mercoledì 1 ottobre 2014

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Per il cadavere di cui si sia ormai estinto anche il ricordo di quanto già puzzasse di morto quand’era ancora in vita, il parce sepulto dovrebbe valere doppio, se non fosse che di tanto in tanto qualcuno va a scoperchiarne la tomba, dalla quale allora si sprigionano entrambi i fetori, che affievoliscono ogni pietas. Quand’è per dar riassetto ai resti, operazione che il necroforo esperto sbriga in poche ore, si è disposti a chiudere un occhio, anche se forse sarebbe più corretto dire che si è disposti a chiudere una narice, così com’è nel caso in cui si faccia indispensabile un pur tardivo esame necroscopico del medico legale e, se non si lesina sull’incenso, perfino all’ostensione della carogna, una volta canonizzata. Tutt’un altro paio di maniche quando a scoperchiare la tomba è il necrofilo, e tira fuori il morto, e lo sbaciucchia, e lo stropiccia, e se lo scopa: lì il voltastomaco è d’obbligo, sennò vuol dire che si ha qualcosa di marcio dentro.
Fuor di metafora: che Benedetto Croce fosse già morto prima di morire, e che in vita puzzasse del più putrefatto degli hegelismi, è stranoto; che la macchina mediatica degli anniversari non possa fare a meno di sostituirgli il coperchio della bara, passi; che qualche avanzo di biblioteca possa concedergli qualche attenzione, perché no; che qualche nostalgico dell’idealismo nostrano vada a sniffarne le esalazioni mollemente appoggiato alla lapide, e vabbe’; ma che si organizzino convegni come sedute spiritiche per rievocarlo, rianimarlo e incularselo romanticamente, è cosa schifosa. Se poi fra tanti depravati si fa l’errore di invitare pure uno che abbia uno stomaco da persona sana, c’è il rischio che lo dica.

2 commenti:

  1. Sospetto che la prossima volta, a Pescina, il prof. Simoncelli dovrà andarci senza invito.

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  2. Magnifico, coraggioso intervento.

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