Sono
contrario alla pena di morte, all’ergastolo, ai trattamenti disumani e
degradanti inflitti ai detenuti, alla custodia cautelare in attesa di un
processo e, in generale, penso che il carcere dovrebbe essere solo l’extrema ratio della sanzione penale. A
pensarla a questo modo non mi guida un animo compassionevole, ma la fredda
presa d’atto che alla collettività torni più utile maggiore il recupero
dell’individuo che abbia commesso un reato piuttosto che l’immolarlo a
soddisfare l’istinto di vendetta o dal far uso della sua persona per illustrare
a scopo deterrente cosa debba aspettarsi chi viola la legge: nessun
inasprimento delle pene ha mai ridotto l’incidenza dei crimini cui si intendeva
mettere un freno, né la durezza del regime carcerario è mai servita a svuotare
le galere.
Ecco, dunque, la prima sostanziale differenza tra le mie opinioni e
quelle di recente espresse da Bergoglio, che sembrerebbero sovrapponibili: io
riesco a provare compassione solo per chi ha subìto il crimine, non per chi l’ha
commesso, in più ritengo che chi nega dignità di essere umano anche al peggiore
dei criminali in fondo la nega anche a se stesso. Ma le differenze non si
limitano a questo.
Io non rappresento che me stesso, Bergoglio no. Bergoglio è
a capo della Chiesa di Roma e dello Stato della Città del Vaticano. Come capo
della Chiesa di Roma, deve rendere conto di ciò che recita il Catechismo della
Chiesa Cattolica: «L’insegnamento
tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità
e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando
questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore
ingiusto la vita di esseri umani. Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti
per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità
si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni
concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi,
infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere
efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza
togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità
di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente
inesistenti» (2267).
Se viene meno l’insegnamento tradizionale della Chiesa su
questo punto, vengono meno anche i principi che lo sostenevano, e questi non
possono venir meno senza che si spieghi quali fossero, e perché vengano meno, e
solo adesso. Prim’ancora: c’è qualcosa che può far venir meno l’insegnamento
della Chiesa? Cosa lo giustificava prima, che ora non lo giustifica più? E come è possibile? Donde trae sostegno, l’insegnamento della Chiesa, da immodificabili assunti dottrinari o dalla corrente sensibilità del momento?
Ma poi è davvero così? Se «i casi di assoluta necessità di
soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente
inesistenti», essi non sono evidentemente impossibili: in tali casi la pena di
morte è moralmente lecita? Urge modificare il testo del Catechismo della Chiesa
Cattolica o spiegarsi un po’ meglio quando si è in favore di telecamere e microfoni, evitando di puntare solo a raccattare
simpatie mondane.
Ma le
cose non vanno meglio in quanto a capo di uno Stato che ha formalmente abolito
la pena di morte solo nel 2001 e l’ergastolo solo nel 2013: se l’abolizione di
questi istituti trova ragione nel rispetto della dignità umana, è da intendersi
che, quando erano in vigore, il rispetto della dignità umana non era tra le
preoccupazioni dei venerabili predecessori di Bergoglio? E come può essere, se
si è capo di quello Stato solo in virtù del fatto di essere vicario di Cristo,
e per volontà dello Spirito Santo? E in
quanto al dichiararsi, oggi, contrario alla detenzione prima della condanna
definitiva, chi ha firmato il provvedimento restrittivo per l’ex nunzio della
Repubblica Dominicana, monsignor Jozef Wesolowski?
Infine, e perché io possa continuare ad avere il diritto di lamentarmi delle ingerenze vaticane quando queste si sostanzieranno in opinioni diverse dalle mie, diritto che decade per chi in queste ore asininamente plaude al sovrano che si scopre garantista: Bergoglio pensasse alla giustizia divina, ché a quella umana ci pensa il mondo laico.
Mai i gesuiti si sporcarono le mani con l'Inquisizione. Ma nessuno come loro brigò perché tanti fossero perseguitati e mandati a morte.
RispondiEliminaPorre quesiti razionali al capo di una comunità irrazionale trovo sia un esercizio poco utile, se non per dirgli in tante righe - come mi è parso di capire - "si faccia i cazzi suoi". Sbaglio di molto?
RispondiEliminaE' un po' diverso: è dirgli "si faccia i cazzi suoi, perché...".
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