Per
il cadavere di cui si sia ormai estinto anche il ricordo di quanto già puzzasse
di morto quand’era ancora in vita, il parce
sepulto dovrebbe valere doppio, se non fosse che di tanto in tanto qualcuno
va a scoperchiarne la tomba, dalla quale allora si sprigionano entrambi i
fetori, che affievoliscono ogni pietas. Quand’è per dar riassetto ai resti,
operazione che il necroforo esperto sbriga in poche ore, si è disposti a
chiudere un occhio, anche se forse sarebbe più corretto dire che si è disposti
a chiudere una narice, così com’è nel caso in cui si faccia indispensabile un
pur tardivo esame necroscopico del medico legale e, se non si lesina sull’incenso,
perfino all’ostensione della carogna, una volta canonizzata. Tutt’un altro paio di
maniche quando a scoperchiare la tomba è il necrofilo, e tira fuori il morto, e
lo sbaciucchia, e lo stropiccia, e se lo scopa: lì il voltastomaco è d’obbligo,
sennò vuol dire che si ha qualcosa di marcio dentro.
Fuor di metafora: che
Benedetto Croce fosse già morto prima di morire, e che in vita puzzasse del più
putrefatto degli hegelismi, è stranoto; che la macchina mediatica degli anniversari
non possa fare a meno di sostituirgli il coperchio della bara, passi; che
qualche avanzo di biblioteca possa concedergli qualche attenzione, perché no;
che qualche nostalgico dell’idealismo nostrano vada a sniffarne le esalazioni
mollemente appoggiato alla lapide, e vabbe’; ma che si organizzino convegni
come sedute spiritiche per rievocarlo, rianimarlo e incularselo romanticamente,
è cosa schifosa. Se poi fra tanti depravati si fa l’errore di invitare pure uno
che abbia uno stomaco da persona sana, c’è il rischio che lo dica.
Sospetto che la prossima volta, a Pescina, il prof. Simoncelli dovrà andarci senza invito.
RispondiEliminaMagnifico, coraggioso intervento.
RispondiElimina