lunedì 15 settembre 2014

Inventing the Individual

Non si può che esser grati a chi recensisca un saggio illustrandone la tesi in modo chiaro, riportandone in virgolettato i passi salienti, meglio ancora se la recensione sia integrata da un’intervista all’autore del volume a ulteriore puntualizzazione di quanto potrebbe sollevare qualche perplessità, e il tutto venga presentato al lettore senza alcun rilievo critico, anzi, con un tocco di affettuosa benevolenza, perché se la tesi è cretina, e cretini gli argomenti che dovrebbero sostenerla, ci si risparmia l’acquisto del mattone. Grazie a Marco Ventura, dunque, per la sua recensione di Inventing the Individual di Larry Siedentop (La laicità è nata cristianala Lettura, 14.9.2014).
Tesi cretina, quella di Siedentop, ma non originale: «Abbiamo smarrito la genealogia della laicità liberale; soprattutto, perché non ne comprendiamo più il fondamento cristiano». Così, «il principio liberale che il cristianesimo ha inventato è ormai una fede nell’uomo senza fede in Dio». Com’è potuto capitare? Semplice. È che «l’Umanesimo e l’Illuminismo hanno cercato nel mondo greco-romano quella fondazione della laicità liberale che stava invece nel Medioevo cristiano» e questo ha dato vita a «due eresie liberali: da un lato la libera scelta degenera in mercato senza giustizia, in interesse cieco (eresia utilitarista); dall’altro l’individuo si isola, non va oltre i legami familiari e amicali; evaporano lo spirito civico e l’impegno politico (eresia individualista)». E così il liberalismo non è più cristiano, ahinoi.
È evidente che con l’individualismo di John Stuart Mill e l’utilitarismo di Jeremy Bentham siamo già al tramonto del liberalismo, che invece deve aver avuto il suo momento di massimo fulgore con Bernardo di Chiaravalle e Tommaso d’Aquino. È altresì evidente che il liberalismo contro il quale Gregorio XVI scagliava i suoi fulmini non fosse vero liberalismo: «Assurda ed erronea sentenza o piuttosto delirio – diceva – che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza»; e deprecava la «mai abbastanza esecrata ed aborrita libertà della stampa»; e guai a «coloro che vorrebbero vedere separata la Chiesa dal Regno» (Mirari vos, 1832).

Un po’ di chiarezza, dunque. Il liberismo – il vero liberalismo – ripudia la centralità dell’individuo, al posto dell’utile mette il necessario, schifa la separazione tra Stato e Chiesa, è contro la libertà di pensiero e di coscienza, contro la libertà di stampa, contro l’istruzione di massa… Non bastavano gli editorialisti di Avvenire? Avevamo bisogno di Siedentop?

4 commenti:

  1. in realtà una radice ci sarebbe pure.L'Essere Onnipotente pianta l'albero del libero arbitrio, e lo lascia lì alla portata di Adamo ed Eva.
    Sfortunatamente l'Essere Onnipotente non era come tutti gli uomini che l'hanno seguito, altrimenti avremmo un bel quadretto alla Tom Clancy con l'albero circondato da filo spinato, sensori di prossimità, una legione di Cherubini vestiti da SWAT coi fucili di precisione e delle mine antiuomo sparse tutte intorno.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi pare lei dimentichi che quello era l'albero della conoscenza, e che, sì, l'Essere Onnipotente lo lascia alla portata di Adamo ed Eva, ma con l'ordine di non toccarlo. Quelli che l'hanno circondato di filo spinato, ecc., non hanno fatto altro che fare la sua volontà.

      Elimina
    2. La volontà di Dio era non far mangiare la mela, ma la mela era disponibile. Le religioni invece ruotano tutte intorno alla protezione della mela, arrogandosi un diritto che nemmeno l'incazzosissimo e stronzissimo Dio del Vecchio Testamento s'era attribuito. Più che fare la sua volontà l'hanno messo in un angolo e gli han detto 'senti, sarai anche onnipotente, ma non hai capito un cazzo di come si comandano gli uomini, te lo spieghiamo noi'.

      Elimina
  2. Io faccio mio un midrash assai interessante, che nota come la creazione sia una serie di separazioni in linea ascendente: la luce dalle tenebre, le acque di sopra da quelle dei sotto, e così via, fino al momento in cui l'uomo, nominando gli animali, li individua separandoli. L'ultima separazione, il coronamento della creazione, era però quella dell'uomo dall'Onnipotente, della volontà dalla necessità (diremmo noi oggi). E questa separazione poteva nascere soltanto dalla rottura di un interdetto, dall'introduzione di una differenza. Ecco allora il ruolo della conoscenza come ciò di cui l'uomo si appropria, affermando la sua volontà (separandosi da Hashem) e realizzando il suo destino (la mortalità e la sessualità, Freud se ci sei batti un colpo); solo così, del resto, assume senso il passaggio: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre». Hashem impedisce all'uomo di essere altro che uomo, di tornare simile a sé.

    Certo, simili acrobazie sono possibili solo in ambito ebraico, e solo perché a volte il cazzeggio diventa un'arte, però io continuo a trovarli affascinanti.

    RispondiElimina