tag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post2261224510695012164..comments2024-01-03T04:51:22.674+01:00Comments on Malvino: Corrispondenzeluigi castaldihttp://www.blogger.com/profile/14372341540765699943noreply@blogger.comBlogger59125tag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-70822281499451651832014-01-24T13:06:43.721+01:002014-01-24T13:06:43.721+01:00@--De Gregorio
Sul resto non me la sento di tedia...@--De Gregorio<br /><br />Sul resto non me la sento di tediare ulteriormente un ipotetico lettore, dato che - absit iniuria verbis - mi sembrano più ripicche da chi vuole avere l'ultima parola a tutti i costi, piuttosto che apporti costruttivi al discorso de quo. Peraltro reputavo la discussione conclusa, visto che come al solito ciascuno rimane sulle proprie posizioni.<br />Mi soffermo solo sul finale del suo intervento, che sintetizza congruamente il fulcro della questione: "devo spiegare perché certi comportamenti vengono assunti dagli attori in campo, alias, perché vigono dette regole".<br />I comportamenti vengono assunti in base all'utilità (nutrirsi, sopravvivere, replicarsi), vera o presunta di ciascuno, la quale si esplica tramite l'aggressività innata di ogni individuo (la c.d. "forza") il cui confronto reciproco - spesso cruento e sanguinoso, vedi il link sulla "Isola dei cannibali") - fa sì che, infine, si pongano delle regole onde evitare il tutto contro tutti (c.d. mera convenzionalità delle regole). Poi vi sarà chi le regole le rispetta e chi invece le infrange. Non v'è alcun motivo "superiore" ( ossia non sta scritto da nessuna parte) perché chi infranga le regole non debba conseguire un - definiamolo impropriamente - "ingiusto" profitto a scapito di chi invece le regole le rispetta. Tant'è che questo è quello che succede normalmente nell'economia dei traffici: si pongono le regole per i più (lo fa solitamente chi si appropria del "potere" di porre le regole), onde garantirsi la possibilità di operare in tranquillità senza dover subire i sistematici attacchi dei propri simili, e poi le si infrangono a proprio uso e consumo al momento più opportuno, ottenendo un vantaggio sui concorrenti (vantaggio che consente ai geni di coloro che lo ottengono di prevalere sui geni degli altri). E questo comportamento - facilmente riscontrabile nella maggior parte delle società umane, comprese quelle marxiste - è esattamente quello che viene descritto in un celebre esperimento effettuato mediante la "teoria dei giochi". Che poi la teoria dei giochi non sia il "verbo", su questo siamo tutti d'accordo; come su tante altre cose qui marginali, compresi i bosoni e la teoria standard.<br /><br />P.S. Le società umane, giunte a questo punto, avrebbero l'assoluta necessità di disporre d'una valida teoria sociale generale che spostasse <br />l'ottica da una visione "per assoluti", mutuata volenti o nolenti dall'escatologia del pensiero religioso, a una "relativistica", ossia priva di punti privilegiati, come fece Einstein rispetto alla fisica classica. <br />Quel che si è detto e scritto finora non è sufficiente né a spiegare Né tanto meno a giustificare perché un individuo debba comportarsi "bene" e non abbia invece convenienza a infrangere le regole quando ciò procuri un vantaggio per sé e per la sua genia.<br /><br />LBAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-86769799980994787702014-01-24T00:53:21.400+01:002014-01-24T00:53:21.400+01:00Dovevo però ancora una risposta @ LB, purtroppo ne...Dovevo però ancora una risposta @ LB, purtroppo necessariamente corposa, sennò continuerò a non digerire per giorni ancora.<br /><br />«[P]<i>arrebbe che alcune recenti teorie, tipo quella delle stringhe o del multiverso, pongano attualmente in seria discussione il modello standard sinora utilizzato per la fisica, poiché insoddisfacente</i>».<br /><br />Rileggendo perché io avessi fatto riferimento al modello standard, non riesco proprio a capire in che modo ciò sia di una qualche pur esigua rilevanza. Posso dire di più e dare <b>per certo</b> che prima o poi il modello standard verrà superato, come è accaduto di ogni straordinaria teoria fisica. Perché ogni teoria è applicabile entro un contesto ed il sapere evolve. Così l'elettromagnetismo di Maxwell è stato "superato", "corretto", il verbo che preferite, dall'elettrodinamica quantistica. Ciò non toglie che resta uno straordinario modello, utile, corretto nel suo ambito di applicazione, tanto che da solo è del tutto sufficiente a spiegare l'intera rete di distribuzione e fruizione elettrica mondiale ancora oggi. Non è sufficiente a spiegare del tutto come funziona un computer o una PET, ma da qui a pretendere che ciò squalifichi la concretezza e utilità dell'astrazione che lo ha ispirato per illustrarci una regola generale, ce ne passa.<br /><br />Per inciso, il successo del modello standard è talmente straordinario che proprio ad ottobre è stato assegnato un Nobel celeberrimo a due teorici, a seguito della recente scoperta sperimentale fatta al CERN del bosone di Higgs. Particella teorizzata ben cinquant'anni addietro in base al presupposto: "se il modello standard è corretto, allora deve esistere un bosone con queste proprietà qui". L'ultima, ripeto solo l'ultima di una serie infinita di scoperte che sono state possibili negli ultimi decenni grazie esclusivamente al modello standard. E adesso siamo qui a dire che due teorie ancora prive di una, una sola verifica sperimentale originale lo mettano in discussione? Sì, può darsi che domani sarà proprio così: e pur resta certo che ciò non cambia di una virgola la mia evocazione iniziale, oltre ad essere vagamente antiscientifico il porlo in discussione sulla base di <i>non</i>-risultati.<br /><br />Visto che son passato di qui, annoto anche un certo disaccordo sul modo in cui è stata invocata la teoria dei giochi. Come si direbbe in inglese, <i>what you put in, you get out</i>. L'osservazione che in alcuni modelli teorici di giochi una strategia mista (che è tra l'altro conveniente ad <i>entrambi</i> i contendenti, che comunque non rischiano il carcere nell'infrangere la legge, come in una società umana, o il giudizio altrui, come in una società animale) nulla ci dice, fino a che qualcuno non ha dimostrato che quel modello di gioco riproduce la realtà. A me non risulta esistere tale dimostrazione. E siccome esistono modelli ludici con tutt'altri risultati (anzi, credo che ciò sia stato colpevolmente taciuto, facendo percepire al lettore sprovveduto che esista una fantomatica regola <i>generale</i> dimostrata nella c.d. teoria dei giochi che asserisca quanto sopra), ecco che siamo tornati al punto di partenza: devo spiegare perché certi comportamenti vengono assunti dagli attori in campo, alias, perché vigono dette regole.paolo de gregoriohttps://www.blogger.com/profile/07522521481042442236noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-41357548383953535502014-01-23T09:05:34.640+01:002014-01-23T09:05:34.640+01:00Quando si taglia il bosco, volano le schegge.
[per...Quando si taglia il bosco, volano le schegge.<br />[per dire che, sì, la situazione a cui lei si riferisce è riconducibile a una normatività etica basata su principi generali, e che proprio per questo è opportuno che ci sia una continua messa in discussione di tali principi e che essa funzioni bene]cosmopoliticahttps://www.blogger.com/profile/13420583938431348455noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-55544680961354882432014-01-22T20:19:10.735+01:002014-01-22T20:19:10.735+01:00@-->urzidil (al quale chiedo scusa per il fuo...@-->urzidil (al quale chiedo scusa per il fuori tempo massimo)<br /><br /><i>"Insomma, a meno che la sua ipotesi distopica non si basi su una pioggia di asteroidi che provochi una pandemia di zombie radioattivi, ritengo che qualsiasi sviluppo futuro continuerà a muoversi in una qualche forma di continuità con l'esistente, e che continuerà ad esserci una normatività etica basata su principi generali"</i><br /><br /><a href="http://www.lankelot.eu/letteratura/werth-nicolas-l-isola-dei-cannibali-siberia-1933-una-storia-di-orrore-all-interno-dell-arcipelago-gulag.html" rel="nofollow">Qui</a> (Lei è indubbiamente un ottimista. Ammirevole qualità.)<br /><br />LBAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-14889297912596332462014-01-21T01:26:54.263+01:002014-01-21T01:26:54.263+01:00Certo che anche le montature retoriche sono utili ...Certo che anche le montature retoriche sono utili al funzionamento di (almeno alcune) società, ma con ciò lei ammette che l'operatività degli aggregati sociali dipende (almeno a volte) da istanze non riducibili all'interesse dei singoli, il che era il punto che mi interessava.<br /><br />Passiamo al successivo: proprio spostare le cose dal piano ontologico a quello funzionale è niente meno che la grande impresa teorica della modernità. Il punto non è la sostanza delle norme etiche, ma proprio la loro forma: una volta definite le pertinenze funzionali e le regole semantiche per la formazione di massime etiche, esse sono aperte alla discussione razionale, alla critica, all'argomentazione cogente.<br />Non me ne voglia, ma credo che proprio quest'apertura sia al centro del progetto di società che immagino quando sono in buona.<br />In altre parole, una società dell'argomentazione è preferibile a una società della manipolazione, per lo meno in quanto essa introduce un surplus di razionalità. Ma non si può dare un'argomentazione in assenza di argomento, e l'argomento è proprio la definizione del contesto normativo comune.urzidilhttps://www.blogger.com/profile/14060850903044778844noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-5324673836492012482014-01-20T23:50:47.217+01:002014-01-20T23:50:47.217+01:00"o si ritiene che la definizione di principi ...<i>"o si ritiene che la definizione di principi etici generali sia un'ubbia metafisica o addirittura una montatura retorica ad uso del potere in carica, oppure si pensa che questo tipo di asserzioni generali normative abbia una certa utilità al funzionamento delle società"</i><br />La seconda asserzione non invalida la prima. Mi pare che lei si limiti a trasportare un concetto dal piano ontologico a quello funzionale.<br />Così come dire <i>"che le norme etiche permettano di strutturare il discorso pubblico in modo più efficace, e soprattutto di costruire argomentazioni cogenti e logiche"</i> non ci fornisce maggiori informazioni sulla sostanza di tali norme etiche di quelle che William James invocava rispetto all'ipotesi di dio: "Non possiamo respingere alcuna ipotesi se ne derivano conseguenze utili alla vita" e ancora "Se l'ipotesi di Dio opera in maniera soddisfacente nel più largo senso della parola, essa è vera". <br />LBAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-75757483983827866442014-01-20T14:36:43.585+01:002014-01-20T14:36:43.585+01:00Trovo persino evidente che le norme, in quanto aff...Trovo persino evidente che le norme, in quanto afferenti a un dato contesto sociale, siano legate ad esso e alle sue caratteristiche specifiche. il punto è che tale contesto si articola a partire dalle condizioni esistenti nel suo sviluppo, e dunque a quell'insieme di eredità storiche e di coordinate funzionali da cui è partito, anche criticandole e negandole.<br />Insomma, a meno che la sua ipotesi distopica non si basi su una pioggia di asteroidi che provochi una pandemia di zombie radioattivi, ritengo che qualsiasi sviluppo futuro continuerà a muoversi in una qualche forma di continuità con l'esistente, e che continuerà ad esserci una normatività etica basata su principi generali (per dirla con Walter nel Grande Lebowski, "anche il nazismo aveva alla base l'etica").<br />Qui, secondo me, sta il busillis: o si ritiene che la definizione di principi etici generali sia un'ubbia metafisica o addirittura una montatura retorica ad uso del potere in carica, oppure si pensa che questo tipo di asserzioni generali normative abbia una certa utilità al funzionamento delle società. <br />Io ritengo più probabile quest'ultima ipotesi, se non altro perché stabilire dei principi di riferimento condivisi ne permette la critica, sia per quanto riguarda il contenuto di tali massime, sia per valutare le azioni dei diversi attori sociali in riferimento ad esse. In altre parole, penso che le norme etiche permettano di strutturare il discorso pubblico in modo più efficace, e soprattutto di costruire argomentazioni cogenti e logiche, il che è senz'altro preferibile ad altre soluzioni, come le gare di rutti.urzidilhttps://www.blogger.com/profile/14060850903044778844noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-44767409204094850332014-01-20T13:19:22.677+01:002014-01-20T13:19:22.677+01:00@-->Urzidil
Per quel che vale, mi individui pu...@-->Urzidil<br /><br />Per quel che vale, mi individui pure come Luther Blissett, anche perché da qual che mi risulta Trasibulo era un modello di virtù e, pure se così appellato con intento sarcastico, io mi ritengo solo un asettico e alquanto indifferente osservatore delle cose del mondo, rispetto alle quali cerco invano di trovare delle spiegazioni come mero modo di trascorrere piacevolmente il tempo sino al giorno della mia inevitabile dipartita.<br />Credo di aver compreso ciò che lei vuol dire. <br />Quello che voglio dire io, in estrema sintesi, è che non esiste alcun "principio" per il quale dobbiamo - e sottolineo il dobbiamo - comportarci in una determinata maniera (ricominciando ab ovo, tanto nei confronti degli uomini che degli altri esseri viventi). Dunque, tutto quanto è stato sinora costruito e stratificato in termini di etica (e di diritto) e da cui lei sembra asserire non si possa prescindere per un insieme di (valide) ragioni, è - a mio modestissimo parere - soggetto a venir mutato anche radicalmente a un mutamento delle condizioni che lo hanno generato (e che sono quelle in cui ci troviamo a vivere attualmente). Nella malaugurata e distopica ipotesi in cui ciò avvenga, è probabile - probabile, non certo - che l'unico fattore essenziale, determinante e costitutivo delle nuove regole sia morali che de relato giuridiche, torni ad essere il confronto reciproco tra le forze degli attori impegnati nel nuovo scenario.<br />LB<br />Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-45572439333677080002014-01-20T11:04:45.019+01:002014-01-20T11:04:45.019+01:00In altre parole, mi pare che lei voglia ignorare u...In altre parole, mi pare che lei voglia ignorare un piccolo fenomeno: l'esistenza del linguaggio. Il linguaggio è medium sociale per eccellenza, eppure la stessa formulazione dei desideri più privati e la formazione delle più egoistiche strategie di comportamento avvengono, anche quando si delibera nell'intimo del proprio io, attraverso il linguaggio.<br />Questo rapporto continuo dell'umano con l'astratto e il generale è costitutivo, per chiunque e in ogni hic et nunc. Perciò, non è in alcun modo possibile ridurre lo stato delle relazioni umane ai rapporti di forza specifici, senza prima aver determinato in che modo questi rapporti si costituiscano e rispetto a quali finalità. Se questa sembra una tautologia, le ricordo che il punto è che tale determinazione avviene sempre all'interno della formazione di aggregati sociali e costrutti normativi, e che essi non possono, pertanto, essere ridotti a mere traduzioni ex post.<br /><br />Se poi tutto il suo ragionamento mira a dire che, andando a ritroso in tutta la storia umana e facendo astrazione dall'immensa stratificazione culturale (in senso lato, comprendendo ogni sapere e ogni norma) e sociale (ancora in senso lato, comprendendo tutti i comportamenti acquisiti, le condizioni di formazione degli aggregati sociali e di determinazione dei bisogni individuali); che, insomma, facendo tutto questo si arrivi al paramecio, si accomodi pure. Posso solo rispondere che, allo stesso modo, facendo astrazione da tutta una serie di cose, un monopattino è lo stesso di una moto da corsa; se lei però crede di poter guidare la seconda solo perché sa muoversi sul primo, allora non vorrei essere il suo assicuratore.urzidilhttps://www.blogger.com/profile/14060850903044778844noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-18399546453922879192014-01-20T11:03:08.122+01:002014-01-20T11:03:08.122+01:00@la sua di prima (tra l'altro, come faccio a r...@la sua di prima (tra l'altro, come faccio a rivolgermi a lei? si firmi in qualche modo, altrimenti dovrò darle un nome a mio piacimento. Ecco, sì, la chiamerò Trasibulo)<br />["Marx, come tutti i classici, ragionava per assoluti": anche questo sarebbe un assoluto, nella sua accezione. Ma lei non è un classico, si tranquillizzi pure]<br />[La "libertà individuale come diritto naturale dell’uomo" è un concetto apodittico: si può dire ma non certo dimostrare: al di là del fatto che dalle mie parti si possono dimostrare solo i giudizi e non i concetti, vorrei ricordarle che, nell'ambito della discussione sul nomos e sull'ethos è difficile dimostrare alcunché, dato che non si tratta di descrivere stati di fatto ma di prescrivere norme]<br /><br />Lei utilizza la teoria dei giochi per mostrare la compresenza di una strategia egoista (individualistica) e una cooperativa (collettivistica) nel comportamento dei singoli. Nulla da eccepire, ma nulla di realmente determinante, per due ragioni:<br />i) perché la teoria dei giochi, per definizione, si muove all'interno di contesti definiti da un insieme chiuso, dato e maneggevole di regole e agenti, quando le società umane sono sottoposte a criteri organizzativi e fattori causali scarsamente definiti, mai dati per intero e fortemente variabili, come variabili per numero, importanza e strategie sono gli agenti al suo interno. Proprio per questo, i modelli della teoria dei giochi, così come molte altre formalizzazioni sono scarsamente applicabili al contesto reale, salvo una serie di caveat che lei non mi pare prendere nella dovuta considerazione;<br />ii) più importante ancora, perché le società umane sono caratterizzate da quella che potrei chiamare una viscosità delle strutture intersoggettive: quando è necessario uno sforzo collettivo prolungato nel tempo (come quando, con la nascita dell'agricoltura, fu necessario dissodare e delimitare i terreni, costruire i canali di irrigazione e i pozzi, organizzare i lavori nei campi), per coordinare e disporre questa attività si sviluppano dei ruoli sociali e delle competenze specifiche, che portano alla formazione di livelli di potere, e questi poteri diventano elementi determinanti tanto nella gestione delle relazioni sociali quanto nell'elaborazione dei successivi saperi, e dunque delle successive necessità, anche a livello individuale. Insomma, i bisogni umani sono, almeno in gran parte, bisogni già sociali, e le strategie dei singoli per soddisfarli non sono mai esclusivamente singolari ma sempre già sociali anch'esse.urzidilhttps://www.blogger.com/profile/14060850903044778844noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-34951127824418909332014-01-20T08:16:57.945+01:002014-01-20T08:16:57.945+01:00Mi spiace ma, se ho ben afferrato il senso del suo...Mi spiace ma, se ho ben afferrato il senso del suo discorso, non concordo sull'affermata possibile esistenza d'un modello simile allo "standard", nelle discipline sociali di cui si discute, che non abbia contenuto meramente convenzionale e temporalmente circoscritto. Dunque, sempre soggetto a radicale variazione di rotta al mutare delle condizioni in cui il sistema da analizzare viene collocato. <br />Credo piuttosto, ma è una mia pura convinzione di carattere intuitivo, mutuata dalle scienze etologiche, che in ogni individuo complesso convivano due spinte: una collettivistica, del tipo "organismo collettivo" (api, formiche, ecc.) che ci spinge all'aggregazione e alla "simpatia" verso i nostri simili; un'altra individualistica, che ci fa agire nello stesso identico modo ciecamente egoistico in cui agirebbe una cellula procariote. E' la mia unica concessione all'esogeneità (o preesistenza) di determinate aspirazioni rispetto a colui che le concepisce.<br />Per inciso parrebbe che alcune recenti teorie, tipo quella delle stringhe o del multiverso, pongano attualmente in seria discussione il modello standard sinora utilizzato per la fisica, poiché insoddisfacente; ma lo riporto solo per sentito dire. Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-16984083616405295722014-01-20T01:31:50.908+01:002014-01-20T01:31:50.908+01:00«Vorrei che concentrasse qui le sue critiche e la ...«<i>Vorrei che concentrasse qui le sue critiche e la sua decostruzione nei miei confronti.</i>»<br /><br />Intende nei <i>suoi</i> confronti come entità anonima collettiva? O dovrei meglio dire nei vostri confronti?<br /><br />Io credo che io stia facendo proprio questo: concordo (e l'ho detto) che non esista alcun diritto scisso dalla forza, soprattutto nell'accezione smodatamente estesa con cui qui è stata non da me introdotta, ma accolta. Poi c'è quel "a priori" che è probabilmente il punto si cui non concordiamo.<br /><br />Dato che io ritengo di aver esposto la mia tesi, e di non saper interpretare la <i>sua</i> (di chi?) meglio di come ho fatto - e l'esempio paradossale del cane mi pare solo essere stato riformulato con l'aggiunta di elementi di corredo - non penso di dovermi dilungare oltre tranne che su un punto, nuovo e che è emerso con l'ultimo <i>suo</i> (di chi?) messaggio. Io non ho in mente alcun ragionamento per trascendentali e l'accusa mi duole, tuttavia la spiego a mia volta con un'accusa: rinnegare la piena tangibilità della capacità di astrazione umana (che poi credo che sia ciò che ingenera lo "a priori" di cui sopra).<br />In questo senso mi torna comoda la scienza per poter procedere per analogia: ritengo che l'avanzamento scientifico e tecnologico dimostrino in modo difficilmente controvertibile il fatto che i modelli astratti che l'uomo può disegnare abbiano fondamento nella realtà ed una solida funzionalità (pur perfettibile). Non c'è quindi nulla di metafisico (né di platonico, per chi fosse tentato dal sospetto) nell'affermare che c'è un modello ideabile e maneggiabile dall'uomo - che so - il modello standard ad esempio, che sia in grado di astrarre dal particolare, formulare il generale, dettare un inedito ritorno al particolare, che sarebbe stato impossibile "prevedere" senza l'astrazione.<br /><br />Da qui deduco che esiste almeno un caso (che certamente potrebbe anche essere l'unico, ma non è questo il punto) in cui a me pare manifestamente vero che disquisire di "teoria" complessa come capacità esclusivamente umana nel mondo animale, ma soprattutto efficace e foriera di indirizzo, non sia un esercizio retorico. E quindi quando parlo di etica e diritti, del fatto che esista la potenzialità che questi concetti non siano mere "traduzioni" di elementi del reale su cui ci sia impossibile intervenire o teorizzare, ritengo di avere dalla mia la non assoluta impossibilità di questa eventualità, senza dover mai invocare l'assoluto e la trascendenza.paolo de gregoriohttps://www.blogger.com/profile/07522521481042442236noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-20890889990945185282014-01-19T23:39:54.764+01:002014-01-19T23:39:54.764+01:00@-->Urzidil
Due fronti sono assai difficili da...@-->Urzidil<br /><br />Due fronti sono assai difficili da contenere, se non altro per il dispendio d'energia che richiedono.<br />Il fatto che abbia citato Marx, non significa che ne condivida il pensiero, anche se alcune sue intuizioni furono determinanti per gli sviluppi successivi. Marx, come tutti i classici, ragionava per assoluti e ciò che lei dice citandolo (<i>"il superamento della schiavitù, la quale a sua volta presuppone il concetto di libertà individuale come diritto naturale dell’uomo"</i>) è esattamente frutto di questo pensiero. La "libertà individuale come diritto naturale dell’uomo" è un concetto apodittico: si può dire ma non certo dimostrare. Se Marx avesse tolto tale paletto, tutta la sua costruzione sarebbe crollata. Del resto Marx, ripercorrendo la tradizione agostiniana (vedi incipit del mio commento precedente), attribuiva valore "assoluto" al lavoro. <br />Altro spunto interessante è insito nella frase <i>"Al livello più elementare, ogni azione collettiva sufficientemente prolungata nel tempo richiede delle funzioni di mantenimento dell'aggregato, che finiscono per diventare primarie.</i> E' stato dimostrato, tramite la teoria dei giochi, che la massimizzazione dell'utilità individuale si ottiene operando ora in senso egoistico (prevaricando), ora in senso cooperativistico (collaborando), mai tramite l'esclusività di uno dei due comportamenti. Cioè, consegue il risultato migliore, nel senso di "a lui più utile" per la finalità di sopravvivere e procreare, colui che ora pone ed accetta delle regole sociali, ora le rompe o le elude a seconda della propria convenienza. Ne consegue necessariamente quanto sostenevo in precedenza: è tale utilità individuale che, nel suo operare pulsante, determina quelle funzioni di mantenimento (le regole) che lei asserisce diventare primarie mentre io nego posseggano tale attributo, riscontrandolo sempre e solo negli impulsi più primordiali, scevri d'etica e di morale. Al confronto tra "forze" (fisiche o mentali; individuali o collettive), poi, il compito di tradurre la loro soddisfazione in modalità che chiamiamo "etica" (il substrato sociologico) e quindi in "diritto" (l'architettura normativa interrelazionale). <br />Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-10943949795300943772014-01-19T22:27:36.954+01:002014-01-19T22:27:36.954+01:00Non mi intendo molto di batteri, ma suppongo che, ...Non mi intendo molto di batteri, ma suppongo che, per determinare i rapporti di forza tra entità ampie e dalla composizione fortemente variabile come gli attori storici, sia innanzitutto determinare quali sono. Se anche, come dice lei, "i nazisti hanno attuato lo sterminio perché avevano la forza di farlo", era comunque necessario che si costituisse l'attore storico del nazismo e che esso arrivasse al funesto grado di forza di cui parliamo.<br />Dal momento che gli attori storici sono composti da una gran quantità di istanze individuali e particolari, spesso in contraddizione tra loro, è necessario che queste istanze arrivino a un sufficiente punto di coalescenza da dar forma a una maggiore unità, in grado di agire in modo storicamente significativo.<br />Chiaramente, ciò è legato alle condizioni storiche esistenti, ma a loro volta queste condizioni sono il portato di altri rapporti di forza tra altri attori storici, e dunque delle loro stesse condizioni di coalescenza.<br />Insomma, dal momento che siamo presumibilmente tutti concordi a negare realtà agli enti platonici, esistono individui e aggregati, tendenzialmente instabili e labili, tra individui. Affinché questi aggregati nascano, si sviluppino e si fortifichino, affinché essi possano risultare dei mediatori efficaci tra l'individuale e il generale, insomma, devono convincere gli individui.<br />Insomma, gli aggregati storici si formano intorno a delle massime, a dei valori: nel senso che definiscono obiettivi desiderabili per gli individui che vi si riconoscono e strategie condivise per ottenerle. Insomma, definiscono delle finalità che, in quanto non possono essere immediatamente individuali (altrimenti non sarebbe faccenda degli aggregati, ma direttamente degli individui), devono, o almeno possono, differire dagli interessi individuali, anche se è comunque opportuno che con essi siano compatibili, o meglio ancora favorevoli.<br />Come suppongo lei sarà pronto a riconoscere, tutto ciò comporta l'introduzione di notevoli elementi di complessità. Al livello più elementare, ogni azione collettiva sufficientemente prolungata nel tempo richiede delle funzioni di mantenimento dell'aggregato, che finiscono per diventare primarie. Tutto questo per dire che, spesso, la faccenda dei rapporti di forza tende a dare una lettura semplicistica (Marx l'avrebbe definita "volgare") dei rapporti tra struttura e sovrastruttura.<br />Visto che l'ho chiamato in causa, vorrei ricordare un celebre passaggio di Marx, nel primo libro del Capitale:<br />Dunque, per trasformare il denaro in capitale il possessore di denaro deve trovare sul mercato delle merci il lavoratore libero; libero nel duplice senso che disponga della propria forza lavorativa come propria merce, nella sua qualità di libera persona, e che, d’altra parte, non abbia da vendere altre merci, che sia privo ed esente, libero di tutte le cose necessarie per la realizzazione della sua forza-lavoro. <br />In altre parole, la formazione effettiva del modo di produzione capitalista deve passare per il superamento della schiavitù, la quale a sua volta presuppone il concetto di libertà individuale come diritto naturale dell’uomo, se non altro come principio organizzativo. Come vede, i rapporti giuridici del liberalismo preesistono, per Marx, alla realtà della produzione capitalista, e anzi la determinano.urzidilhttps://www.blogger.com/profile/14060850903044778844noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-18572019781529255312014-01-19T20:39:44.705+01:002014-01-19T20:39:44.705+01:00"altra è sostenere che essi coincidono ontolo...<i>"altra è sostenere che essi coincidono ontologicamente coi rapporti di forza, che è la tesi che contesto"</i><br />Il condizionamento religioso ci ha abituati troppo a ragionare per assoluti e per trascendentali. Non riusciamo a liberarcene. <br />Non esiste alcun "diritto" a priori, scisso dalla forza per farlo valere. Esiste la motivazione amorale, priva di altra etica che non sia la spinta a fare qualcosa e la capacità di farla valere. Le motivazioni sono sempre elementari, sono "complessità riducili" a quegli stessi istinti primordiali che determinarono la fagocitosi endosimbiontica di un battere da parte d'un cianobattere quale origine della prima cellula complessa: nutrirsi, sopravvivere e riprodursi. <br />"Un cane, per mangiare un boccone, deve aver sufficiente forza alle mandibole, questo nessuno lo contesta" è sbagliato (e pleonastico). Un cane, per mangiare un boccone, deve avere sufficiente forza per difendersi dall'altro cane che vorrebbe strapparglielo di bocca. Senza questa forza nessun altro cane gli riconoscerebbe la possibilità di nutrirsi. Mi spieghi come faccio a reclamare un "diritto" - ad attribuirgli una qualche valenza positiva - se nessuno me lo riconosce. Di converso, anche molti animali - tra cui parecchi canidi - hanno sviluppato spontaneamente precise regole comportamentali, una sorta di proto-diritto, per evitare un eccessivo dispendio d'energia all'interno del branco in infinite lotte fratricide di sopravvivenza.<br />Glielo ribadisco: non esiste alcun "diritto" a priori (ad esempio, quello "naturale" di cui parlava il papa emerito) scisso dalla forza per farlo valere. Vorrei che concentrasse qui le sue critiche e la sua decostruzione nei miei confronti.<br />Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-56567639908639764122014-01-19T19:51:53.869+01:002014-01-19T19:51:53.869+01:00Devo complimentarmi ancora per la chiarezza e la l...Devo complimentarmi ancora per la chiarezza e la lucidità.luigi castaldihttps://www.blogger.com/profile/14372341540765699943noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-61249354242120480542014-01-19T19:28:34.152+01:002014-01-19T19:28:34.152+01:00Se un testo in greco viene tradotto in latino, il ...Se un testo in greco viene tradotto in latino, il contenuto del testo non acquista significato aggiuntivo. Tradurre con parole nuove l'osservazione della realtà continua a non informarci ulteriormente su di essa, ed è in questa situazione che io ho l'impressione di trovarmi in questa discussione.<br /><br />Così un cane, per mangiare un boccone, deve aver sufficiente forza alle mandibole, questo nessuno lo contesta. Ma affermare che avere tale forza lo ha reso possibile è la stessa cosa che tradurre: "il cane ha mangiato". E sostenere che ha mangiato <i>perché</i> ha forza nelle mandibole è la fallacia che contesto: ha mangiato perché aveva fame.<br /><br />È evidente che, se i nazisti hanno perseguitato e tentato di sterminare gli ebrei, con parziale successo, devono certamente averne avuto la forza, altrimenti non saremmo qui a parlarne. Gli ebrei, al contrario, devono non aver avuto la forza di sfuggire al massacro: di nuovo, perché in caso contrario non staremmo qui a parlarne. Da queste osservazioni lapalissiane non produciamo informazione maggiore di quella contenuta nella frase: "se è accaduto, allora ciò è potuto accadere". Quello che tutto ciò non spiega è però <i>perché</i> è accaduto, <i>perché</i> altri regimi o popoli non abbiano sterminato altri popoli negli stessi anni, essendo tutti certamente nella potenziale condizione di farsi precisamente "nazisti", nelle stesse identiche modalità dei tedeschi (tale eterogeneità è presente solo nella comunità umana).<br /><br />Non tutto ciò che <i>può</i> accadere, anche in relazione ai rapporti di forza esistenti, accade. Quindi l'etica è ciò che si muove a monte, ciò che noi dobbiamo giudicare <i>prima</i> che l'evento accada. Una cosa infatti è sostenere che i diritti siano possibili <i>solo a patto che</i> i reciproci rapporti di forza ne consentano l'attuazione, e su questo ho sempre detto di essere d'accordo, altra è sostenere che essi coincidono ontologicamente coi rapporti di forza, che è la tesi che contesto: in quest'ultimo caso, ripeto, mi pare un ragionamento fallace, perché deduce ex post i rapporti di forza come elemento causativo, e non come condizione necessaria.paolo de gregoriohttps://www.blogger.com/profile/07522521481042442236noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-47168732424111698672014-01-19T11:40:06.424+01:002014-01-19T11:40:06.424+01:00Se la possibilità di avere diritti fosse riconosci...Se la possibilità di avere diritti fosse riconosciuta solo ha chi la capacità di avere anche dovere alla a un neonato quali diritti spetterebbero? Mi pare evidente che la logica del do ut des per fondare i diritti sia un tantino fragile.<br />Qui si vuole negare che l'empatia sia alla base della base del diritto, bene allo chiediamoci com'è nato il bisogno di avere diritti se non nel sentire, di qualcuno, non di tutto certamente (altrimenti non ce ne sarebbero stato bisogno), di un senso di ingiustizia elaborato grazie alla nostra capacità di metterci nei panni dell'altro.<br /><br />Buttiamo una provocazione, da domani inventano i replicatori di Star Trek che le altre replicano anche il cibo, troveremmo ancora giusto uccidere allevare e macellare animali solo perché qualcuno che la bistecca che mette in bocca sia stata sgozzata?Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-74892676314721538922014-01-19T10:18:01.965+01:002014-01-19T10:18:01.965+01:00"un'istanza (a)morale" è sempre il p..."un'istanza (a)morale" è sempre il presupposto di tutto. Nell'esempio del chihuahua che facevo più sopra, l'istanza era la fame. Ma lo è anche il possesso di terre, la possibilità di riprodursi, l'assicurare nutrimento alla prole, ecc. Per i nazisti lo erano la razza eletta, lo spazio vitale, la riduzione in schiavitù degli altri popoli. Se avessero vinto loro, quello sarebbe stato il fondamento d'ogni "diritto", con buona pace di qualsiasi istanza contraria. Ma ciò che avrebbe permesso d'imporlo a chi non l'avesse pensata così, sarebbe stata la forza, non certo un'adesione di fondo ottenibile tramite la persuasione. A chi si fosse trovato a subirlo, intendo.<br />Nelle società che menziona lei, sono più "forti" (magari perché, tramite la religione, riescono a circuire un gran numero di persone) coloro che impiccano gli omosessuali rispetto a quelli che ne vorrebbero riconosciuto il diritto d'esistere. Dunque è la loro "Weltanschauung" che assurge a legge, a diritto.<br />L'utile di ciascuno di noi trova un limite nell'utile dell'altro. Se l'altro è più forte, cercherà di espandere il proprio utile a discapito del mio, fino al punto in cui io sono in grado d'impedirglielo. Poiché non è possibile vivere in una situazione di guerra continua, di tutti contro tutti, anche il "fortissimo" ha interesse (un utile) nel raggiungimento d'uno status quo. E' qui che le situazioni si consolidano nei punti d'equilibrio e scaturiscono in un diritto, in un patto sociale, consuetudinario o codificato. Successivamente, nuovi individui, operando singolarmente o collettivamente, monocraticamente od oligarchicamente, con la forza o con la persuasione (che è solo un altro aspetto della forza, anche se non quella dei famosi Jedi) e facendo leva su nuove istanze, romperanno gli equilibri precedenti e fonderanno nuove società basate su nuovi diritti. Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-56286510310990156902014-01-19T02:43:27.449+01:002014-01-19T02:43:27.449+01:00Potrei semplicemente ribattere che nel caso degli ...Potrei semplicemente ribattere che nel caso degli ebrei (e di alcuni prigionieri politici) durante il nazismo vi era un'istanza (a)morale come punto d'ordine di partenza: siccome sarebbe stato comunque possibile rimpiazzare quella manodopera, e dato che l'obiettivo era comunque lo sterminio, allora si lasciavano i prigionieri in condizioni di privazioni estreme, ma pur sempre in attività. I nazisti potevano permettersi il "lusso" di perdere un certo numero di prigionieri al giorno, ma questo non vuol dire che non ne avessero bisogno (era comunque forza lavoro): avevano di che rimpiazzarla. Quindi, anche se nell'accezione negativa del termine, vi era una ben precisa scelta etico-politica: lo sterminio di un popolo in ragione di un'ideologia. Questo esula dai rapporti di forza, nel senso che i rapporti di forza lo hanno reso possibile, ma non ne sono la causa: ne sono solo la condizione necessaria.<br /><br />E per eterogeneità dei diritti mi riferivo al fatto (ne prendo uno a titolo meramente esemplificativo) che in questo momento nel mondo, per lo stesso comportamento, vivere la propria omosessualità, in alcune società ci si può sposare ed adottare prole, in altre società si può stipulare un'unione civile, in certe società si può essere liberi nel privato ma senza riconoscimenti giuridici, in altre società si viene impiccati. Società umane, queste e quelle. E le società ultime menzionate, quelle che impiccano, non mi sembrano nemmeno le più "forti", se non nel senso che a posteriori le battezziamo tali per assunto.<br /><br />Certamente c'è un <i>utile</i> nel concedere diritti, e certamente spesso è necessaria una forza per svelare questo utile al "potente" di turno in prima istanza. Ma una cosa è fondare una convivenza sulla forza, un'altra cosa sull'utile: mentre il tentativo è di assimilarle come assunto.paolo de gregoriohttps://www.blogger.com/profile/07522521481042442236noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-31267854978753673812014-01-18T21:41:07.579+01:002014-01-18T21:41:07.579+01:00"la distribuzione dei diritti individuali tra...<i>"la distribuzione dei diritti individuali tra le popolazioni umane è eterogenea. Eppure la "forza" è identica"</i><br />Se ho colto il significato dell'osservazione (altrimenti la prego di illustrarmelo), vorrei provare ad essere più chiaro con un esempio che riguarda due condizioni estreme. Prendiamo un gruppo di schiavi in condizioni miserrime e un padrone. Il padrone ha interesse a ottenere una determinata produzione. Quella è la "forza" degli schiavi. Gli schiavi si ribellano per ottenere condizioni di vita migliori fino addirittura a sacrificare la vita di taluno di loro in nome della causa. Il padrone inizialmente tenta di ricondurli alla sottomissione con metodi feroci e coercitivi. Infine comprende che è meglio per lui, pena la perdita della produzione o comunque gravi danni, il giungere a un compromesso, riconoscendo loro determinati diritti. La posizione si consolida e raggiunge un equilibrio che durerà finché una delle due parti non prenda coscienza di disporre di qualche nuova forza. <br />Consideriamo ora un'altra situazione, simile ma nel contempo profondamente diversa: la condizione dei prigionieri ebrei in un campo di sterminio nazista. In questa circostanza, i prigionieri erano a tal punto privi di qualsiasi "arma" (lo legga in senso lato) che qualsiasi gesto di ribellione sarebbe stato assolutamente inutile così come inutile sarebbe stata ogni rivendicazione di condizioni migliori. Non a caso, gli unici riusciti a sopravvivere erano quelli che disponevano d'una qualche capacità negoziale individuale che risultasse utile agli aguzzini, tipo la laurea in chimica di Primo Levi.<br />Estremizzo, perché lo studio delle situazioni estreme pone a nudo l'essenziale, consentendo d'ignorare le "sovrastrutture" e la loro secolare stratificazione nella nostra società. Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-76754560932026252832014-01-18T20:00:55.821+01:002014-01-18T20:00:55.821+01:00Può essere. Decisamente sì.Può essere. Decisamente sì.annamarianoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-36425632612437779622014-01-18T19:16:16.937+01:002014-01-18T19:16:16.937+01:00Ciò mi sembra contraddetto dall'osservazione: ...Ciò mi sembra contraddetto dall'osservazione: la distribuzione dei diritti individuali tra le popolazioni umane è eterogenea. Eppure la "forza" è identica. A meno di, come scrivevo prima, dedurla tautologicamente a posteriori: osservando chi ha quali diritti, e assegnando il bollino di "forte" a chi concede più e di "debole" a chi vanta meno. In quest'ultimo caso sono tesi non smentibili, assumono già. Ma nemmeno spiegano, ovviamente.paolo de gregoriohttps://www.blogger.com/profile/07522521481042442236noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-65327830400493843322014-01-18T10:13:26.848+01:002014-01-18T10:13:26.848+01:00Il "diritto", infatti, marxianamente par...Il "diritto", infatti, marxianamente parlando, è solo una sovrastruttura della "forza", quale che sia la sua accezione. L'orso allo stato selvatico è un'antonomasia della forza allo stato puro, una metafora dell'assenza di qualsiasi diritto.<br />(P.S. Lo si può constatare benissimo nei rapporti tra stati, e nei vari tentativi d'invocare un diritto sovranazionale. Esemplare in proposito è stata recente la vicenda Usa-Iraq.)Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4643879137266334483.post-37098684883379115072014-01-18T03:03:39.209+01:002014-01-18T03:03:39.209+01:00Se «il termine "forza" non va preso alla...Se «il termine "forza" non va preso alla lettera», allora non vorrei che si stesse introducendo una tautologia, ovverosia: «"forza" è quella cosa, quale ne sia la manifestazione contingente, che mette X in posizione di vantaggio rispetto ad Y in modo tale da non permettere ad Y di sperare in quel momento nelle prospettive di X». Insomma, a quel punto è tautologico che X potrà solo "concedere" un favore ad Y, ma di nuovo in ciò vedo poco a che vedere con la morale, l'etica e il diritto.<br /><br />Oltre a non avere del tutto chiaro se si abbia la pretesa di separare l'uomo dall'umano, cioè la sua abilità nel congetturare e mettere in pratica una strategia (vantaggiosa e vincente contro chi è "brutalmente" superiore) dalla sua capacità di congetturare principi morali generali, ho un grosso dubbio su quanto viene affermato: non ritengo sensato parlare di "diritto" dell'orso a mangiarmi, qualunque accezione si volesse intendere col virgolettato. Di norma non farei l'obiezione, viste le virgolette, ma ora per scrupolo la pongo visto che il tema verte proprio su questi concetti. L'orso ha facoltà e capacità, ed eventualmente volontà di sbranarmi. Ma non ha un diritto, non agisce mai soppesando diritti.<br /><br />Sono abbastanza d'accordo sulla ricostruzione successiva: certamente l'etica nasce quasi sempre ex post. Ha anche dei paletti "fenomenologici": per quanto ineccepibilmente argomentata, un'etica così severa da portare ad una concreta minaccia di estinzione verrebbe rapidissimamente abbandonata. Ma questo non la squalifica <i>in toto</i>: resta un costrutto che, per quanto in piccolissima parte, può prescindere dal calcolo personale, o di clan, o regionale. Che lo faccia solo quando si ha il privilegio di poterselo permettere è probabilmente vero.paolo de gregoriohttps://www.blogger.com/profile/07522521481042442236noreply@blogger.com