venerdì 15 gennaio 2016

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Chi ha letto ciò che in passato ne ho scritto su queste pagine saprà che col M5S non sono mai stato tenero. Qui non starò a ripetere il già detto, ma, a scanso di equivoci su quanto segue, premetto che non ho cambiato idea, anzi, penso sia del tutto irrilevante ciò che fa la differenza tra il M5S di due anni fa e quello di oggi: quella grillina resta cosa populista, tuttal più buona, nel caso vi riuscisse, a levarci dai coglioni quella gran merda di Matteo Renzi, dinanzi al quale perfino Silvio Berlusconi riesce ad acquistare qualche merito. In tal senso, credo che un ballottaggio tra M5S e Pd sarebbe una partita tra populismo dal basso e populismo dall’alto, tra neogiacobinismo e neobonapartismo.
Ciò detto, richiamerei lattenzione a un vizio ormai assai diffuso, trasversale a posizioni anche molto distanti, e dal quale spesso non è immune neppure chi potrebbe permetterselo perché fuori dalla quotidiana rissa che si consuma tra gli avventori della cronaca politica italiana: parlo di quellargomentare a discredito del M5S con strumenti retorici vistosamente scorretti, e per scorrettezza non mi riferisco ai toni, ma proprio alla sostanza degli argomenti, che spesso mostrano una patente fragilità sul piano logico, primo fra tutti laddebitargli colpe che in realtà sarebbero davvero tali solo se la sua natura non fosse dichiaratamente atipica, e ciò non fosse pienamente legittimo. Pare che a tanti sfugga, infatti, che in Italia i partiti non sono persone giuridiche, ma associazioni private che devono coerenza solo allo statuto che si danno, su regole che stanno in giudizio solo di coloro che le presiedono e dirigono, ai quali è spesso dato un potere di deroga tutto discrezionale. Bene, tutto si può rimproverare al M5S, tranne il fatto che il suo statuto sia mai stato violato, e stranamente – stranamente per modo di dire – parrebbe che sia proprio questa la sua maggiore colpa. Si realizza così il paradosso che ai grillini vengano rivolte le critiche più aspre proprio nelle occasioni che confermano la loro fedeltà assoluta allo statuto: sembra non aver peso il fatto che nel M5S si entri e si resti fino a quando si è disposti ad accettare delle regole, per essere costretti ad uscirne quando si violino.
Se già questo basta a far cadere ogni critica intellettualmente onesta rivolta alla vita interna del movimento, la costante adesione al programma che esso si è dato dovrebbe far cadere anche quelle rivolte a questo o quel passaggio della sua azione politica. Non mi si fraintenda: si è pienamente autorizzati a ritenere aberranti luno e laltro, è ovvio, ma non ha senso, che non sia strumentale, contestarli in quanto atipici, per poi trovarne il loro maggior difetto nel fatto che vengano coerentemente rispettati. Questo errore di argomentazione, che in più di un caso sembra sia intenzionale, rivela quel sottaciuto convenire sul fatto che un partito o un movimento siano in diritto di violare il proprio statuto e di tradire il proprio programma in forza dello stato di necessità di volta in volta imposto da accidenti interni o esterni, sicché la colpa del M5S sarebbe nel non usufruirne a vantaggio di un utile che in definitiva tornerebbe solo al sistema politico, che d’altronde i grillini dichiarano di voler abbattere. In sostanza li si accusa di essere irriducibili, considerando superfluo contestarli nel merito delle loro proposte, che pure sono dichiaratamente alternative a quelle del restante quadro politico, producendo così un altro paradosso: al M5S si addebita la colpa di essere astruso alla sola ragione sociale che i partiti della Seconda Repubblica non hanno smarrito rispetto a quelli della Prima, sebbene tra luna e laltra essi abbiamo radicalmente cambiato struttura e funzioni. 
Tutto questo mi pare emerga in modo esemplare dalle accuse che gli sono state mosse sul caso che ha riguardato il Comune di Quarto.
Al M5S si rimprovera di aver imbarcato un tizio che oggi è indagato per maneggi con la camorra e – insieme – di averlo espulso appena se ne è venuti a conoscenza, senza che il reato che gli si attribuisce sia passato in giudicato: sembra non avere alcuna importanza che il reato si sia potuto consumare, se veramente è stato consumato, solo in virtù del fatto che il tizio, candidato nella lista del M5S, sia poi stato eletto; né sembra averne alcuna il fatto che, al momento della sua candidatura, non vi fossero elementi tali da farla ritenere inappropriata, mentre allo stesso tempo si ha da ridire sulla ventilata ipotesi che d’ora in poi il M5S sottoponga i propri candidati all’esame della Commissione antimafia. In sostanza, sembra faccia piacere che un eletto delle liste grilline si sia rivelato una mela marcia, ma si ritiene irrilevante che sia stato tempestivamente espulso dal movimento; si ritiene dimostrato che il metodo di selezione dei candidati fin qui adottato non sia pienamente efficace, ma allo stesso tempo si contesta che i grillini ne cerchino uno più sicuro, per giunta affidato ad un’autorità esterna, e questo dopo aver contestato al M5S la sua struttura settaria e la sua natura proprietaria.
Così per quanto attiene al sindaco: via via che si andava chiarendo la sua posizione nella vicenda, che al momento ha di sicuro solo che abbia opposto resistenza alle richieste della malavita locale, il M5S ha adottato nei suoi confronti una linea aderente ai precetti statutari e ai principi programmatici, dalla difesa all’espulsione, e tuttavia non sono mancate critiche per l’una e per l’altra, in entrambi i casi avendo a criterio di accusa quello di una supposta incoerenza che in realtà era l’arrancare della coerenza dietro il progressivo chiarirsi delle posizioni. Quello che dà esatta misura della logica argomentativa che regge la pronuncia d’accusa è tuttavia il massimo capo di imputazione: il M5S non sarebbe stato capace di dimostrarsi impermeabile allinfiltrazione di elementi legati alla malavita organizzata, com’è per ogni altra formazione politica. E questo accade in un caso dove linfiltrazione è stata solo tentata, e a carico della formazione politica che era la sola a presentare una lista alle elezioni comunali. Ciliegina sulla torta: si erge a pubblico ministero la formazione politica che attraverso uno dei suoi esponenti aveva già stretto un patto con l’organizzazione malavitosa locale, poi saltato perché non aveva potuto presentare una lista, vincere le elezioni, e rispettarlo. 
Il M5S resta quel che è, ma i suoi detrattori dimostrano di non potersi permettere argomenti validi per metterlo in discussione. Troppo poco per ignorare gli argomenti validi, che non mancano, ma fin troppo per augurarsi che quelli invalidi soccombano alla prova dei fatti. 

8 commenti:

  1. Non fa una grinza.
    Mi viene peraltro in mente che l'unico segretario politico - che io ricordi - capace di citare a mente lo statuto del partito, con la numerazione corretta degli articoli, fu quello poi morto ad Hammamet.
    Sempre utile passar di qua, stia bene.
    Ghino La Ganga

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  2. Non entro nel merito dei fatti evocati perché da giorni non faccio altro, sono quasi stremata.
    Però grazie per questo post che si distingue per coerenza, per logica, per onestà intellettuale.
    Fa bene, tra tanta aria viziata, respirare aria pura.

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    1. @annamaria:
      Significativo che Lei venga a respirarla qua, e non sul blog del Movimento.
      Stia bene, chiedo scusa a Malvino se a volte mi allargo: smetto subito, ci mancherebbe.
      Ghino La Ganga

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  3. Un po' tardi ma la rileggo con piacere Sig. Malvino. Più che giusto quanto ha scritto sul M5S.

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  4. Ma infatti a qualcuno sul blog di Grillo è venuto il dubbio che i camorristi fossero stati in qualche modo "incoraggiati" dal PD renziano, un piano per screditare il movimento proprio nell'approssimarsi del sorpasso, è gente sveglia, tutto sommato.

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  5. Mi sembra il litigio di quelle prostitute che si insultavano a vicenda, della serie il più pulito ha la rogna, in soldini, che cosa è cambiato tra la I e la II repubblica? Solo i nomi dei partiti e qualche faccia nuova, ma i burattinai sono sempre quelli, dovrebbero essere inviati ai lavori forzati tutti quanti, per ordine alfabetico, non se ne salva uno.....

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  6. Lo statuto. Sì, lo statuto. Certe volte ho l'impressione che il loro suoni approssimativamente così: "è vitetato ad ogni cittadino rappresentante bere acqua non abbastanza trasparente". Così ad ogni momento opportuno ci sarà modo di espellere chi di dovere, con una buona causa. Pare che l'espulsione del consigliere sia arrivata per una generica violazione di tal fatta, violazione del patto sottoscritto occorsa in una e sola particolare proposta di merito. Nulla a che fare direttamente con questioni di camorra. Strana pure la questione del repentino passaggio da "la sindaca non si deve dimettere perché i voti in questione non sono stati decisivi" a "deve dimettersi perché basta un solo voto mafioso".

    Detto ciò, sono d'accordo che in una misura molto formale potremmo dirci di fronte a coerente applicazione di regole e principi (salvo -come dicevo- capire chi se ne debba fare interprete autentico). Dal canto mio le perplessità riguardano la premessa che non si potesse sapere quale piccola serpe (se le accuse fossero confermate) quel tale avesse in seno: a me pare che ci fosse stato a più riprese suggerito che il metodo di selezione dei candidati fosse garanzia del contrario: il cittadino comune è per definizione sempre onesto, giusto, volenteroso, virtuoso.

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  7. Veramente mi pare che il M5S sia coerentissimo, ma limitatamente al non statuto e in particolare gli articoli 1 e 3.
    Ovvero: tanto decide lui. Pure se a Bologna vuole candidare chi vuole lui, ed espelle il primo candidato alternativo (per una 'violazione' compiuta a febbraio 2015, l'espulsione è un mese o due fa...). Pure se una mattina si sveglia e nomina il 'direttorio'. Eccetera.
    E' stato favoloso il caso Capuozzo. Le truppe, in particolare sul FQ, difendevano il primo cittadino da giorni. Poi il post sul blog. Dopo due minuti, gli stessi _con_gli_stessi_argomenti_ erano per le dimissioni subito.

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