mercoledì 5 marzo 2014

Tra «lassismo» e «rigorismo»

Mi pare di aver già illustrato su queste pagine – due o tre anni fa, se non erro – uno dei trucchi più ingegnosi cui ricorre il sofista per far forte la sua tesi sulla vostra: parlo di quello che consiste nel tirarne in ballo una terza, che non è affatto in discussione, e che per giunta non ha alcun sostenitore nel foro in cui lui e voi siete convenuti, una tesi che estremizza la sua fino a renderla francamente insostenibile, di modo che la tesi da lui sostenuta conquisti posizione equidistante da questa e dalla vostra, andandosi a piazzare «in [quel] medio [dove si dà per certo] stat virtus».
Esempio: mettiamo si stia discutendo di Concordato, che voi sosteniate sia opportuno abolirlo e lui sia di parere contrario: il sofista dirà che il Concordato è la migliore soluzione nei rapporti tra Stato e Chiesa, contro le tentazioni laiciste, da un lato, e quelle teocratiche, dall’altro. Voilà, la vostra tesi diventa estremista, dunque implica un pericolo, inutile star lì a pensar troppo quale (dev’essere di segno opposto a quello di un regime teocratico, ma come dubitare che sia altrettanto grave?), mentre la sua, al contrario, è equilibrata, dunque rassicurante, e qui basta che l’uditorio abbia la fessaggine media che eleva i sofisti al grado di custodi del buonsenso per guadagnarci pessima fama, oltre a perdere la partita.
Prevedo un’obiezione: mi si dirà che, se si discute di Concordato, la tesi teocratica è virtualmente in discussione anche in assenza di chi la sostenga, e che dunque il trucco ha sostanza di argomento. Siete in errore, perché nel discutere di un patto tra Stato e Chiesa che in premessa, almeno formalmente, dà per scontato che entrambi siano sovrani in ambiti distinti, la teocrazia è esclusa a priori: evocarla è strumentale, e abbiamo visto a qual fine.
Anche se ha precursori di vecchia data, il trucco di cui stiamo parlando trova i suoi fasti nella retorica da seminario a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, quando il revival del tomismo dà al cattolicesimo il vestitino della precettistica e la «virtus» che «stat in medio» ne taglia il drop: la morale cattolica si dà reputazione di campione di moderatismo. Finisce addirittura, qualche decennio dopo, col diventare cifra della cosiddetta «strategia della tensione», che trova la sua filosofia nella dottrina degli «opposti estremismi». Poi, decade a utensile della polemica da gazzettino, punteruolo retorico di vecchie pantegane come il Caffarra e il Ruini.
Torno su questo trucco, oggi, perché ne trovo esempio nella relazione che Walter Kasper ha buttato giù a margine del prossimo sinodo, quello che metterà mano alla pastorale sulla famiglia (Il Foglio, 1.3.2014), e nella versione clericus contra clericum è uno spasso: Sua Eminenza si dà posizione moderata tra «lassismo» e «rigorismo», dove il primo sarebbe quello che non vuole e il secondo quello che non può. Archiviata la questione se la Dc fosse o no partito cattolico, e in qual senso, si pone quella assai più intrigante se questo papato sia democristiano o no, e quanto.  


2 commenti:

  1. Mi viene in mente la finestra di Overton.

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  2. Lo stesso concetto di "giusto mezzo" si rifà a una Weltanschauung democrista, ossia negoziale, ossia dialogante per forza, ossia sommamente cinica.
    Prendiamo il caso dei due militari italiani in India. Tutti a protestare contro l'uso della legge antiterrorismo: così, se gli danno 20 anni sarà il giusto mezzo, e bisognerà ringraziare.

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