giovedì 5 giugno 2014

Corrispondenze

Bella domanda, caro ***. Sono stato a pensarci sopra un buon quarto d’ora e penso di poterti dare una risposta: il tratto che sembra voler essere la massima peculiarità del terzo millennio non è quella cui anche tu dai il brutto nome di «morte delle ideologie» (sono morte alcune ideologie – anzi, per meglio dire, riposano in attesa che qualcuno sappia dare loro il fascino del vintage – ma il più abborracciato metodo di analisi del reale rimane pur sempre una Weltanschauung), piuttosto è la trasformazione dell’antitesi tra aristocrazia e democrazia nella complementarietà tra elitismo e populismo. Come il principio di diritto reggeva quell’antitesi, lo stato di fatto regge questa complementarietà. Ma non vorrei essere frainteso: per diritto, qui, intendo la radice di legittimità che l’aristocratico trovava nell’ideale dell’eccellenza e il democratico nell’ideale del razionale. Bene, direi che la radice ora è vizza: aristocratico e democratico, così, hanno perso stabilità, e per entrambi il fondamento si è ridotto allo stato di fatto, mobile e contraddittorio. Dalla radice bicefala al fittone embricato, perché per stato di fatto – anche qui chiarire non mi pare superfluo – intendo un reale che impone una continua rettifica del metodo. Direi sia egemone una sola ideologia, irriconoscibile come tale, che si limita a rappresentare l’instabilità del sensibile. Viviamo il totalitarismo del labile. Ti prometto che ci tornerò sopra, cercando di mettere un po’ di ordine, dando argomentazione ai passaggi. Ciao.   

2 commenti:

  1. Caspita, mi piace il taglio ontologico. Il totalitarismo del labile, direbbe un noto filosofo, è funzionale alla volontà di aumentare indefinitamente la potenza sulle cose (se si vuole dominare sulle cose occorre rendercele dominabili e quindi disponibili alla continua frantumazione). Per fare spazio alla volontà di potenza, intesa come volontà di dominio sul creato e quindi come esercizio della libera volontà, occorre farsi spazio e quindi porre come disponibile alla trasformazione ogni aspetto della realtà. Questo lo dice quel tale.

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  2. I tumbleweed sono piante senza radici stabili. Pescano qua e là, rotolano via e disperdono i semi. Nella loro forma paraideologica, girano per il web o, le più fortunate, per i talk show: sempre in superficie.

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