Mi pare
di aver già illustrato su queste pagine – due o tre anni fa, se non erro – uno
dei trucchi più ingegnosi cui ricorre il sofista per far forte la sua tesi sulla
vostra: parlo di quello che consiste nel tirarne in ballo una terza, che non è affatto
in discussione, e che per giunta non ha alcun sostenitore nel foro in cui lui e
voi siete convenuti, una tesi che estremizza la sua fino a renderla francamente
insostenibile, di modo che la tesi da lui sostenuta conquisti posizione
equidistante da questa e dalla vostra, andandosi a piazzare «in [quel] medio [dove
si dà per certo] stat virtus».
Esempio: mettiamo si stia discutendo di Concordato,
che voi sosteniate sia opportuno abolirlo e lui sia di parere contrario: il
sofista dirà che il Concordato è la migliore soluzione nei rapporti tra Stato e
Chiesa, contro le tentazioni laiciste, da un lato, e quelle teocratiche,
dall’altro. Voilà, la vostra tesi diventa estremista, dunque implica un pericolo,
inutile star lì a pensar troppo quale (dev’essere di segno opposto a quello di un
regime teocratico, ma come dubitare che sia altrettanto grave?), mentre la sua,
al contrario, è equilibrata, dunque rassicurante, e qui basta che l’uditorio
abbia la fessaggine media che eleva i sofisti al grado di custodi del buonsenso
per guadagnarci pessima fama, oltre a perdere la partita.
Prevedo un’obiezione:
mi si dirà che, se si discute di Concordato, la tesi teocratica è virtualmente
in discussione anche in assenza di chi la sostenga, e che dunque il trucco ha
sostanza di argomento. Siete in errore, perché nel discutere di un patto tra
Stato e Chiesa che in premessa, almeno formalmente, dà per scontato che
entrambi siano sovrani in ambiti distinti, la teocrazia è esclusa a priori:
evocarla è strumentale, e abbiamo visto a qual fine.
Anche se ha precursori di vecchia
data, il trucco di cui stiamo parlando trova i suoi fasti nella retorica da
seminario a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, quando il revival del tomismo
dà al cattolicesimo il vestitino della precettistica e la «virtus» che «stat in
medio» ne taglia il drop: la morale cattolica si dà reputazione di campione di moderatismo. Finisce addirittura, qualche decennio dopo, col
diventare cifra della cosiddetta «strategia della tensione», che trova la sua
filosofia nella dottrina degli «opposti estremismi». Poi, decade a utensile
della polemica da gazzettino, punteruolo retorico di vecchie pantegane come il
Caffarra e il Ruini.
Torno su questo trucco, oggi, perché ne trovo esempio nella relazione che Walter Kasper ha buttato giù a margine del prossimo sinodo, quello che metterà mano alla pastorale sulla famiglia (Il Foglio, 1.3.2014), e nella versione clericus contra clericum è uno spasso: Sua Eminenza si dà posizione moderata tra
«lassismo»
e
«rigorismo», dove il primo sarebbe quello che non vuole e il secondo quello che non può. Archiviata la questione se la Dc fosse o no partito cattolico, e in qual senso, si pone quella assai più intrigante se questo papato sia democristiano o no, e quanto.
Mi viene in mente la finestra di Overton.
RispondiEliminaLo stesso concetto di "giusto mezzo" si rifà a una Weltanschauung democrista, ossia negoziale, ossia dialogante per forza, ossia sommamente cinica.
RispondiEliminaPrendiamo il caso dei due militari italiani in India. Tutti a protestare contro l'uso della legge antiterrorismo: così, se gli danno 20 anni sarà il giusto mezzo, e bisognerà ringraziare.