giovedì 6 novembre 2014

Napolitano e l’amnistia

Il Corriere della Sera pubblica brani dall’ennesimo libro di Vespa, da oggi  in libreria. Stralciando quanto è irrilevante a porre i termini della questione che qui intendo sollevare, riporto un passaggio che nel testo è attribuito in virgolettato ad Alfano.  «Nel settembre 2013 chiesi un appuntamento al presidente della Repubblica e gli preannunciai al telefono che volevo parlargli della grazia [a Berlusconi]. […] L’incontro […] avvenne nella tarda mattinata del 24 […]. Il presidente mi dice quattro cose. 1) Se Berlusconi si dimette prima del voto sulla decadenza evitando al Senato un grande trauma, lui è pronto a concedergli la grazia, ovviamente secondo le norme di legge. 2) È disponibile anche a rivederne le condizioni. Mentre finora Napolitano aveva detto che avrebbe esaminato una domanda, ora si dimostra disponibile a riconsiderare l’ipotesi di un gesto unilaterale. 3) Aggiunge di essere pronto a diffondere un comunicato in cui dice che il giudizio penale sul caso Mediatrade riguarda il Berlusconi imprenditore, ma la sua biografia è molto articolata e va valutata nel suo complesso. 4) Si dice anche disponibile a fare un appello al Parlamento in favore di un provvedimento generale di amnistia e indulto».
Ritengo che quanto esposto al primo e al secondo punto non sollevi alcun problema: se la condanna è definitiva, il presidente della Repubblica può concedere la grazia a chi vuole; e può arrivare a volerlo per le vie che meglio crede; e non è tenuto a concederla solo se gliene viene fatta domanda; e, nel caso sia inizialmente intenzionato a farlo solo se gliene viene fatta domanda, può cambiare idea, anche in questo caso senza dover rendere conto del perché l’abbia cambiata.
Anche il terzo punto non solleva particolari problemi: il presidente della Repubblica può diffondere tutti i comunicati che ritiene utile diffondere, tanto più se intende spiegare le ragioni di una grazia che si appresta a concedere e che potrebbe sollevare perplessità, sconcerto o contrarietà nell’opinione pubblica. Non ne ha l’obbligo, né è detto che le spiegazioni possano soddisfare il fine, ma il fatto che ci provi, via, può perfino ritenersi encomiabile.
È il quarto punto, invece, che dà da pensare, e sotto diversi aspetti. In primo luogo, perché tirare in ballo un provvedimento generale di amnistia e indulto nell’ambito di una discussione che verte sulle sorti personali e politiche di un condannato in via definitiva, se non come alternativa alla grazia, al fine di dargli quell’agibilità che di lì a poco la legge Severino gli potrebbe sottrarre? L’indulto non estingue le pene accessorie come la prescrizione dai pubblici uffici, ma l’amnistia estingue anche il reato, sicché, se amnistiato, Berlusconi non sarebbe andato incontro alla decadenza da parlamentare e soprattutto avrebbe potuto ricandidarsi in caso di elezioni politiche. Non mi pare ci sia altra spiegazione per motivare la promessa di interessamento che Napolitano offre ad Alfano in ordine all’attivazione di un iter parlamentare per arrivare a un indulto e  a un’amnistia.
Qui occorre tornare un attimo a ciò che Alfano racconta a Vespa: «Ero letteralmente entusiasta e corsi a palazzo Grazioli, convinto di portare a Berlusconi una notizia clamorosa. […] Berlusconi mi ascoltò senza formulare un giudizio definitivo. In quel momento entrò Ghedini. Disse che, di fatto, la proposta di Napolitano equivaleva a far ritirare Berlusconi dalla politica e che quello che a me appariva un grande risultato in realtà era il nulla. […] Berlusconi disse: “Andiamo a pranzo”. E non se ne parlò più».
Sembra pacifico che, in mancanza di una risposta positiva da palazzo Grazioli, Napolitano dovesse ritenere chiuso il discorso sulla grazia. E tuttavia, dodici giorni dopo, il tempo di scriverlo, arriva il suo messaggio alle Camere, nel quale, tra l’altro, solleva la questione di eventuali «rimedi straordinari» alla «drammatica questione carceraria»: indulto e amnistia che si auspica siano «di sufficiente ampiezza, ad esempio pari a tre anni di reclusione». Incidentalmente, Berlusconi ne godrebbe i benefici.
Con l’occhio del dietrologo sembrerebbe che Napolitano offra a Berlusconi un’alternativa alla grazia, che, alle condizioni poste, non sembra riscuotere entusiasmo a palazzo Grazioli, fatta eccezione per Alfano. Ma noi non abbiamo l’occhio del dietrologo e vogliamo credere che il messaggio alle Camere fosse già pronto e che Napolitano l’abbia voluto spendere come offerta che non gli costava niente. Una notevole cazzimma, ma insomma.
Certo che l’occhio del dietrologo, anche quando non ce l’hai, te lo fanno venire. C’era, infatti, chi chiedeva quel messaggio a Napolitano da più di due anni – e chiedere è eufemismo, perché arrivò a dargli del criminale per il fatto che non esaudisse quella richiesta, arrivò a minacciare la messa in stato d’accusa per tradimento della Costituzione – e per due anni quel messaggio non arrivò. La questione carceraria era d’un tratto diventata ineludibile grazie all’incontro con Alfano. E poi c’è chi dice che è un uomo inutile? 

1 commento:

  1. Pannella-Berlusconi-Napolitano (ma cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia) e il magnifico, possibile 'scherzetto', da giocare sulla pelle dei detenuti e alla faccia del popolo sovrano.
    Sarà che ho "l'occhio del dietrologo", ma lo penso da sempre: per questo le parole di Alfano non mi stupiscono neanche un po'.

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