domenica 8 giugno 2014

Decadenza dello spirito d’impresa





14 commenti:

  1. l'impostazione sobartiana, come tante altre, per spiegare la crisi della mercatura italiana e con essa di quella finanziaria, adombra le solite ragioni idealistiche, o evenemenziali per dirla con lo storico francese. allo stesso modo, il Weber, ricorre allo spirito religioso protestante per spiegare l'intraprendenza economica. ecco che, tanto per dirne una, si ripiega dall'oggettivo al soggettivo e da qui l'autostrada per le fantasticherie più assurde è senza pedaggio.
    per te che intendi questo genere di cose e ami la toscana, molto meglio Armando Sapori e il De Roover. buona domenica

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  2. "è sempre utile passar di qua"
    se mi è lecito citare un suo affezionato ospite... :)

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  3. Per carità, Sombart è senz'altro una lettura affascinante e culturalmente di stimolo, ma i problemi dei suoi tempi, nonostante l'apparente analogia, sono senz'altro radicalmente diversi da quelli odierni. Non dimentichiamoci che da allora ci sono state due guerre mondiali, il miracolo economico, la guerra fredda, il Vietnam, la caduta del muro, la globalizzazione, la mostruosità d'una Cina capitalcomunista, gli altri paesi emergenti oramai emersi con i loro milioni e milioni di potenziale umano sottopagato, in grado di surclassare in ogni aspetto dell'antilegalità qualsiasi basso napoletano ricolmo di scugnizzi volenterosi. Praticamente, di che riempire almeno quattro volumi della Storia d'Italia Einaudi.
    Oggi, l'approccio richiesto a questo genere di argomenti dovrebbe essere più caotico matematico che storico sociologico. E forse neanche, data la complessità oggettiva dei fenomeni.
    Ma, in Italia, è probabilmente proprio questo il punto più difficile da superare per poter stare al passo coi tempi.
    Basti pensare che noi, Romano Prodi viene considerato un economista. E prima di lui, Fanfani. Il che è tutto dire. Quest'ultimo sta a Keynes come il suo Croce a Kant. Il primo, manco è degno di considerazione, se non per una battuta.

    LB

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  4. Stamattina presto ho preso per buono il suggerimento, e, visto che faceva caldo in città, mi sono portato Sombart in montagna.
    100 anni sono passati tutti. Diciamo che ogni considerazione è soggetta a pesanti dubbi sulla ricerca storiografica a monte. La polemica con Weber (capitalismo di origine religiosa versus capitalismo di origine ereticale) ha ormai la stessa rilevanza della disputa Bruneri-Canella. Resta vero che lo sviluppo non può essere che capitalistico, e che la Controriforma ha ucciso lo sviluppo in Italia e in Spagna. Non perché ha bloccato il protestantesimo, ma perché ha bloccato la società, in Italia e Spagna. Altrove, pur in presenza della religione cattolica come religione dominante (la Francia, buona parte delle regioni di lingua tedesca, la Boemia) sono andati avanti come treni. Ma l’esempio più bello è l’Inghilterra, patria riconosciuta del capitalismo, dove l’anglicanesimo , che è molto simile dottrinariamente al cattolicesimo, ed è comunque lontanissimo dal calvinismo, non ha per nulla ostacolato la rivoluzione industriale. La differenza? Non c’era il Papa.

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    1. controriforma? che c'entra, i banchi a firenze risentono della crisi già nell'ultimo quarto del XV sec. e la crisi prosegue per tutto il XVI. e se dicessimo che anche le manifatture e il commercio degli altri paesi europei stavano prendendo piede, e che poi il baricentro economico si spostò dal mediterraneo all'atlantico? che c'entra il papa? l'inghilterra è un'isola in mezzo all'atlantico, o restavano contadini o diventavano commercianti, e dal momento che i contadini venivano cacciati dalle terre e la proprietà comune veniva cintata a pascolo, o diventavano mendicanti e venivano impiccati, oppure diventavano operai e marinai.

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    2. Interessante teoria. Più che keynesianesimo all'incontrario, potremmo definirla lamarckismo applicato all'economia. Se valesse anche nei nostri tempi, sarebbe un toccasana: la disoccupazione che crea sviluppo. Capitalistico, çvsd.

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    3. caro Genio di Rotterdam,

      si prenda almeno la briga di documentarsi sulla espropriazione della popolazione rurale inglese e la sua espulsione dalle terre nel XV e agli inizi del XVI secolo che gettò sul mercato del lavoro una massa di proletari eslege.
      Il grande signore feudale, in tracotante opposizione alla monarchia e al parlamento, creò un proletariato incomparabilmente più grande scacciando con la forza i contadini dalle terre sulle quali essi avevano lo stesso titolo giuridico feudale, e usurpando le loro terre comuni. In Inghilterra in particolare l’impulso immediato a quest’azione fu dato dalla fioritura della manifattura laniera fiamminga e dal corrispondente aumento dei prezzi della lana.
      Le grandi guerre feudali avevano inghiottito la vecchia nobiltà feudale, e la nuova era figlia del proprio tempo per il quale il denaro era il potere dei poteri. Quindi la sua parola d’ordine fu: trasformare i campi in pascoli da pecore.

      Questo come premessa, il resto lo lascio scoprire alla sua curiosità di erudito.

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    4. Da molto tempo non mi imbattevo in un marxista ortodosso. Avendone però conosciuti tanti, in tempi in cui il copincolla si poteva fare al massimo con la coccoina, devo dire che anche in questo campo c'è stata decadenza: ben visibile nella perdita, non si dice del nesso logico, ma del concetto stesso di nesso logico.
      (Ultimo commento)

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    5. Erasmo al giorno d'oggi si potrebbe definire sicuramente genio.
      Nei marxisti c'è sempre quella velatura del noi contro tutti con decise punte didattiche, ma è l'aspetto simpatico del Pensiero Unico.
      mr

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  5. Cazzo, il tutto mi fa sovvenire che al corso di Storia Economica in Cattolica, quasi trent'anni fa, oserei supporre per spirito patriottico e piaggeria clericale, si soleva paragonare e contrapporre l'analisi di Weber a quella di Fanfani. (l'indimenticabile "Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo"). Consoliamoci con la ormai mitica Spinelli. Zagreo

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  6. E poi non sono affatto convinto che l'anima dello sviluppo capitalistico sia l'intraprendenza imprenditoriale. Sarei piuttosto orientato a considerarne il vero motore lo spirito di razzia. Spirito di razzia che ha ispirato il genocidio perpetrato da Colombo e dai suoi epigoni; che ha spinto i conquistadores a sterminare milioni e milioni di persone per impadronirsi del loro oro e del loro argento; che ha fatto sì che milioni e milioni di esseri umani venissero sradicati dalla loro terra e dai loro affetti, incatenati e costretti a lavorare sino alla morte nelle piantagioni d'oltreoceano; che ha armato i fucili di quelli che massacrarono gli aborigeni nel mondo novissimo per appropriarsi delle loro terre; che ha fatto uccidere nelle camere a gas milioni di ebrei al fine di spartirsi i loro beni; che ha fatto radere al suolo prima Kabul e poi Baghdad per il controllo del loro petrolio.
    E' stata fondamentalmente l'accumulazione di queste ricchezze e la loro circolazione moltiplicativa a consentire all'Occidente il benessere di cui ha goduto sino ad oggi, fondamentalmente determinato dalla sua supremazia tecnologica sul piano degli armamenti.
    Di fronte alla prova provata di cotanta costante espressione nei secoli dell'umana voracità, inarrestabile di fronte a tutto, mi domando come possiamo ancora stupirci se questi nostri politici arraffoni non dimostrino poi alcun senso morale quando si tratta d'amministrare le enormi risorse finanziarie loro affidate fiduciariamente dalla cosa pubblica.

    LB

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    1. lo spirito di razzia, veramente, l'ho visto implementato dalle caverne in poi con qualunque forma di governo e sistema economico.

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    2. @-->Stefano

      Infatti. Oggidì lo chiamiamo con un elegante eufemismo "iniziativa privata" ma il suo vero nome è "voracità predatoria".

      LB

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