La riflessione di Marco
Fulvio Barozzi (Popinga) merita di essere qui riportata integralmente: «Se
ancor oggi sono moltissimi coloro che credono agli oroscopi o alla
guarigione per intervento soprannaturale, se l’esposizione del
cadavere mummificato di un “santo” attira folle adoranti, se le
diffidenze fideistiche contro i vaccini stanno aumentando
pericolosamente l’incidenza di morbi infettivi ritenuti ormai
sconfitti, il compito dell’educazione e divulgazione scientifica è
ancora assai difficile e, per certi versi, può apparire senza
speranza: nuove false credenze si affiancano a quelle antiche o ne
prendono il posto, quasi a significare un bisogno innato di
spiegazioni semplici e mitiche, perché il metodo scientifico
richiede impegno e ragionamento, e l’uomo comune preferisce la
meraviglia del mistero a quella della scoperta. L’impero
dell’audience e della tiratura queste cose le sa bene, e affianca
alla ricerca del profitto un livellamento verso il basso della sua
offerta, che si fa sensazionalistica e superficiale, quando non
deliberatamente menzognera. Le
scoperte della scienza e le realizzazioni della tecnica hanno
cambiato e cambiano sempre di più la vita dell’uomo, ma c’è
bisogno che al fatto dell’innovazione si affianchi la spiegazione
del come e del perché, altrimenti anch’essa diventa oggetto di
quella manipolazione mitologica su cui campano ciarlatani,
professionisti della fuffa e della religione, Dulcamara delle
staminali e profeti di una nuova era che assomiglia tanto a un
Medioevo culturale. Il
problema dell’educazione scientifica è principalmente questo:
richiede un minimo di ragionamento, di basi culturali fondamentali,
di capacità di distinguere cause ed effetti. Insomma richiede
fatica. Possiamo cercare di ridurre questa fatica, ma non possiamo
eliminarla. Possiamo schierare tutte le nostre armi pedagogiche e
tutti gli effetti speciali della multimedialità, ma dobbiamo essere
consci che, per la maggior parte delle persone, la fatica è oramai
un disvalore» (*).
Sottoscrivo, ma tutto questo non vale solo per il sapere scientifico: storia, letteratura, musica, arti figurative seguono la stessa sorte. Occorre prendere atto che divulgare è dare perle ai porci, e in fondo lo è sempre stato. Non dico sia inutile, dico che è da folli attendersi risultati pari allo sforzo. Insomma, Prometeo sappia che ha da rimetterci il fegato.
Sottoscrivo, ma tutto questo non vale solo per il sapere scientifico: storia, letteratura, musica, arti figurative seguono la stessa sorte. Occorre prendere atto che divulgare è dare perle ai porci, e in fondo lo è sempre stato. Non dico sia inutile, dico che è da folli attendersi risultati pari allo sforzo. Insomma, Prometeo sappia che ha da rimetterci il fegato.
Curiosa coincidenza: giusto ieri ho letto un passaggio di Aaron Copland che, nel suo "What to listen for in music" (1939, mi pare), esprimeva un concetto simile.
RispondiElimina"I’ve sadly observed, however, that my own reaction is not typical. Most people seem to resent the controversial in music; they don’t want their listening habits disturbed. They use music as a couch; they want to be pillowed on it, relaxed and consoled for the stress of daily living. But serious music was never meant to be used as a soporific. Contemporary music, especially, is created to wake you up, not put you to sleep. It is meant to stir and excite you, to move you—it may even exhaust you. But isn’t that the kind of stimulation you go to the theater for or read a book for? Why make an exception for music?"
Nel merito della riflessione di Barozzi, comunque, potrebbe essere interessante anche introdurre il concetto di spettacolo di Debord, o quantomeno quello di intrattenimento così come formulato da Postman.
A me l'intelligenza viene naturale, senza sforzo (mi compiaccio)
RispondiEliminaA tal proposito mi paiono interessanti le riflessioni di Haidt, che rielabora con le conoscenze della psicologia moderna (più due pizzichi di Damasio) l'idea originale di Hume: la mente umana è per la maggior parte irrazionale, e il compito della ragione non è che quello di un autista di elefante, ma la vera bestia sono le passioni.
RispondiEliminaCosì si riesce a vendere il sogno americano a un bifolco del Wyoming: la ragione gli direbbe che ha il 100% di probabilità di beneficiare dell'assistenza sociale, eppure preferisce votare chi taglia le tasse ai ricchi e azzera il welfare pur di sperare di essere in quello 0.001% che ce la fa. Altro che homo economicus.
Ad adorare la mummia c'era un sacco di gente in perfetta salute: non serve la disperazione, basta essere umani.
Dalle mie parti si dice "è inutile insegnare all'asino: si perde tempo, e in più si infastisce l'animale". Beh, in friulano suona molto meglio.
RispondiEliminaaggiungerei che sono proprio le innovazioni tecniche e scientifiche a mettere nelle mani dei ciarlatani e dei profittatori potenti strumenti per diffondere le loro buffonate: televisione e ora anche internet... e proprio l'uso di strumenti tecnologici avanzati riveste quelle stupidaggini di una patina pseudo-scientifica.
RispondiEliminaCome se la cosiddetta scienza spiegasse alcunché
RispondiEliminaLa scienza spiega *qualcosa*. Forse spiega *molto*. Ma, per ora, non riesce ancora a spiegare *tutto*.
RispondiEliminaLe credenze non scientifiche invece non spiegano *niente*.
Che snob del menga che siete, lei per primo malvi'
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