Probabilmente
tra dieci anni riprenderò in mano questa Storia
di Firenze di John M. Najemy e non mi sembrerà più il libro straordinario
che oggi mi sembra, capirò che ero io a dargli modo di prendermi interamente,
come sta facendo, ma che in fondo mi si offriva a pretesto per lenire l’infinita
noia che mi infliggeva quello che scorreva sulle prime pagine dei quotidiani, nei
titoli dei tg, sulle homepage degli uomini più chic e delle femmine più pittate
del web, in quell’ormai lontano agosto del Quattordici. Probabilmente mi sembrerà
pure un pretesto idiota e, ingrato del godimento che m’ha dato, mi permetterò
pure di alzare un sopracciglio su quell’unico refuso tipografico a pag. 59 che
oggi, nel cominciare a rileggerlo daccapo, mi sembra delizioso come un neo sulla
schiena della tizia che ti chiede: «Ancora!». Insomma, sì, non escludo sia un
bel libro e basta, fatto sta che in questi ultimi giorni mi è sembrata la sola
cosa degna di attenzione, incantevole rifugio al tedio di robette ritrite. Non era
avido, il capitale, nella Firenze degli Strozzi, dei Cerchi e dei Bardi? Non
meno di quello delle odierne multinazionali, ma aveva la freschezza d’una
violenza cieca quanto innocente, perfino il dono della grazia che hanno le
fauci dei grandi felini. E non doveva avere i tratti fisiognomici del cazzaro,
quel Buondelmonte de’ Buondelmonti che si sparava pose di riformista? Non è
escluso, ma vuoi mettere la resistenza che la sua cotenna offrì al pugnale?
Oggi i cazzari sono flaccidi, manco c’è sfizio a ficcargli un ferro in pancia,
si è costretti a vederli annegare nel torrente dei loro hashtag. E si sgozzava,
cazzo se si sgozzava, e della crudeltà non si faceva risparmio, anzi, e non mancavano
manacce esperte sulla tastiera dell’arbitrio e del terrore – questo ha di
meraviglioso, il Najemy, che foglia dopo foglia ti apre il mito come una
cipolla, e del Rinascimento ti mostra il suo più genuino ghigno, tutto belluino
– ma a una testa mozzata trasalivi, mica potevi uscirtene con la nevrastenia
che è tutta pornografia, signora mia. Dio, che uomini. E qui, in questa
merdaccia in cui tutti rovistano cercando la pepita d’oro di un Riumanesimo da
venire, i più lucidi – che poi, a guardare bene, si tratta solo dei meno opachi
– non sanno andare con la nostalgia più in là della Prima Repubblica. Macché,
bisogna riandare almeno al 1294 – diciamo al 1296, toh, voglio essere generoso –
per trovare un editoriale davvero intelligente, un post di quelli veramente acuti.
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