Sandro
Magister dice che «suor Gloria Riva ha
ricevuto un buon numero di obiezioni» all’articolo a sua firma pubblicato ieri
da lanuovabq.it e prontamente ripreso
da magister.blogautore.espresso.repubblica.it,
ma non fa cenno alcuno a quali, né a chi gliele abbia mosse, però oggi pubblica
una risposta dell’interessata ai rilievi che le sono stati rivolti, e anche qui
non v’è traccia di chi abbia contestato la sua tesi, né di quali argomenti
abbia prodotto. Basterebbe questo per mandare a cagare Sandro Magister e suor
Gloria Riva, perché chi polemizza con qualcuno senza fornire elementi circostanziali
relativi alla natura della polemica e al suo sviluppo sottrae a chi legge ogni
possibilità di formarsi una libera opinione sulla materia del contendere, ma un’accurata
ricerca mi rivela che nessuno ha mosso obiezioni alle stronzate scritte dalla
religiosa a commento dell’Ultima Cena
che il Beato Angelico affrescò nella cella n. 35 del Convento di San Marco, a
Firenze, tranne il sottoscritto (Malvino,
13.10.2014): non un commento critico al post su lanuovabq.it, né a quello su magister.blogautore.espresso.repubblica.it
che lo riprendeva quasi integralmente, non un post sulla questione su uno dei 39.366
blog iscritti a Blogbabel, non un
articolo sulle 21 testate che ho nella mia mazzetta quotidiana. Mi ritrovo ad
essere il solo ad aver sollevato obiezioni a suor Gloria, sicché, prima di
mandarla a cagare in compagnia di Magister, mi vedo costretto a prendere atto
di ciò che scrive nella sua risposta. Chiedo scusa al mio lettore, che
probabilmente oggi si aspettava un post su Luxuria ad Arcore, ma sono costretto
ad annoiarlo.
Nell’articolo
su lanuovabq.it, suor Gloria scriveva:
«Otto discepoli sono seduti a mensa… Vi
sono però quattro sgabelli vuoti, lasciati da altri quattro chiamati alla
mensa, i quali aspettano pazientemente il loro momento stando in ginocchio,
cioè in atto penitenziale. Questi quattro simboleggiano quell’umanità che
vorrebbe accostarsi alla mensa del Signore, ma ancora non può. Tra questi
quattro, nella medesima postura, nella medesima attesa, sta anche Giuda». Comprensibile
vi sia Giuda – obiettavo io – ma gli altri tre a cosa devono il loro dover
stare in atto penitenziale? Chi sono? I vangeli ci danno qualche indicazione
relativa a questi tre apostoli che, a differenza dei rimanenti otto, non sono
degni di essere seduti a mensa? Suor Gloria non ha una risposta, quindi
svicola: «Nelle predicazioni del tempo
dell’Angelico il sacramento della confessione e il sacramento dell’eucaristia
erano strettamente legati, non c’era l’uno senza l’altro. Da qui lo stare in
ginocchio viene inteso come disposizione al pentimento, condizione necessaria
per essere in grazia di Dio (anche per chi si confessa). Certamente anche gli
apostoli dovevano avere questa disposizione, pena la sorte di Giuda, la cui
colpa non fu il tradimento (giacché in diverso modo e misura tradirono anche
gli altri apostoli compreso Pietro) ma disperare della salvezza e non disporsi
al pentimento». Bene, ma allora perché questo tocca solo a quattro apostoli
su dodici? E perché tra i quattro inginocchiati non c’è Pietro, che proprio
suor Gloria ritiene di poter identificare nell’apostolo a fianco a Giovanni, primo
da sinistra tra i seduti alla mensa?
Altra
obiezione che sollevavo sul significato penitenziale che suor Gloria annette allo stare in ginocchio è il fatto che anche la Vergine sia raffigurata in
quella postura. Qui la spiegazione data ha del fantastico: «La Madonna non si trova dallo stesso lato
degli altri quattro commensali che sono in attesa di ricevere la comunione»,
questo farebbe la differenza tra genuflessione e genuflessione. Ma non è tutto,
perché, a fare la differenza, il Beato Angelico ci avrebbe messo anche il fatto
che «le vesti della Vergine sono identiche
a quelle del Cristo». Come foggia, in realtà, niente affatto. In quanto al
colore, non ne ha uno diverso da quello che hanno anche le vesti del secondo e del
terzo apostolo da sinistra a destra.
Terza
questione: «Qualcun altro ha attributo
agli sgabelli vuoti e agli apostoli inginocchiati una funzione puramente
estetica perché “quale sarebbe stato l’effetto prospettico di avere tutte le
figure in piedi schiacciati sulla parete, oppure avanti coprendo alcune delle
figure retrostanti?”. Forse potremmo credere che accingendosi a un compito così
grande l’Angelico non conoscesse Giotto? O Duccio da Boninsegna nella vicina
Siena, dove la problematica era stata risolta benissimo e senza alcun
imbarazzo? E che dire allora dello stesso soggetto realizzato dall’Angelico
negli Armadi degli Argenti dove la prospettiva è totalmente diversa (ma dove
gli sgabelli vuoti ci sono ugualmente anche se non ce n’era un bisogno
specifico dal punto di vista compositivo)?».
Qui,
onestamente, c’è da trasecolare. A parte il fatto che in rete non c’è traccia
del virgolettato riportato, e che l’Armadio degli Argenti è uno solo (il
plurale tutt’al più è da riferire ai suoi pannelli), come si può insistere nel
dare un significato simbolico che il Beato Angelico avrebbe voluto dare agli
apostoli inginocchiati se proprio l’altra versione dell’Ultima Cena vede un
numero diverso di soggetti seduti e soggetti inginocchiati? E cosa obbligava l’artista
a scegliere una soluzione analoga alle due citate (Giotto e Duccio di
Boninsegna) e non una alternativa? Ma poi ci sarebbe stato spazio per ritrarre senza
ingombro tutti e dodici gli apostoli seduti nell’Ultima Cena ritratta sul
pannello 15 dell’Armadio degli Argenti? Lascio giudicare al lettore, il dipinto
è riprodotto in apertura al post.
Mi
sembra di poter concludere dicendo che suor Gloria non sa di cosa parla, e tuttavia
straparla.
Infatti gli inginocchiati qui sono 5, due dalla stessa parte della Madonna. Vediamo cosa escogita suor Gloria ...
RispondiEliminaNon so come si possano attribuire alla stessa mano i due dipinti. Potrebbe essere, è vero, che il disegno del secondo sia dell'Angelico e che poi il dipinto sia stato affidato agli allievi. Ciò renderebbe possibile disquisire degli aspetti simbolici connessi con la disposizione delle figure. Ma non dimentichiamo che l'intento complessivo dei due scritti è contrapporre l'autorevolezza del Beato Angelico a tesi contemporanee non condivise. Occorrerebbe, allora, la certezza di quale sia l'autore. Certezza che manca.
RispondiEliminaInfatti, come ho scritto nel primo dei post dedicati a suor Gloria, sull'Ultima Cena della cella n. 35 non c'è unanimità di attribuzione e c'è chi dice sia probabilmente di Benozzo Gozzoli (se non del tutto, in buona parte). In quanto agli aspetti simbolici contenuti in un dipinto del periodo, la disposizione della figure è l'elemento che, almeno a quanto è stato scritto (penso ai Diari di lavoro di Federico Zeri), ne supporta assai meno di altri, com'è per il colore, per i gesti (soprattutto delle mani e degli arti superiori) e per le espressioni (soprattutto quelle rese dalle rughe mimiche frontali e da quelle periorali), per oggetti dal tenore evocativo (per attinenza logica, ma anche per associazioni assai più labili, almeno ai nostri occhi), per soggetti del mondo animale e di quello vegetale, ecc. In sostanza, è lecito supporre che, in questo specifico caso, la disposizione degli apostoli nella scena delle due Ultime Cene risponda ad esigenze di mero equilibrio compositivo. Quelle di suor Gloria, dunque, sarebbero illazioni, per giunta intrinsecamente incongrue, nel senso che le sue argomentazioni, prima di non essere convincenti, smentiscono quanto intenderebbero dimostrare: nella sua lunga risposta non c'è una sola spiegazione a x che non trovi smentita in y, dove x e y dovrebbero invece essere reciprocamente relazionati e sullo stesso piano logico-simbolico.
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