venerdì 12 giugno 2015

L’imbecillità

Dovrei intrattenermi almeno un pochino sulla questione sollevata da Umberto Eco nel corso della lectio tenuta all’Università di Torino, dove gli è stata conferita la laurea honoris causa in Comunicazione e cultura dei media, questo pare sia il temino sul quale la blogosfera è chiamata a fare il compito in classe, e a consegnare il foglio in bianco si fa una figuraccia, non sia mai detto.
«I social media – ha detto Umberto Eco – danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Beh, confesso che a me paiono parole a vanvera.
Chi metteva a tacere l’imbecille al bar, e come? Chiunque fosse, e in qualunque modo riuscisse a metterlo a tacere, se ci riusciva, cosa gli impedirebbe di farlo anche con l’imbecille sui social media? Ma, poi, oggi come ieri, il modo più saggio di reagire a ciò che un imbecille dice non è quello di lasciarlo dire, tutt’al più scrollando il capo? Concedo che non si abbia lobbligo di esser saggi fino a questo punto, e che la tentazione di entrare proprio in quel bar, indignarsi per ciò che dice limbecille, considerare indispensabile che taccia, fare qualcosa per cercare di farlo tacere, sia irresistibile, ma cosa impedisce di farlo anche sui social media? E ancora: in cosa consiste il danno che limbecille arreca alla collettività? E perché un imbecille dovrebbe vedersi negato il diritto di parola? Meglio: è sul piano del diritto che si sostanzia ciò che dà valore alla parola del Premio Nobel rispetto a ciò che non ne dà a quella dellimbecille?
Troppe domande, so bene, e a nessuna riesco a dare una risposta, ma è che la questione sollevata da Umberto Eco mi pare sia difettosa già in premessa, sicché rinuncio ad approfondirla, per dare invece attenzione al contesto nel quale è sorta la questione.
Dico: che senso ha conferire una laurea honoris causa a Umberto Eco? Per meglio dire: che senso ha che gliela offrano, ma soprattutto che lui la accetti? Gliene avevano già conferite altre trentanove prima di questa, e questa era la quarantesima, e tutti sanno che è un’onorificenza che ormai da decenni ha perso il prestigio che aveva in passato, e allora: se è comprensibile che la cosa possa gratificare un Vasco Rossi, non è ridicolo che un accademico di fama preclara come Umberto Eco si presti a quella che in fin dei conti non è che una fatua comparsata in tocco e toga?
La vanità, si dirà, è una debolezza umana. Senza dubbio, ma come dar torto ad Ambrose Bierce per il quale è pure il tributo che l’imbecille riserva all’asino che gli è subito d’accanto?


11 commenti:

  1. la nuova interlinea rende il tutto impervio (se è una forma di selezione ne prendo atto; se è un taglio, anche).

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  2. Mi viene da pensare che Eco non conosca affatto, almeno in questo caso, la realtà di cui parla.

    Nei bar da paese degli anni 70/80 (realtà che ho conosciuto piuttosto bene) quando l'imbecille diceva la sua aveva più o meno probabilità di sentirsi rispondere dal Premio Nobel in funzione di vari fattori: la qualità dell'affermazione, la posizione sociale dell'imbecille e della sua controparte, la prestanza fisica dei due, il carattere dei due, soprattutto per le donne anche l'avvenenza fisica (la castroneria pronunciata dalla bellona del bar tendeva a mantenere la sua rispettabilità e passare per saggezza). La risposta poi poteva o meno ammutolire l'imbecille o smascherarlo come tale in funzione degli stessi fattori ma anche in funzione del livello intellettuale medio degli'ascoltatori, o meglio del tasso di imbecillità dei presenti. Non era raro che la risposta sagace del Premio Nobel passasse, a furor di popolo, per la vera imbecillità.
    Ben sapendo questo spesso il Premio Nobel si limitava a un sorrisino, a un'occhiata agli altri Premi Nobel del paese con i quali avrebbe riso dietro all'imbecille alla prima occasione.

    Mi pare che alla fin fine ciò che avviene su Internet non sia molto differente. Le reazioni a un'affermazione da imbecille arriveranno o meno in funzione di parametri molto simili e saranno risollutive o meno in funzione degli stessi. A una imbecillità i Premi Nobel potranno sempre decidere se rispondere o meno, consci dei pericoli cui si espongono (cioè di rischiare di far la figura da imbecilli). In alternativa possono segnalarsi il post per farsi due risate.

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  3. Così, a memoria, mi viene in mente un certo imbianchino che era solito sproloquiare in una nota birreria di Monaco di Baviera

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  4. premesso che condivido che "il modo più saggio di reagire a ciò che un imbecille dice non è quello di lasciarlo dire, tutt’al più scrollando il capo"

    oggi non voglio resistere alla tentazione di fare la figura dell'imbecille (che alla fine non è così grave come semba paventare Eco) con questa lapidaria sentenza.

    ho sempre considerato l'intelligenza di Umberto Eco inversamente proporzionale alla sua cultura.

    Antonio

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  5. secondo me la questione ruota non tanto sul numero di imbecilli che parlano ma su quello degli imbecilli che ascoltano: finché la cosa rimane confinata in un bar il pensiero dell'imbecille si diffonde ad un numero limitato di altri imbecilli, diciamo che l'ambito rimane locale, con internet il pensiero di un singolo imbecille si puó diffondere in modo epidemico agli altri imbecilli, e dato che gli imbecilli sono una maggioranza e fanno quella che si chiama "opinione pubblica" ci sono potenzialmente dei rischi di deriva di imbecillitá della societá (temo in effetti che sia solo una accellerazione della deriva), come ha scritto john kennedy toole: « Quando viene al mondo un genio autentico, lo si può riconoscere dal fatto che gli idioti sono tutti coalizzati contro di lui. ».

    d'altro canto ho sempre pensato che internet dia l'occasione di smascherare molti piú imbecilli che pria, penso ad esempio al fenomeno del bullismo, che c'é sempre stato ma che prima rimaneva a livello locale (all'interno del gruppo di bulli e loro vittime), nascosto, mentre ora grazie a internet questi imbecilli vengono scoperti molto piú facilmente (si scoprono da soli), discorso analogo vale ad esempio per la pedofilia, e di avere una sorta di termometro della imbecillitá della societá civile, ad esempio i commenti dei lettori de ilgiornale sono una finestra sul pensiero di una discreta fetta della societá italiana.

    concludendo: sí, internet ha dato pari voce agli imbecilli, e questo puó presentare dei rischi, ma anche la possibilitá di individuarne un numero impensabile senza internet e di prendere delle contromisure per difendersi da, appunto, gli imbecilli.

    internet é come il mare, e si sa che in mare gli stronzi vengono a galla, devi stare attento a scansarli, magari fa un po' schifo vederteli galleggiare intorno, ma almeno diminuisce il rischio di pestarli perché non si vedono.

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  6. Siamo tutti imbecilli

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  7. il video integrale del colloquio di Eco con la stampa rivela che tutti si sono fermati ai titoli. Malvino, una bacchettata! ;-) klingsor

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    1. Ho visto il video integrale e non mi pare che i concetti espressi da Eco siano stati poi tanto distorti dalla stampa. In questo post prendevo in considerazione la frase che ho riportato in virgolettato, che è testualmente fedele a quanto Eco ha detto, peraltro senza che a reinserirla nel contesto dal quale è stata enucleata cambi di senso e di modo. Bene, le perplessità che ho espresso restano tutte, ed altre se ne aggiungono a sentir Eco prevedere che ci aspetti un ritorno al cartaceo.

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  8. Su base prettamente statistica, oserei sommessamente dire che i danni maggiori sino a oggi li hanno provocati certi premi Nobel lato sensu, piuttosto che gli imbecilli da bar o da web. Anche perché quest'ultimi, in fondo e al contrario dei primi, quasi nessuno li ascolta, mentre gli altri solitamente fungono spesso da compiacenti servitori dei padroni della Terra.
    LB

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  9. Mah. Gli imbecilli del bar erano una cosa. Qui secondo me, come scrive uno degli anonimi (firmatevi, cazzo) il problema è che la platea è infinita, e non si distingue il nobel dall'ubriaco. Vedere laureati e persone che dovrebbero avere una discreta cultura personale credere ai complotti dei vaccini, all'homo sapiens sapiens vegetariano (o fruttariano crudista), all'11/09 organizzato dal Mossad eccetera mi fa cadere le balle. Sono _tanti_. Va bene che le leggi di Cipolla ci assicurano che il numero degli stupidi è molto maggiore della nostra percezione del problema, ma Internet ha aperto le gabbie. Almeno prima, magari, stavano muti per evitare di essere perculati dal compare di bevute, eliocentrico convinto che non necessitava di essere portato su Venere per assistere all'orbita della Terra, ma si fidava di qualche centinaio di astronomi e i loro calcoli.

    Mi sono fatto l'idea che lei abbia frequentazioni troppo di alto livello sul web. Provi ad andare su un qualunque sito di pseudomedicina, esprima un'opinione frutto dei suoi studi e dei suoi anni di carriera, guardi il primo coglione di passaggio demolirgliela con argomenti che manco uno studente del primo anno di medicina e, soprattutto, assista alla platea che le darà del venduto alle case farmaceutiche, dell'incapace o del fesso in buona fede. Poco importa se il coglione di cui sopra è laureato in ingegneria civile, ha la terza media o dipinge per hobby, per la platea la sua opinione di medico conta esattamente come quell'altra. Come se la conoscenza fosse un processo democratico.

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