domenica 2 novembre 2014

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Immaginate d’essere ospite di un’anziana signora che vi infligge la tortura dei suoi album di foto ingiallite, e su nessuna sorvola, e per ciascuna ha una parola, anzi due, tre, quattro, perché è ciarliera oltre misura, devota assai all’uncinetto del pettegolezzo. Pesanti tende un po’ tarmate, statuette di santi e di madonne sotto campane di vetro, una lipsanoteca, un grammofono che gracchia in sottofondo, e lì, sul tavolo, il bicchierino di rosolio che vi ha offerto con un piattino in cui ci sono tre biscottini, su un centrino. Storie su storie, in cui ovviamente è al centro anche quando i fatti l’hanno appena sfiorata, e facce, nomi, ninnoli, manie ed idiosincrasie, e che tette aveva, quand’era giovane, e quanti giovinotti l’hanno ingroppata – increspa le labbra vizze sulle quali il rossetto s’aggruma a forma di cuoricino – e poi la carrellata di chi le ha baciato la mano (tutti gran signori) e quella di chi non le ha ceduto il posto sul filobus (rozzi villani, tutti), e mammà ch’era una gran donna, e papà ch’era un gentiluomo come non ce ne sono più…

Questa, più o meno, la sensazione che si ha leggendo La virtù dell’elefante di Paolo Isotta (Marsilio, 2014), libro pletorico, tristissimo, noioso e, quel che è peggio, zuppo d’ammicchi, sospiri e improvvisi allucchi. Un chiattillo invecchiato male, si direbbe. 

9 commenti:

  1. Evidentemente non sono caro al cielo, perché mai avrei pensato di arrivare a vedere le Memorie Della Vita Di Paolo Isotta. Dico "vedere", riferendomi al massimo alla copertina.
    P.S. Chiattillo mi pare adeguato a una certa piagnucolosa e prosopopeica petulanza. Quanto all'invecchiato male, si applica un po' a tutti, ma certamente Isotta è, anche professionalmente, una promessa non mantenuta.

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  2. Quello professionale è un aspetto sul quale è da tempo che ho sospeso ogni giudizio, perché nelle snervanti disquisizioni relative all'interpretazione di un pezzo da camera, di una sinfonia, di una composizione operistica mi perdo. Ascolto e leggo i giudizi sul come il tal direttore d'orchestra ha diretto il tal concerto, sul come il tal soprano ha sostenuto la tal parte, e mi sembra di perdermi in bubbole, sicché sono portato a fidarmi del critico musicale che non esagera nel gesto sprezzante e in quello adorante. E' che non ho mai posseduto orecchio per giudicare un'interpretazione se non nel verificare quanto fosse fedele al testo: ho una discreta collezione di spartiti, faccio andare il disco e controllo se la musica fila rispettando i parametri della notazione, sicché salto dalla seggiola solo se scopro disobbedienze, mentre se tutto fila mi pare che l'effetto sia tutto da attribuire all'autore. E' ignoranza, lo ammetto, perché non sottovaluto che esistano i mezzi - quelli naturali e quelli che traggono ricchezza dallo studio e dall'esperienza, com'è nel caso di una voce che fa la differenza tra una Traviata e l'altra - e che esista un metodo che esprime un tratto di personalità dell'interprete. Ma fare quello che fa Isotta in questo libro, come in tanti suoi articoli, e cioè giudicare il risultato dal gesto di chi dirige - se a bocca aperta o no, per esempio - mi sembra una follia, al pari delle cataratte di sinonimi di cui son zeppe le schede degli enologi. Non sono ascoltatore tanto sofisticato, né tanto esperto per poter criticare il critico, sarà che ho sempre preferito il disco alla sala. E perciò sull'Isotta critico sono disposto pure a chiudere un occhio. Come persona, invece, lo trovo detestabile, al punto che mi strappa pure un po' di pena. Trovo sospetto il suo insistere sull'essere un uomo fortunato, sotto particolare protezione di San Gennaro, ecc.: mi pare un disperato tentativo di darsi un senso esistenziale, peraltro con la fastidiosa postura del dandy.

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    1. Non credo che Isotta abbia scritto di sé critico quello che non tutti sanno: che fece il mestiere senza alcuna conoscenza della musica, ossia senza neanche saperla leggere. Credo che in seguito abbia rimediato, come risulta dai puntigliosi dettagli tecnici che inserisce in ogni articolo (solo uno per articolo, tuttavia): ma, se ha rimediato, è stato all'alba dei 40.
      In sé e per sé, non c'è nulla di grave. A parte esempi illustri di cantanti che non sapevano leggere uno spartito (tra i molti, Ezio Pinza e, pare, Pavarotti), veramente non è indispensabile. Come tu dici, i critici musicali in genere ricorrono a un linguaggio allusivo e immaginifico, nel senso letterale di trasporre l'analisi musicale in metafore visive. E, fra i critici musicali, Isotta non è certo il meno dotato, anche perché non ha mai trascurato di parlare dell'opera prima che della sua interpretazione. Purtroppo, ha sempre privilegiato la polemica, ed è partito letteralmente per la tangente quando il suo idolo è stato defenestrato dalla Scala.
      Le differenze fra interpretazioni secondo me ci sono, e, limitatamente alle composizioni che conosco, io riesco a esprimere giudizi che non ritengo inferiori a quelli di un gazzettiere. Leggo la musica, ma non vado ai concerti con lo spartito, salvo rari casi. Ai concerti però ci vado, e mi guardo anche intorno. Francamente, non so perché ci vada la maggioranza delle persone intorno a me. A parte quelli che si fanno un onesto pisolino, vedo tanta gente annoiata che non aspetta altro che la fine, per esplodere nell'applauso liberatorio, possibilmente qualche secondo prima del tempo. E' possibile che in mezzo a loro ci sia qualcuno che poi va a cercarsi la recensione sul giornale. Non sarà comunque quella di Isotta, che in genere la scrive il giorno prima.

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    2. Tempo fa in treno verso Venezia, sulla poltrona retrostante la mia Paolo Isotta intervallava a conversazioni sul cellulare brevi pisoli ristorativi russando in una tonalità bassa e profonda con leggera modulazione, imponente per il resto della comitiva viaggiante.
      Sono quei positivi intervalli di vita che danno un senso esistenziale, più Aldo Fabrizi che Brummell però.

      lr

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  3. su scuola e stile dei direttori d'orchestra consiglio i libri di un mio caro amico, alessandro zignani: competenza tecnica e linguaggio metaforico splendidamente fusi. azzardo: provate e sara' una grande esperienza di lettura (e apprendimento).

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  4. corro a comprare il libro.

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  5. che meraviglia la stroncatura letteraria di castaldi. era un pezzo, forse anni, che non passavo. ma di nuovo gran godimento. stai bene.

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  6. Pensavo parlassi dell'interessantissimo congresso dei radicali di questi giorni.

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  7. L'ho sentito stamane alla radio, l'Isotta, discorrere con Dell'Arti di politica (Radio Uno, In corpo 9, c'è il podcast sul sito casomai) dicendo, tra l'altro, che oltre a essere "uno di destra", non è un antifascista (essendolo stato quando si poteva). Infine, GdA gli ha chiesto un parere su Salvini e se lo voterebbe: lo sventurato ha risposto sì.

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