«Considero grave e
allarmante l’impoverimento culturale che la politica ha subìto; e non mi
riconosco negli atteggiamenti oggi prevalenti. Stiamo vivendo un’epoca di
sfrenata personalizzazione della politica, di smania di protagonismo, di
ossessiva ricerca dell’effetto mediatico. E al fenomeno dei “partiti personali”,
cresciuto in Italia più che in qualsiasi altro grande paese europeo, al declino
dei metodi di direzione politica collegiale, alla perdita da parte dei partiti
di radicamento e di vita democratica nelle istanze di base si accompagna una
diffusa spregiudicatezza nella lotta per il potere e nella gestione del potere». Chi può aver scritto
parole tanto sagge? Non ci arrivate? Ok, non voglio tenervi troppo sulla corda:
si tratta di Giorgio Napolitano, è un brano tratto dalla sua «autobiografia politica» (Dal Pci al socialismo europeo – Editori
Laterza, 2005). Da non crederci, vero? Si tratta dello stesso Giorgio Napolitano
che qualche giorno fa ci ha esortato all’adorazione del vitello d’oro, il
Matteo Renzi che, in quanto a spregiudicatezza, a sfrenata personalizzazione
della politica, a smania di protagonismo, ad ossessiva ricerca dell’effetto
mediatico e allo sbattersene dei metodi di direzione politica collegiale, non è
secondo a nessuno. Si tratta dello stesso Giorgio Napolitano che ha fatto un solenne
cazziatone a quanti nel Pd storcono il muso per come il Fenomeno se ne fotta
altissimamente delle istanze di base e del radicamento del partito, che ha
trasformato in una macchina propagandistica da campagna elettorale permanente.
Obietterete che non si crocifigge un caro vecchietto a quel che ha detto dieci
anni fa, quando l’impoverimento culturale subìto dalla politica era evidente
quasi solo nel centrodestra e “partito personale” era sinonimo di Forza Italia.
Convengo, figurarsi. Era solo per avvertire la casa editrice: in caso di
ristampa, si provveda al taglio del succitato passaggio.
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