martedì 7 marzo 2017

Ogni cruccio è ipocrisia

«Il popolo confonde ogni cosa
e dice esser bella la commedia
se è bella la recitazione»

Francesco M. Zanotti, Paradossi


Dopo aver tanto festeggiato la «morte delle ideologie», ci vuole una bella faccia tosta per lamentarsi del livello cui si è abbassato il dibattito politico. Quando le idee che si offrono a soluzione dei problemi del presente si fanno refrattarie ad articolarsi in un sistema che dia coerente solidità di struttura ad una visione del futuro – quando si arriva addirittura ad affermare che la coerenza sarebbe un intollerabile limite imposto alla politica – quello che sarebbe auspicabile come confronto tra due o più progetti di società è giocoforza destinato a frammentarsi in una incessante serie di scontri polemici su questioni tutte contingenti, ciascuna con una posta in gioco spesso anche miserrima, e tuttavia ragione di contesa sulla quale è vitale spendersi interamente, perché fuori da ogni ampio disegno strategico vince la logica che fa di ogni battaglia una guerra e di ogni dottrina un impaccio.
Sia chiaro: al pari delle religioni rivelate, di cui sono riproduzioni più o meno ben riuscite, anche le ideologie – tutte le ideologie – altro non sono che espressione di interessi materiali, peraltro sempre ben riconoscibili come particolari, e spesso mal dissimulati come generali. Qui si è ben lungi, dunque, dal piangere sulla «morte delle ideologie» come per lo smarrimento del concetto di «bene comune» – sempre sineddoche, dacché mondo è mondo – intendendo solo richiamare l’attenzione sulla differenza che corre tra l’epica dell’egemonia culturale e l’avventurismo che ormai segna trasversalmente tutta la politica, per chiedere: con quale sfrontatezza si può lamentare la paurosa ignoranza dimostrata di continuo dai leader politici che oggi sono sulla piazza? Si è preteso fossero agili, duttili, pragmatici, disinvolti nel cambiare idea in corsa: si può pretendere, adesso, somiglino più a fini intellettuali che a volgari piazzisti?
Con quale faccia tosta si pretende, poi, che questi leader rinuncino all’attacco personale come arma più efficace nellagone politico, dopo aver festeggiato lavvento del partito che si identifica nella persona del proprio leader? Ne ho già parlato: «Se prima era il partito alla continua ricerca dei propri quadri dirigenti e di un leader che riuscisse ad incarnarne il portato etico-estetico, oggi chi ha la vocazione di farsi leader la persegue e la soddisfa nel riuscire a fare di un partito lo strumento del suo Io narrante, sicché in buona sostanza si può dire che egli è veramente leader quando il partito riesce a far propri i tratti di quel narrato. [...] Ieri il leader era la sintesi simbolica di un quid che oggi è sintesi simbolica del leader» (Appunti per una «Psicologia del Supercazzola» – Malvino, 16.7.2014).
Limbarbarimento del dibattito sulla cosa pubblica, dunque, sta molto più a monte di quanto si lamenta. Se la politica non è più tenuta a esprimersi come progetto, se chi regge le leve del comando non è tenuto a render conto di quanto possa aver tradito il programma col quale ha chiesto e ottenuto consenso, se le sorti di un partito sono indissolubilmente legate a quelle del suo leader, ogni cruccio è ipocrisia.  

5 commenti:

  1. ergo siamo in un cul-de-sac.
    ora che si fa?
    si scava, si torna indietro o l'arrediamo?

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  2. Però, alcune piccole conclusioni, a mio parere, si possono già trarre !
    Solo che mi sembra inutile parlarne, visto che l'evidenza parrebbe non avere ascolto in questo disastrato pianeta !
    Le cose troppo facili, sono le più difficili da digerire, però, sempre a mio parere ,il vero problema è che la dissenteria , anziché colpire l'intestino, parrebbe colpire i cervelli.
    Questo nuovo virus, in realtà è vecchio di un paio di alcuni secoli !

    caino

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  3. Forse però i fini intellettuali hanno fallito: non sono riusciti a muoversi alla velocità con cui viaggia il mondo negli ultimi anni, sono stati travolti dagli eventi mentre ancora cercavano di comprenderli e a questo punto le masse tra un intellettuale che non ne azzecca una e un cazzaro che dice fesserie sceglie il secondo perchè almeno si diverte un po'.

    L'ideologia è indispensabile, ma deve adattarsi al contesto. Quello che vedo invece è che quasi tutti gli intellettuali cercano di adattare il contesto all'ideologia. Ho voglia di tintarella, facciamo come se il sole fosse alto nel cielo anche se sono le tre di notte.

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  4. "Quelli cittadini che appetiscono onore e gloria nella cittá sono laudabili e utili, pure che non la cerchino per via di sètte e di usurpazione, ma con lo ingegnarsi di essere tenuti buoni e prudenti, e fare buone opere per la patria; e Dio volessi che la republica nostra fussi prima di questa ambizione. Ma perniziosi sono quelli che appetiscono per fine suo la grandezza, perché chi la piglia per idolo non ha freno alcuno, né di giustizia, né di onestá, e farebbe uno piano di ogni cosa per condurvisi.".
    FRANCESCO GUICCIARDINI, Ricordi (incipit).

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  5. c'è un errore nel post: quello di confondere l'utopia con il progetto. Le ideologie, come le religioni rivelate, producono utopie non progetti.

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