro distillato di acribia, restaura strumenti andati in estinzione, ecc., non riesce mai a darci conto della relazione tra "quella musica" e "quell'orecchio": non può. Talvolta ascolto certe esecuzione di Jordi Savall e mi chiedo: ha capito tutto o non ha capito un cazzo di niente? Poi mi rendo conto che è una domanda senza senso.

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    Risposte
    1. L'altra cosa difficile da capire è come mettere insieme la filologia che dovrebbe ricreare il suono originale con le regie teatrali che aborrono l'originale.
      (Comunque, anche Hugo Reyne usa strumenti originali)

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