venerdì 19 maggio 2017

Gentismo vs populismo


Lopportunità di smentire quanto mi viene erroneamente attributo a pag. 240 di Italian Post-Neorealism Cinema di Luca Barattoni (Edinburgh University Press, 2012), e di spiegarne il perché, mi è offerta dall’intervista che Silvio Berlusconi ha concesso, la scorsa settimana, a Claudio Cerasa («Il mio manifesto antipopulista» – Il Foglio, 15.5.2017), con la quale in sostanza annuncia una seconda «discesa in campo», stavolta non contro i «comunisti», ma contro i «populisti».
La prima reazione a questo annuncio potrebbe essere a buon diritto di forte perplessità, se non di franco disorientamento: cos’è, il berlusconismo, se non un populismo? Con quale faccia tosta, dunque, si atteggia ad antipopulista, oggi, Berlusconi?
Ad una più serena considerazione, tuttavia, occorre considerare lo specifico del populismo che abbiamo visto all’opera dal 1994 al 2011: un populismo che aveva tutti i tratti del populismo (demagogia, velleitarismo, rapporto fusionale tra leader carismatico e base di consenso, una qual certa dose di avventurismo, ecc.), ma al quale Berlusconi aveva dato un carattere piccolo-borghese, levandogli quanto di socialistoide c’è sempre stato in ogni populismo.
Berlusconi, infatti, non si rivolgeva a cittadini affamati di egualitarismo, ma a contribuenti-consumatori-spettatori cui prometteva un modello di società nella quale le disparità tra individuo e individuo fossero da intendere come forme attive, insieme plastiche e dinamiche, della loro «libertà».
Finalmente liberata dai «lacci e lacciuoli» dello «statalismo» di stampo «cattocomunista» della Prima Repubblica (il lettore perdoni la profusione di virgolettati: ogni populismo ha il suo idioletto, quello di Berlusconi si limitava a una ridefinizione di termini comuni, non di rado ambigui, spesso consunti da un lungo uso), la società italiana sarebbe diventata un Paradiso, del tipo che Piccarda Donati spiega a Dante, stupito che la beatitudine abbia gerarchia per cerchi: tutti felici, nella promessa di Berlusconi, per essere ricolmi di benessere secondo le proprie diverse capacità, dando a capacità la doppia accezione di abilità e capienza (abbondanza di pietanze ai più agiati, abbondanza di avanzi al ceto medio, abbondanza di briciole ai più bisognosi).
Direi ci fosse il quid e il quantum per dare un termine adeguato a questo populismo, e l’insistente richiamo alla «gente» piuttosto che al «popolo» cosa suggeriva? «Gentismo» calzava come un guanto.

Non sono stato certo io a coniare il termine «gentismo»: esisteva già da parecchio tempo prima ch’io cominciassi a usarlo (la prima volta, in una lettera che Il Riformista di Antonio Polito mi pubblicò nel 2004; poi, su queste pagine, soprattutto tra il 2007 e il 2009), conscio che già esistesse, ma senza essere in grado di precisare donde venisse. Ancora oggi non saprei dire dove io l’abbia incontrato per la prima volta, visto che Google mi dà solo tre voci antecedenti al 2004 (lEnciclopedia delle scienze sociali della Treccani, dall’edizione del 1996 in poi, alla voce Populismoun corsivo di Michele Serra del 2002; un pamphlet di Davide Giacalone del 2003), dalle quali sono comunque sicuro di non averlo potuto attingere
Non sarebbe neanche necessario precisare di non aver coniato io il termine, perché Luca scrive che mi sarei limitato ad appiccicarlo come etichetta al «new post-democratic brand of populism» incarnato da Berlusconi, ma quell«appropriately» mi pare crei confusione conferendomi un merito che non potrei comunque vantare, visto che il «labeling» era già in tutte e tre le fonti sopra citate. Cosa può averlo tratto in inganno, sebbene io non abbia mai millantato questo merito, né su queste pagine, né altrove?
Posso solo avanzare un’ipotesi. Con lui, qualche anno prima della pubblicazione del suo peraltro splendido lavoro, ebbi uno scambio epistolare che non rammento più come ebbe inizio, ma che spaziò di lungo in largo, da Pasolini a Deleuze, da De Sica a Tangentopoli, da Monicelli a Bossi. Chiacchiere in libertà, e lì dentro sarà finito inevitabilmente quello che scrivevo su queste pagine: a Luca sarà parso che le mie riflessioni fossero particolarmente originali, e che la disinvoltura con la quale usavo un termine come «gentismo» facesse indizio di esserne altrettanto originale formula riassuntiva.
Mistero fitto, invece, su come Luca possa aver pensato io fossi un «journalist», perché non lo sono, né ho mai desiderato esserlo, né mai avrei potuto darlo da credere, tenuto conto della pessima considerazione in cui ho sempre tenuto il giornalismo e i giornalisti. Credo si tratti di un lavoro duro e mal pagato, che dia pochissime soddisfazioni e imponga regole alle quali non sarei assolutamente in grado di piegarmi. Più in generale, ritengo che la scrittura abbia molto in comune col sesso: farlo a pagamento, anche quando non si ha voglia, cercando di accontentare il cliente e di non fare incazzare il pappone, semmai fingendo pure lorgasmo, mi pare un incubo, e non faccio differenza tra escort di lusso e infima bagascia, perché ho avuto l’opportunità di conoscere professionisti del settore assai stimati dall’opinione pubblica, ma anch’essi non mi son parsi venir meno alla legge che il lettore vada ingannevolmente compiaciuto, secondo le sue voglie, fra le quali può ben esserci quella di essere maltrattato un poco. Direi che ogni giornalista sia un populista in sedicesimo. 

7 commenti:

  1. ma non avevi lavorato con Bruno Guerri? E' un po' come essere PdR, il titolo rimane...

    Scherzi a parte, ero al corrente dell'uso da parte di Serra ma a me interessava mettere a fuoco l'accezione che ne era risultata qui.

    Magari avrei dovuto scrivere blogger, non mi e' venuta una definizione più calzante - ricordi quando Adinolfi venne definito "aspiring lawaker" o una cosa del genere?

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    1. Dunque volevi darmi del populista in sedicesimo?

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    2. eh no, sei tu che hai detto che il giornalista lo e', mica io

      (tra l'altro, io non sono del tutto d'accordo ma secondo alcuni il populismo potrebbe essere quel poco che ci e' rimasto della democrazia)

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  2. so che ti sembrerà incredibile ma, nel mio piccolo, sono stato il primo qualche tempo fa ad usare - Armata brancaleone - in riferimento ai 5 stelle e ho visto che ha avuto una discreta diffusione anche su media importanti e giornali. Cosa ne pensi? a distanza di tempo mi sembra sia ancora indovinato anche se come giustamente osservi: gli appellativi prendono strade imprevedibili, un po' come i virgolettati

    o dillo garbatamente con un haiku ;- )

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  3. La latenza...

    Vi sono malattie, se non vado errato, che rimangono "latenti" per anni.
    Solo eventualmente qualche piccolo cenno che di solito viene trascurato.
    Poi improvvisamente esplodo, magari a causa di un indebolimento generale dell'organismo.
    La latenza del populismo , vs gentismo, vs qualunquismo,e a questo punto direi pure coniando un nuovo termine "comodismo" era già insita nell'organismo italiota fin dagli albori del secolo scorso, in particolar modo si annidava in quell'organo chiamato borghesia.
    Non che altri organi non ne risentissero , per carità, volevano essere tutti ammalati a ben per pensarci.
    In fin dei conti quando l'organismo si debilita, tutti gli organi sembrano voler concorrere a "finirlo ".
    Gli interpreti, per esempio le purulenze ,sono le manifestazioni visibili esteriori.
    Non è il caso che spieghi come purulenze, piaghe e verruche, si manifestino in modo esplosivo ogni tanto.
    Oggi abbiamo molti interpreti di tale stato di cose.

    caino

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  4. "Con quale faccia tosta, dunque, si atteggia ad antipopulista, oggi, Berlusconi?"

    Con la medesima con la quale l'altro populista (aka: gentista) ci informa, un giorno sì e l'altro pure, del fatto che dare potere al suo Movimento sia l'unica via per impedire che in Italia prenda potere Alba Dorata.
    Ha mai visto un giornalista rispondergli "Quindi il vostro elettorato è quello di Alba Dorata -> quindi voi siete Alba Dorata"?
    Ecco, con Berlusconi è uguale e infatti entrambi possono contare su una base che ammirata fa sìssì con la testa.
    Mica per niente sono entrambi gentisti.

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  5. Un paio di commenti e poi tolgo il disturbo per un po' per ritornare allo studio, ma comunque prometto di ritornare

    non possiamo nemmeno affermare di esser "nè gente, nè popolo" non tanto per gli accenti

    Il mio primo incontro con il significato profondo del populismo avvenne nel 1964, all'età di diciannove anni, mentre lavoravo come segretario di campo per la SCLC a St. Augustine. Un giorno fui catturato da cinque uomini e una donna che erano membri del Ku Klux Klan. Mi accusarono di essere "comunista e Yankee"; io replicai: "Non sono uno Yankee – la mia famiglia risiede nel Sud [degli USA] fin dalla Rivoluzione. E non sono un comunista. Sono un populista. Credo che i neri e i bianchi poveri dovrebbero unirsi per fare qualcosa per colmare le nostre divisioni". Parlammo qualche minuto su come un movimento del genere dovesse apparire. Poi mi lasciarono andare. Quando venne a sapere dell'incidente, Martin Luther King, a capo della SCLC, mi disse che egli si identificava con la tradizione populista e mi assegnò all'organizzazione dei poveri di pelle bianca.[196]

    demagogia, velleitarismo, rapporto fusionale tra leader carismatico e base di consenso, una qual certa dose di avventurismo, ecc.

    ma in quell'et caetera c'è anche qualcosa che non sappiamo spiegare
    Secondo me siamo molto indietro, come la medicina prima di Pasteur. Pur apprezzando lo sforzo di Luigi e di altri, noto comunque una certa genericità nella catalogazione ed è dovuta ad un a nostra incapacità d'analisi, certamente superabile. Molto spesso ci si adegua agli strumenti che vengon forniti

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