lunedì 23 settembre 2019

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L’aequiparatio trova ragione in ciò che è pianamente (aeque) riconoscibile come uguale (par) in A e in B, venendo a perderla quando se ne prendano in considerazione le differenze, senza le quali, d’altronde, non ci sarebbe motivo di chiamare l’uno A e l’altro B. Ne consegue che, nel contestare la legittimità di un’aequiparatio, in discussione dovrebbe essere unicamente ciò che si afferma essere comune ad A e a B: quel che li differenzia non potrà essere addotto come argomento a mettere in discussione quanto si afferma abbiano in comune, e il farlo rivelerà, d’un lato, l’incapacità di produrre un argomento valido a contestare quel che li equipara e, dall’altro, un interesse a eludere, fino a negare, ciò che aeque è par in A e in B.
Precipitando dal cielo della retorica nella polvere sollevata dalla risoluzione del parlamento europeo che ha equiparato nazismo e comunismo, che interesse rivelano le obiezioni che richiamano le differenze tra A e B a fronte della piana evidenza che in entrambi i casi siamo dinanzi a un totalitarismo? Che senso ha il contestare l’equiparazione che si basa unicamente su questo tratto comune adducendo ad argomento ciò che li differenzia sul piano ideologico e su quello storico? Quale interesse cela l’opporre alla piana evidenza che ovunque il comunismo abbia preso il potere ha mostrato il suo tratto totalitario il fatto che sul piano ideologico dichiari intenzioni notevolmente migliori di quelle dichiarate dal nazismo e che su piano storico abbia avuto il merito di contribuire a sconfiggerlo?

3 commenti:

  1. Basterà sostenere che a loro volta i regimi comunisti che finora hanno fatto la loro comparsa sul palcoscenico della storia in realtà non erano affatto comunisti ma un tradimento dell'Idea, invalidando in radice l'equiparazione. Un po' come la vera razionalità mistificata dalle fedi.
    La sofistica è la cugina discinta della logica, nel paese del bunga bunga avrà sempre una vasta platea di estimatori.

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  2. Cosa valutare in questo senso l'esperienza del Kerala? Quel paese è stato governato per molti anni (e se non sbaglio lo è ancora oggi) dai comunisti e non si sono di certo registrate condizioni sociali tali da poter parlare di totalitarismo in atto, anzi, per lungo tempo si è parlato di vero e proprio miracolo del Kerala, un paese tra i più progressisti dell'intera India. Si può obiettare, è vero, che se nel Kerala non ci sono i gulag e la polizia alla porta allora quello non può essere (e non può essere stato in passato) vero comunismo, nel qual caso allora rivaluterei positivamente quelli che "no, in URSS il comunismo non c'è mai stato". Forse è solo una questione di definizioni, forse è solo una questione di preconcetti, forse nessuno qui sa bene cosa diavolo sia questo benedetto (o maledetto, come preferite) comunismo. Trovo anche molto interessante l'esperienza politica del Rojava così per come è nata e si è sviluppata in uno scenario a dir poco "apocalittico", ma agli occhi magari del marxista ortodosso, nemmeno quello del Rojava deve essere vero comunismo. Forse il Rojava piace di più agli anarchici, di certo non credo piaccia ai turchi. Sinceramente trovo ci siano davvero molte cose che stanno lì a dimostrare un carattere totalitario. Per esempio, trovo sia molto totalitario il fatto che miliardi di persone ogni giorno debbano dedicare la miglior parte della propria giornata a produrre valore per qualcun altro, ma questo è un totalitarismo che i più considerano "normale e naturale" e poi, via, deve essere comunque tutta un'altra roba.
    Grazie mille per l'ospitalità, perdonate gli errori che non sono bravo a scrivere, e buona giornata a tutti.

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  3. Per rispondere..alle domande

    Solo un piccolo particolare : "La logica formale matematica non è "equiparabile" ai fatti storici.
    Semmai servirebbe chiarire dove esistono le liberal-democrazie e per quelle reali chiarirne le sfumature ,le declinazioni ect,ect
    Dopodiché facciamoci una beata risata..

    caino

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