«...
una notte profonda circonda e
ricopre tutto
di un’ombra
impenetrabile...»
Vincenzo
Cuoco, 1806
Martedì,
per seguire il dibattito che si teneva a Palazzo Madama, sono venuto
meno all’abituale
pellegrinaggio che ogni 20 agosto, da due o tre lustri a questa
parte, mi porta in Piazza Mercato. Probabilmente pellegrinaggio potrà
sembrare termine improprio per un quarto d’ora
d’auto
e appena due minuti di sosta, il tempo di una sigaretta, col gomito
appoggiato al finestrino, senza neppure spegnere il motore, ma solo
ad ignorare il significato rituale che hanno quei due colpi di
clacson prima di andar via e quel «Genna’,
mannaggia a te!» mormorato tra me e me imboccando Corso Garibaldi,
per poi passare in Via Nuova Marina e tornare a casa.
«Genna’»
è Gennaro Serra di Cassano, che il
20 agosto del 1799 salì
sul patibolo eretto in mezzo a quella piazza e, prima di essere
decapitato, se ne uscì con la frase che lo promosse a figura di
spicco tra i martiri della Repubblica Partenopea, pur non potendo
vantare il genio d’un
Mario Pagano, né il coraggio d’un
Francesco Caracciolo, né l’ardore
d’una
Eleonora Pimentel Fonseca, una frase che rivela la rovina che il
genio, il coraggio e l’ardore
devono mettere in conto nella
disperata impresa di dare liberté, égalité e fraternité a chi
invece ha bisogno di feste, farina e forca:
«Ho sempre lottato per il loro bene e ora li vedo festeggiare la mia
morte». Zac!
Mannaggia
a chi non capisce che ciò che è «bene» per Tizio può non esserlo
per Caio. Mannaggia a chi vuol farsi paradosso dell’avere
interessi di classe, la classe cui appartiene, e tradirli, in nome
del generoso sperpero di genio, coraggio e ardore in favore di una
classe cui non appartiene, ancor più in favore di una società senza
classi. Perché di paradosso si tratta: se sei un nobile, perché ti
metti a parodiare una rivoluzione borghese, spendendoti per
l’emancipazione
della plebe? Ben ti sta, Genna’,
e però meriti rispetto, perché almeno hai saputo morire. E scusa se
per quest’anno
non son venuto a renderti omaggio, alla tv davano la diretta di un
tumulto di lazzari. Però ti ho pensato, giuro. E ancora penso a te,
oggi, perché il Salvini che tra noi spiriti eletti è dato come
ridicolo pasticcione, ignobile gradasso, baciatore di crocifissi come
il più sanguinario dei briganti a seguito del cardinal Ruffo, è
ridato dai sondaggi alla sfaccimma del 38%.
Dormi,
Genna’,
non ti svegliare. Una carezza alle tue ciocche bionde, e un bacio
sulla fronte.
Lei fa bene a fare pellegrinaggi solitari. Anch'io ne ho fatto uno, pochi giorni fa, a Lipsia e Wittenberg, dove ci sono le tombe di due tizi a me congeniali (quella di Lipsia ospita ossa di dubbia autenticità, ma fa niente). Tuttavia, devo dissentire da eventuali parallelismi con il presente. Nessuno, nel panorama italiano attuale, può essere avvicinato al nobile Gennaro, per la buona ragione che nessuno sta con la plebe, specie fra i giacobini, che anzi la plebe disprezzano, arrivando a formulare pensieri cattivi contro il suffragio universale. Quanto ai sanfedisti, che potrebbero fare da contraltare, può darsi che esistano, ma in questo momento li vedo più sopra che sotto il patibolo.
RispondiEliminaQuello sul quale vede i sanfedisti d'oggi, o esimio, non è patibolo, ma palcoscenico. In quanto al nobile Gennaro, certo, non ce n'è. Potrebbe venirgli l'uzzolo di ridestarsi, ma - ha visto? - gli consiglio di starsene dov'è, di non svegliarsi, ché non gli conviene.
EliminaSicuramente non sta peggio. Lo dico dopo aver appreso dal capo dei gesuiti che il diavolo non esiste.
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