giovedì 1 gennaio 2015

«L’invenzione di Aristotele»


La logica è «invenzione di Aristotele»? Così sull’ultimo numero di Domenica de Il Sole-24 Ore (pag. 22), per titolo a un articolo di Hilary Putnam. Titolo che, tutto sommato, non tradisce il contenuto dell’articolo, nel quale non c’è scritto testualmente quanto nel titolo, ma che «Aristotele ha inventato le variabili [predicative]», e che «ha studiato nei dettagli 256 inferenze (dette “sillogismi categorici” o semplicemente “sillogismi”)» cui esse possono dar vita, e che «ha fatto vedere come stabilire quali sono valide (24 lo sono) e quali sono invalide (la gran parte)», e che così «ha inaugurato il programma consistente nella creazione di un organo del ragionamento deduttivo».
Se la logica è questo, niente da dire. Di fatto, Aristotele preferisce parlare di analitica, mentre alla logica assegna un significato assai più generico, talvolta perfino deteriore, assai prossimo a quello che per lui ha la dialettica: nei Secondi Analitici contrappone il λογικος συλλογισμος a quello propriamente apodittico, e nei Topici scrive che poggia su premesse ψευδων ενδοξων δε come quello dialettico (che nei Primi Analitici dice composto da προτασεις κατα δοξαν), mentre in generale svaluta costantemente il λογικων θεωρειν, arrivando a definirlo vacuo (κενον) in Etica Eudemia.
Ma la logica, poi, è mero dedurre? E, ammesso e non concesso che lo sia, si possono trascurare gli studi di Lukasiewicz, Perelman, Viano, Calogero, giusto per citarne qualcuno, che hanno per tempo smantellato la tesi qui riproposta da Putnam, presa di peso dall’ormai logora lettura di Prantl? Più in generale, e come sempre quando si ha a che fare con le semplificazioni giornalistiche, è il caso di affibbiare ad Aristotele, che è del IV secolo avanti Cristo, il titolo di inventore di una prassi di cui troviamo numerose tracce già nel secolo prima, e già in Parmenide, già in Eraclito? Come si può ignorare che sotto e dentro la logica dianoetica c’è la logica noetica?    

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