martedì 30 giugno 2015

Resistenze

Ken Paxton, procuratore generale del Texas, dichiara che, invocando lobiezione di coscienza per motivi religiosi, i funzionari statali potranno rifiutarsi di rilasciare la licenza nuziale ad una coppia gay che ne faccia richiesta, e promette loro lassistenza legale gratuita, visto che il rifiuto li porterà a processo. Niente di strano, accadde più o meno la stessa cosa, però in Virginia, quando furono dichiarati legittimi i matrimoni tra bianchi e neri, anche se l’obiezione di coscienza, allora, fu invocata in difesa della segregazione razziale.
Anche qui, con la sentenza della Corte suprema che qualche giorno fa ha dichiarato legittimo il matrimonio tra individui dello stesso sesso, tra gay che festeggiano pazzi di gioia per lacquisizione di un diritto cui tenevano tanto e limmancabile stronzo che non si rassegna allidea, direi che tutto vada come deve andare, perché qualche resistenza al progresso è fisiologica. In questo caso, poi, si tratta di una resistenza che, tutto sommato, è responsabile: da funzionario statale sei tenuto a rilasciare la licenza nuziale anche ad una coppia gay, ti rifiuti, sei incriminato, vai a giudizio, e ti assumi le conseguenze del tuo gesto, perché, se un giudice ti dichiara colpevole di quella che qui da noi sarebbe omissione di atti dufficio, fai giurisprudenza, vivaddio, ma col tuo culo.

A 7.000 chilometri di distanza, la sentenza della Corte suprema statunitense genera un altro tipo di resistenza. È quella di chi tenta di trovare un po di sollievo immaginando Anthony Kennedy, o chi per lui, imputato al Giudizio Universale. Parlo del povero Berlicche, che gli fa dire: «Se ho emesso alcune sentenze che potrebbero essere dispiaciute ad una parte della Chiesa si tenga conto che ero stato mal consigliato», e pensare tra sé e sé: «Non è vero. Hai scelto in quella maniera perché volevi, perché avrebbe aiutato la tua carriera, perché volevi essere famoso e importante e sapevi che i tuoi amici, quelli importanti, non te l’avrebbero fatta passare liscia se avessi deciso altrimenti. Sapevi cosa sarebbe successo. Non tutto, ma in parte sapevi», ma tenendo il punto: «Ad ogni buon conto, toccava a me decidere, e ho deciso. E i giudizi emessi non si discutono», per beccarsi così quel che merita dal «Giudice dei giudici».
Tutto nel vago, ovviamente, conoscete Berlicche: il giudice non ha un nome, la condanna si intuisce solamente... Wilhelm Reich la chiama «resistenza isterica».

2 commenti:

  1. Più che isterica, illogica. Quello ha ottant'anni e starà alla Corte Suprema fino alla morte, chissà che brillante carriera lo aspetta ora che si è sottomesso alla potentissima lobby dei ricchioni. O gli riempiranno la casa di boa di struzzo colorati e giovani lesbiche vestite da geisha per sdebitarsi?

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  2. Hanno paura che si estingua l'occidente, ma guardino agli antichi greci, gli intellettuali tutti finocchi ma i discendenti sono ancora qui a far danni.

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