Per
quanto il tempo possa cambiare anche profondamente il significato che
un termine ebbe in origine, nel suo significante resta immutata,
anche se solo in parte, e a volte esigua, l’evocazione
a ciò che il tempo ha tradito. Così è col termine partito,
che non bisogna affaticarsi troppo per capire tragga il significante
dalla parte di un
tutto, e che nell’espressione
partito della nazione tradisce il suo significato originario
per l’accostamento di un termine
che gli è antitetico, nella
costruzione di un ossimoro, cioè di una figura retorica che ha fine
eminentemente esornativo e provocatorio. Nel porci la questione di
cosa possa significare partito della nazione,
dunque, occorre chiederci quale sia l’oggetto
col quale si vorrebbe destare in noi la meraviglia per una sintesi
che la logica ci dice impossibile, e a quale abbellimento è
sottoposto per convincerci sia sintesi felice. Non possiamo far altro
che analizzare i cambiamenti che il tempo ha prodotto a carico di due
significanti come partito
e nazione.
C’è
stato un arco storico relativamente ampio – diciamo dalla metà del
Settecento alla metà del Novecento – nel quale al termine partito
non si è più dato il significato
prevalentemente negativo di fazione
che aveva prima e che ha riacquistato dopo. Col venir meno di una
visione organicistica della società, infatti, si è smesso di
avvertire come deleteri i contrasti che impegnano le fazioni avverse
presenti in essa, anzi, si è cominciato a sentirli come fisiologici,
fino ad arrivare a considerarli un vero e proprio motore di
democrazia e di progresso. È la stagione storica, questa, che vede
il trionfo del principio maggioritario, che ai partiti assegna il
ruolo di competitori per la guida di una nazione, riconoscendo ad
essi la legittimità di rappresentare i molteplici e contrapposti
interessi che accomunano differenti gruppi di individui. È per
questo che la struttura del partito riproduce giocoforza quella di un
esercito, ma qui il fine è la conquista della maggioranza dei
consensi, grazie alla quale è assicurato il ruolo di governo, mentre
a chi esce perdente dalla competizione è assegnato il ruolo
dell’opposizione,
alla quale viene riconosciuto e assicurato il diritto di ribaltare
gli esiti della battaglia persa col libero esercizio della
persuasione sull’opinione
pubblica.
Per
il ruolo che una fazione viene così ad assumere in questo contesto,
il fatto che un partito possa restare associazione privata, senza
personalità giuridica, e nel contempo avere il monopolio della
funzione pubblica che attraverso le elezioni esprime la guida del
governo, è premessa ad ogni deviazione del sistema partitico delle
cosiddette democrazie di massa in forme di parassitamento e abuso
della funzione di rappresentanza, e di queste deviazioni ne abbiamo
un lungo elenco, che qui non sarà il caso di ristendere: per
rispondere alla domanda che ci siamo posti – cosa c’è
dietro la sintesi impossibile che ci è spacciata con l’ossimoro
di un partito della nazione?
– basterà citare solo la trasformazione della leadership in
proprietà di fatto dell’organizzazione, della dirigenza in
comitato elettorale, della militanza in mero catalizzatore di
clientela e fidelizzazione, dell’elettorato in platea di
consumatori di un prodotto mediatico.
La sintesi impossibile offerta
da un partito della nazione,
dunque, si inscrive in tale contesto come proposta di una sospensione
di ogni conflitto sociale, assicurata dalla meraviglia di un ossimoro
che in realtà è una metonimia: la parte pretende di essere il
tutto, di poterlo interamente rappresentare in modo organicistico,
con la coincidenza di leader in partito, di partito in nazione e di
nazione in stato. Probabilmente la pace sociale avrà la forma di un nuovo corporativismo. Possiamo anche evitare di chiamarlo fascismo, così
ci evitiamo le sarcastiche punture delle piattole che pullulano nelle
sue più comode pieghe, ma il progetto è quello della sospensione
delle più elementari dinamiche democratiche, surrogandone le cinetiche col cliccare un like alle parole d’ordine lanciate on line dal leader del Partito della Nazione. È il progetto di un totalitarismo che
si offre soft o, se preferite, light. Ma è totalitarismo.
beh, benvenuto nel XXI secolo italiano. La dialettica del 'noi siamo il partito della gente onesta/che lavora/che rappresenta gli interessi di tutti/duri/puri' l'aveva cominciata Berlusconi, senza vergognarsi tra l'altro, ed ora è ben presente nella narrazione renziana e grillesca.
RispondiEliminaL'idea di rappresentare una _parte_ della società, mentre il tuo vicino può essere intellettualmente onestissimo ma pensarla diversamente da te, è assolutamente demodè.
Poi cambia la forma, c'è chi si becca del gufo, del rosicone, del colluso, del mafioso, ma la sostanza è identica.
Il progetto è in ogni caso velleitario poichè non esiste la nazione.
RispondiEliminaCon la differenza che quando i grillini dicono "Noi siamo le parti sociali", tutti si rendono conto che queste parole tradiscono una concezione totalitaristica. Mentre quando qualcuno parla di "partito della nazione", terminologia ancora più totalitaristica, almeno in spirito, e che si vedrebbe più adatta a una repubblichetta sudamericana, nessuno (degli opinion maker ufficiali) storce il nasino....
RispondiEliminaSolo perchè quando i grillini si proclamano 'il tutto' gli opinion maker ufficiali non sono grillini.
EliminaLe tifoserie sono ovunque.
Be', c'è chi pensa che anche la globalizzazione sia una forma di totalitarismo, come del resto l'occidente, tutte forme di totatalitarismo light, concedi (quel tanto che basta a intorpidire le masse) e impera, il tutto funzionale alla forma dell'economia di mercato. Questo è il mondo, attualmente, lo si accetti o meno. A totalitarismo light corrispondono poi rivoluzionari light (Occupy WallStreet, OccupyPD, OccupyStaminchia), è legge di economia.
RispondiEliminaFascismo soft, fascismo light, lo penso da tempo; e uso proprio la parola 'fascismo'.
RispondiEliminaSono del tutto in sintonia con questo post.
Perfetta la parte finale, con la sua precisa definizione del renzismo, cioè del 'partito della nazione'.
Ps: quando si incomincia a venir giù per queste chine, non è affatto detto che la discesa si mantenga soft. E' un mio timore (da gufo).