Sembrerebbe
che L’analfabetismo religioso in Italia (Il Mulino, 2014) non dica nulla più di quanto già sapessimo: statisticamente
rilevanti, qui da noi, «l’ignoranza totale della Bibbia» e «la produzione di idee fantasiose sulla struttura dottrinale o
culturale della fede», e pare vada sempre peggio. A naso direi si tratti di un lavoro appena un po’ serio
– e certamente molto più serioso, visto che è a cura di Alberto Melloni – del Babbo Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi
crede? (Bompiani, 2006) di Maurizio Ferraris, e dico a naso perché ne ho
letto solo il brano che Il Sole-24 Ore
ci ha offerto sull’ultimo numero di Domenica. Anche qui, tuttavia, parrebbe che gli effetti non trovino le cause: se infatti a
Ferraris sembrava quasi non interessassero, perché nel suo lavoro era evidente il
fine di offrirci i più mostruosi esempi di tanta somaraggine, per metterli alla berlina, Melloni (almeno
nello stralcio offertoci da Il Sole-24Ore,
dove comunque sulle cause si intrattiene), a mio modesto avviso, le elude. L’ignoranza
relativa ai testi sacri, ai più semplici rudimenti teologici, ai pilastri della
dottrina e, non ultima, alla storia della Chiesa – scrive – sarebbe dovuta a un
più generale analfabetismo: vero, ma sembra trascurare il fatto che l’analfabetismo
religioso è trasversale a tutti i settori sociali, anche a quelli di cultura
media, e perfino a quelli di cultura medio-alta. Le altre ipotesi che avanza
sono altrettanto deboli: il progressivo esaurirsi della formazione religiosa in
ambito scolastico e una più generale «perdita
di strumenti che risale nella sua stratificazione all’epoca post-tridentina e [che] più plasticamente è rappresentata dalla
soppressione dei primi decenni dello Stato unitario». Tutte cause esogene,
come se le difficoltà incontrate dal cattolicesimo nel mantenere un grado di
penetrazione, che si vuol dare per scontato in passato fosse ampio e profondo, debbano
essere cercate nei fattori che l’hanno sradicato dal vissuto degli italiani.
Questo può esser vero, e in buona misura lo è, per quanto attiene alla professione
di fede, alla pratica di devozione, all’obbedienza al magistero e alle più
esteriori manifestazioni di appartenenza alla comunità ecclesiale: ma Melloni
vuol farci credere che ci fu un tempo in cui essere cattolici significava,
in termini statisticamente rilevanti, avere un’adeguata confidenza con il
Vecchio e il Nuovo Testamento, la storia della Chiesa, la teologia, la dottrina,
ecc.? E quando? Neppure nel XIII secolo, via, anzi. Quel poco in più che era nel bagaglio dei fedeli dei secoli passati rispetto a quelli d’oggi vi arrivava per l’esclusiva
mediazione del clero, e in modo tutt’altro che organico. Certo, c’era qualcuno
in più a saper dire quante e quali fossero le virtù teologali, le opere di misericordia
spirituale e materiale, e senza dubbio c’era qualcuno in più ad aprire di tanto
in tanto una Bibbia, ma quanti avrebbero saputo dare una decente definizione
del concetto di transustanziazione, dire in che secolo si tenne il Concilio di
Nicea, e quanti furono quelli di Costantinopoli, spiegare il significato di
termini come concistoro, riassumere quanto sta scritto nel primo e nel secondo
Libro dei Maccabei, dire se venne prima Pio III o Sisto V? Via, è tutta roba
che non è mai entrata nel patrimonio di conoscenze di oltre l’1% dei fedeli,
mentre oggi lo è in quello dello 0,3-0,5%: una «perdita» c’è stata, senza dubbio, ma
è percepita come enorme solo perché nessuno più la vive come carenza, neppure
chi si dice cattolico.
D’altronde, il cattolicesimo non ha mai guardato troppo al pelo nell’uovo.
Lo 0,3-0,5%?
RispondiEliminaMi sembra una stima molto generosa.
Per mille e stiamo già larghi.
A proposito di Bibbia, hai letto i Quattro libri stravaganti della Bibbia di Bikerman? Da non perdere assolutamente.
Sì, e mi sembra di averne anche scritto qualche anno fa.
RispondiEliminaIn occasione dell'ultima "Immacolata Concezione" mi sono divertito a sentire in giro, anche tra gli "addetti ai lavori" in quanti (tanti, decisamente troppi) credano che la definizione riguardi la verginità di Maria... del resto, quando una religione s'infarcisce di dogmi...
RispondiEliminaLa superficialità teologica è antica e in particolare quando si crede in un dogma per abitudine familiare o per adeguamento sociale, qualsiaisi dogma religioso o laico che sia.
RispondiEliminaE' il grande vantaggio per tutti i dogmi, quando non capisci inventi.