domenica 23 settembre 2018

Tra due giorni non se ne parlerà più


Sulla polemica accesasi con la divulgazione in audio del contenuto di una conversazione privata tra Rocco Casalino e due giornalisti di Huffington Post, credo si debba innanzitutto far chiara distinzione tra la questione che sta al nocciolo di quanto affermato dal portavoce della Presidenza del Consiglio e quelle che le si sono immediatamente sovrapposte per riproporci ancora, ma a parti invertite (il che ci dà misura di quanto siano idealmente motivate), le solite risse tra gli estremisti della privacy e quelli della trasparenza, tra chi sostiene il primato della politica e chi quello della competenza tecnica, tra chi afferma che la forma è sostanza e chi invece che della forma la sostanza può sbattersene i controcoglioni.

Comincerei con lo sbarazzare il tavolo da queste ultime, per dare più attenzione a quella centrale. Lo faccio ponendo alcune domande. Solitamente, Huffington Post è benevolo col M5S? E Rocco Casalino, scafatissimo com’è, non ha messo in conto che quanto diceva a due giornalisti di quella testata venisse testuamente riportato? A uno dei due non è data forse esplicita consegna di informare i suoi lettori che «nel M5S è pronta una mega-vendetta», ancorché di riferirla a «fonte parlamentare»? Era tutto previsto, via, compreso il pressoché generale biasimo per il tono arrogante e minaccioso: era necessario mostrare il muso duro ai tecnici del Mef, occorreva che il muso duro fosse visto da tutti, per poterli poi additare più efficacemente all’opinione pubblica come i soli responsabili di un eventuale flop del Def. Il copione era già scritto, comprese le repliche alle critiche, peraltro tutte prevedibilissime.
Il messaggio è chiaro, e arriva nel modo più efficace a tutti i destinatari: non solo ai tecnici del Mef, ma anche a chiunque volesse assimilarli al titolare del dicastero per creare spaccature nel Governo e attriti col Quirinale, perché – sia chiaro – Giovanni Tria è «un ministro serio che si occupa dei problemi degli italiani».
Fa ridere, chi chiede la rimozione di Rocco Casalino dall’incarico affidatogli: è stato solerte esecutore di ordini che venivano dall’alto e, a considerare le dichiarazioni di Matteo Salvini sul caso, è assai probabile che la cosa fosse stata opportunamente concordata tra i vertici di Lega e M5S.
Tra due giorni non se ne parlerà più, ma intanto i tecnici del Mef adesso sanno cosa rischiano e non potranno più ritenersi al sicuro nella certezza, consolidata dalla pratica che ha accomunato Prima e Seconda Repubblica, che i politici passano, ma i tecnici restano.

Ma veniamo alla sostanza del problema, che direi si possa porre in questi termini: Rocco Casalino ha esposto in modo rozzo e volgare un concetto che tra le personcine fini ed eleganti è noto come «spoils system», e che peraltro è stato pienamente recepito dalla nostra legislazione, con la legge n. 145 del 15 luglio 2002, che dalla Consulta ha avuto conferma di legittimità costituzionale con la sentenza n. 233 del 16 giugno 2006.
Vi si legge che «per il conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi fissati nella direttiva annuale e negli altri atti di indirizzo del Ministro»; che «con il provvedimento di conferimento dellincarico, ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente per gli incarichi [...], sono individuati loggetto dellincarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dallorgano di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dellincarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati»; che «il mancato raggiungimento degli obiettivi, ovvero linosservanza delle direttive imputabili al dirigente [...], comportano, ferma restando leventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, limpossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, lamministrazione può, inoltre, revocare lincarico […] ovvero recedere dal rapporto di lavoro».
Di là dal ritenere giusta o no una legge che consente alla politica di sbarazzarsi dei tecnici che a proprio insindacabile giudizio ritenga incapaci o indisponibili allo scopo loro preposto, dovè la differenza con quanto ha detto Rocco Casalino? Cè quellantipatico dare del «pezzo di merda» a chi si considera responsabile del «mancato raggiungimento degli obiettivi» o, peggio, dell«inosservanza delle direttive», e cè quella minaccia di «mega-vendetta» invece di una più mite constatazione dell«impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale», e infine cè quella «cosa ai coltelli» che dà un fastidioso eccesso di colore al ben più neutro «revocare lincarico», ma il giovanottone è un villico, esce dalla tv berlusconiana, cosa si può pretendere?

2 commenti:

  1. Che sia stato macchinato pare anche a me quasi evidente.
    Sulla sostanza, che dire: proprio l'ipotesi della macchinazione fa venire il sospetto che essa non necessariamente vi sia. Con il ponte crollato, per esempio, m'è parso chiaro l'intento di tramutare una responsabilità del ministero (senza dubbio nata qualche anno fa) in un merito di azione agli occhi dell'opinione pubblica: a tal fine si è frettolosamente trovato un unico colpevole prima ancora che se ne potessero delineare tutte le responsabilità. Anche con l'Ilva, credo, la strategia m'è parsa la stessa: mettere subito le mani avanti in modo da preparare la via d'uscita in caso di insuccesso.
    Infatti, cosa si intende per inosservanza degli obiettivi? Ci sarà pur una distinzione tra il non poter moltiplicare pani e pesci e il non voler assecondare precise direttive, no? L'esigenza mi sembra quella di trovare subito un responsabile spendibile, tanto più in fretta quanto più il consenso è percepito come transitorio. Questo non per dire che dirigenti o tecnici del ministero, come anche gestore di Autostrade non possano concretamente essere gli esclusivi artefici di un insuccesso o un disastro, ma solo che l'imputazione qui è assegnata a priori.

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  2. "...ma il giovanottone è un villico, esce dalla tv berlusconiana, cosa si può pretendere?"

    :-D
    Notevole chiusura.
    Un po' come quando nei film comici la macchietta si dilunga nei saluti,ed il protagonista gli piazza un calcio in culo di commiato per troncare la scena.
    Stia bene, sempre utile passar di qua.
    Ghino La Ganga

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