lunedì 29 ottobre 2018

È il vecchio che ritorna


Al momento, col dire che destra e sinistra sono categorie superate, ci si limita soltanto a predirne il superamento o a esprimere il desiderio che siano superate, perché in realtà esse sono ancora duso corrente, col paradosso – vedremo perché solo apparente – di essere maggiormente utilizzate proprio da chi le ritiene inservibili. È il caso, per esempio, di chi vi ricorre per opporre al modello liberaldemocratico quello di un comunitarismo che troverebbe fondamento su «valori di destra e idee di sinistra», dove il superamento, quindi, risulterebbe possibile solo in una loro sincresi, peraltro neanche tanto originale, essendo roba già vista coi vari mix di socialismo e fascismo che furono sperimentati nel secolo scorso, sorvoliamo con quali risultati.
Ma con «valori di destra e idee di sinistra» si fa riferimento proprio alla destra e alla sinistra che abbiamo visto allopera nel Novecento? Non ci sono dubbi, perché i «valori» sono Dio, Patria e Famiglia (anche se Dio è altrimenti declinato in Natura o Tradizione, e Patria in Nazione o Identità), mentre le «idee» sono Stato, Lavoro e Socializzazione (dove questultima è richiamata in entrambe le sue accezioni, quella economica e quella sociologica, e sempre in chiave organicistica). Non è irrilevante, altresì, che alla destra siano ascritti «valori» e alla sinistra «idee», a dimostrazione che nella sincresi comunitaristica le due categorie persistono nei loro tratti più peculiari, conservando inalterate addirittura le loro posizioni rispetto alla classica dicotomia trascendenza-immanenza che vede la destra farsi interprete di istanze spirituali e la sinistra di bisogni materiali.
Sia chiaro: destra e sinistra non sono entità metastoriche; sono costruzioni concettuali che sistematizzano opinioni e interessi; in quanto tali, così come son nate, così possono morire; non è affatto escluso, dunque, che possano diventare categorie inservibili in un contesto storico che veda mutate le condizioni in cui esse tornarono utili; sta di fatto che, proprio nel momento in cui esse sembrano dover lasciare il posto a qualcosa che si dice «né di destra, né di sinistra», questo qualcosa non sa darsi altrimenti che come cosa «sia di destra, sia di sinistra».
Nel caso del comunitarismo – abbiamo visto – lammissione è esplicita: «valori di destra e idee di sinistra». Ancorché implicita, però, essa è evidente in tutti i movimenti che credono di poter trovare ragion dessere nel fatto che «destra e sinistra sono categorie superate», e questo per una semplice ragione: tutti – senza eccezioni – esprimono varianti del comunitarismo. È qui che si scioglie il paradosso cui facevo cenno allinizio: destra e sinistra non possono essere separate, né assenti, in una concezione delluomo e della vita, della società e della storia, che è di gran lunga antecedente allassemblea nella Sala della Pallacorda, e che lì ebbe la sua catalisi, dando corpi finalmente distinti alle sue contraddizioni interne.
Il nuovo cui non sappiamo dare un nome è in realtà vecchissimo: prende le mosse dalla Politica di Aristotele, passa per il monologo di Menemio Agrippa, per il Policraticus di Giovanni di Salisbury, fino alla «volonté générale» di Rousseau, alla «sostanza etica consapevole di sé» di Hegel, al rossobrunismo nelle sue svariate forme, dal «fascismo immenso e rosso» di Brasillach al neocomunitarismo di Preve, maestro di Fusaro.
Niente di nuovo contro la liberaldemocrazia: è il vecchio che ritorna. Occorrerà parlarne ancora a lungo. 

12 commenti:

  1. Forse, più che i concetti di destra e sinistra, sono ormai superati i loro sterili antagonismi.Valori e idee possono essere miscelati ormai in tutti i modi, come si vede.
    Non so poi se l'antagonismo del futuro sarà tra comunitarismo e liberaldemocrazia. Non vedo comunitarismo all'orizzonte che non siano solo teorici e e liberaldemocrazia che non sia solo una facciata per i giochetti delle élite.

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  2. post molto bello. Non penso che la figura di Preve possa legittimamente accostarsi al rossobrunismo ma condivido la tesi di fondo: il comunitarismo è roba vecchissima. Io andrei oltre, direi (con Preve) che il comunitarismo ha informato tutta la storia dell'umanità fino alla rottura apportata dal liberalismo. Il punto è che il liberalismo nasce con una grave ipoteca di tipo economicista: si trattava essenzialmente di togliere legittimità all'intervento in economia dello stato. Si diceva di volere la libertà ma in effetti si intendeva la libertà economica, si diceva di volere la "pubblica felicità" ma si faceva coincidere tale felicità con il benessere materiale. In linea generale il comunitarismo non rifiuta lo stato di diritto e la democrazia, rifiuta di dare preminenza alla libertà economica rispetto alle altre libertà e considera il principio di maggioranza un semplice, seppur necessario a volte, escamotage procedurale e non un principio assiologico.

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    1. Oh, ma lei è comunitarista! Vedo, infatti, che riduce il liberalismo a "cosa" economicista. Lo fa solo col liberalismo o riesce a farlo pure col comunitarismo? Non vorrà mica farmi intendere che "il comunitarismo [che] ha informato tutta la storia dell'umanità fino alla rottura apportata dal liberalismo" sia "cosa" tutta spirituale?

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    2. non riduco il liberalismo a "cosa" economicista, dico che il liberalismo nasce con una fortissima ipoteca economicista. Non è colpa mia se Smith definisce l'uomo come l'animale che scambia. Questa ipoteca fa sentire i suoi effetti anche su una concezione della democrazia intesa come lotta tra opinioni o interessi contrapposti, concezione che vuole che di volta in volta ci sia sempre un vinto e un vincitore. In altre parole le società liberaldemocratiche fanno del principio della concorrenza (che ovviamente nasce in un ambito economico) il principio regolatore della vita politica e spesso anche della vita sociale tout court. Io sono perfettamente d'accordo quando lei dice:

      "destra e sinistra non possono essere separate, né assenti, in una concezione dell’uomo e della vita, della società e della storia, che è di gran lunga antecedente all’assemblea nella Sala della Pallacorda, e che lì ebbe la sua catalisi, dando corpi finalmente distinti alle sue contraddizioni interne."

      però non capisco perché si debba considerare questa catalisi come benefica, auspicabile o necessaria. Forse si potrebbe definire il comunitarismo come quella dottrina che nega l'opportunità o la necessità di dare "corpi distinti" alle contraddizioni presenti nella natura umana.

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    3. Ah, per carità, in un'ottica hegeliana le contraddizioni sono il sugo dell'essere umano. Poi, certo, si può non essere d'accordo con Hegel. In quanto al fatto che "il comunitarismo è cosa vecchissima", concordo, e mi chiedo: nasceva da fattori economici o dalla voglia di stare vicini vicini limitando lo scambio a reciproche coccole? Un'ultima cosa sulla "democrazia intesa come lotta tra opinioni o interessi contrapposti": cos'altro dovrebbe essere? Tranne nei casi in cui è "volontà generale" resa cosa mistica da un perfetto unanimismo, cos'altro avrebbe da essere, la democrazia, se non competizione tra opinioni e interessi contrapposti?

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    4. nel pensiero di Preve (ma credo che sia abbastanza comune tra i vari tipi di comunitarismo) il comunitarismo è la forma naturale e spontanea delle società umane. Questa affermazione presuppone un'idea della natura umana come immutabile secondo la nota definizione aristotelica dell'uomo come animale sociale e politico. Il capitalismo (di cui il liberalismo all'origine rappresenterebbe l'ideologia) sarebbe venuto a sconvolgere l'assetto sostanzialmente comunitario della società o meglio delle società occidentali. Preve riconosce però al capitalismo (e quindi al liberalismo) un'"eccedenza" positiva, in quanto gli riconosce il merito di aver imposto il tema dei diritti civili e politici. Scusi se parlo di Preve, ma sarebbe sciocco da parte mia attribuirmi pensieri che condivido ma che non sono certamente farina del mio sacco.
      Per quanto riguarda la democrazia (e questo è un pensiero mio) essa potrebbe essere considerata come un metodo per la ricerca di convergenze possibili tra un insieme di individui che non sono aprioristicamente indotti (come di fatto avviene nelle moderne liberaldemocrazie attraverso un condizionamento di tipo culturale) a dividersi in partiti politici tra loro antagonisti. Questo sul piano del dibattito pubblico extraparlamentare. Sul piano parlamentare, una cosa è ammettere che, in sede di voto, possa e debba prevalere su determinate questioni l'opinione di una maggioranza, altra cosa è imporre il formarsi di una maggioranza precostituita come condizione necessaria per il funzionamento stesso del parlamento.

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    5. Capisco. Col legno storto dell'umanità, tuttavia, l'è un bel piallare.

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    6. caro Malvino, questa sua risposta mi fa pensare che lei sia ancorato a un concetto di ragione di tipo kantiano. Non si tratta di imporre un "dover essere" alla comunità/società, si tratta di prendere atto che esiste una comunità con determinati bisogni/aspirazioni e di mettere la ragione al servizio di tali bisogni o aspirazioni. L'alternativa è di negare che esiste una comunità e sostenere che esistono solo degli individui (liberalismo) o che esistono solo delle classi sociali (marxismo).

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    7. Ebbè, sì, quel tipo di ancoraggio c'è, come c'è sul fatto che gli individui esistano prima della società, la quale impone ad essi limiti in cambio dei benefici che derivano dalla convivenza (limiti sacrosanti, quando non eccedano in imposizioni miranti all'omogeneizzazione o funzionali a rendere la società di tipo organicistico). Insomma temo che non riuscirò mai ad essere un comunitarista, pur essendo relativamente socievole.

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  3. uno storico come Yuval Noah Harari ha scritto che destra e sinistra(o liberaldemocrazia e comunismo) non saranno categorie utili da usare per affrontare le sfide di un futuro dominato dall'intelligenza artificiale e dalla biotecnologia , io non so se sarà vero ma è un tema affascinante.
    Può darsi che i nostri pronipoti considereranno queste idee e le discussioni/scontri che causano come noi consideriamo le dottrine gnostiche del III secolo DC.

    Matteo Z.

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  4. Siamo completamente sicuri che esista prima l!individuo e poi la società? Non potrebbe essere che uno non può manifestarsi senza l'altra? Come hanno dimostrato i ritrovamenti di esseri umani cresciuti senza contatti sociali un uomo.cresciuto lontano dalla società umana, non sviluppa comportamenti umani. Gli individui non esistono prima della società, ma la società forma gli individui. Se bene o male non è pertinente. Altrimenti bisogna postulare l'esistenza di una natura umana pre esistente. Da qui alla metafisica il passo è breve. L'individuo non può fiorire che da un substrato sociale.

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    1. Se "prima" ha un valore cronologico, posso concordare. Anche lo stato di minorità che è proprio del neonato, in questo senso, viene "prima" di quello del soggetto adulto. Perciò, quando dico "è il vecchio che ritorna", esprimo proprio questo concetto: quando in difficoltà (rectius: in deficit di autonomia), l'individuo cerca protezione, e regredisce. Il comunitarismo offre all'individuo la protezione che la mamma offre al neonato: molto bello, volendo. Ma, appunto, volendo.

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