Partiamo
dalla coda: la sentenza è di gennaio, ma se ne ha notizia solo ora.
A darle rilievo mediatico prima, qualcuno avrebbe potuto ricorrere in
appello. Ora i termini sono scaduti, la sentenza è inappellabile,
chi avrebbe potuto metterla in discussione non può farlo più. Già,
ma chi avrebbe potuto, e a che titolo?
La
sentenza ha concesso a
un uomo l’adozione
di un bambino di cui il suo convivente, cui è sentimentalmente
legato fin dall’adolescenza,
è padre biologico. Bambino nato in Canada, grazie alla pratica della
gravidanza surrogata. La madre biologica si è prestata
volontariamente a dare ai due uomini la possibilità di allevare un
figlio donando ad un essi un ovulo, e così la donna che ha
consentito a farsi impiantare in utero quell’ovulo
dopo che questo è stato fecondato dal seme di uno dei due, in più
tutto questo è da tempo legalmente consentito in Canada, come è
legalmente consentito in Italia che un uomo o una donna possano
adottare un bambino che sia figlio del proprio convivente: chi
avrebbe avuto titolo ad appellarsi?
A
ritroso: il Parlamento italiano ha partorito una leggina sulle unioni
civili che solo in considerazione del suo bassissimo livello
culturale può essere considerata una rivoluzione. Dopo estenuanti e
risibili polemiche, si è arrivata a partorirla stralciandole il
capitolo relativo alla stepchild adoption, rimandandone la
discussione a uno dei prossimi 31 febbraio, lasciando che a decidere
sui casi vivi, rimessi al giudizio dei tribunali, fosse la
legislazione vigente in materia, che non ha bisogno di alcuna
interpretazione creativa per consentire l’adozione,
proprio come è accaduto nel caso di questa sentenza. Come si può
gridare allo scandalo per una magistratura che scavalcherebbe il
dettato del legislatore? Non è forse sulla base di una legge che già
esiste al riguardo che è stata scritta questa sentenza? E chi l’ha
scritta, questa legge?
Ancora
un passo indietro: la legge che in questo caso ha consentito al
giudice di dichiarare ammissibile l’adozione
è più o meno costituzionale di quella ancora da scrivere e che invece
non l’avrebbe consentita? Per meglio dire: sarebbe
costituzionalmente valida una legge che vietasse l’adozione a un
individuo adottando un criterio discriminatorio legato al sesso, ma
solo in relazione al sesso del suo convivente, sicché ne risultasse
che l’adozione sia possibile solo a chi non sia omosessuale? No,
eh? E allora di che si ciancia? Una legge del genere starebbe in
piedi solo qualche anno, solo il necessario per infliggere qualche
dispettuccio omofobo a una o due dozzine di famiglie omogenitoriali,
poi farebbe la fine della legge 40.
Ancora
un passo indietro: si è deciso di stralciare la stepchild adoption
dal ddl Cirinnà perché altrimenti si sarebbe dato il via alla corsa
di uteri da affittare all’estero, si è addirittura vaneggiato di
poter dichiarare illegale la pratica della gravidanza surrogata su
tutto l’orbe terracqueo. Deliri di cui si può essere capaci solo
quando al posto del cervello si ha una cacca di prete stitico. Come
intervieni nella giurisdizione di un altro paese? No – dice – che
hai capito? Si punisce il cittadino italiano che all’estero abbia
commesso il misfatto. Ok, ma allora è almeno un pochino improprio
parlare di messa al bando universale. E poi come si fa a provare che
vi sia stato misfatto? Chi autorizza il magistrato italiano a
sottoporre al test del Dna la donna che ha partorito per constatare
che non corrisponde a quello del neonato e così aver prova certa che
l’ovulo non fosse suo? Come potrà essere smentita la puerpera che
dichiari di essersi carnalmente congiunta col padre biologico del
bambino, ma che dopo averlo partorito le sia venuto lo sghiribizzo di
non riconoscerlo?
Ancora
un passo indietro? Sia. All’omofobo medio italiano brucia il culo
in modo impressionante all’idea che una famiglia possa non essere
come quella che sta nel suo iperuranio, e pur di non essere costretto
a vederne una seduta al tavolino che al bar sta accanto al suo non sa
a cosa aggrapparsi: a Dio, alla Natura, alla Costituzione, ma niente
gli offre presa valida. Soffre, poveraccio. Cogita ritorsioni. Veste
di autorità i suoi spaventapasseri. Si consuma in biliosi sarcasmi
sul frocio al quale manca l’utero, e con la stessa cattiveria con
la quale all’asilo dava del quattrocchi a quello che portava gli
occhiali. Soffre, poveraccio. Madonna, che spasso vederlo soffrire!
Applausi! Mi associo allo spasso; e comunque, siamo (sono) nati per soffrire, ha detto qualcuno, giusto?
RispondiEliminaC'è poco da ridere, chi porta gli occhiali è un quattrocchi
RispondiEliminaBen detto, e speriamo che soffrano tanto. Meravigliosa " una cacca di prete stitico ".
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