C’è
chi sostiene che la Sinistra ha perso tutto ciò che l’ha
contraddistinta nella seconda metà del Novecento, che già era meno
di quanto la contraddistingueva prima, sicché oggi sarebbe solo un
guscio vuoto, un tanto per dire. Bene, un tweet di Luca Bizzarri ci
offre modo di smentire questa tesi.
Perché, certo, la Sinistra avrà
smarrito l’ideale di giustizia sociale, sostituendolo con
quell’anodino solidarismo che di fatto è indistinguibile dal
cosiddetto «capitalismo caritatevole».
Avrà, altresì, rinnegato
quasi tutti i miti che un tempo considerava sacri, anche questo è
vero, per non parlare del suo Pantheon, in cui oggi, al posto di
Marx, Engels e Lenin, troviamo Saviano, Jovanotti e la Rackete.
E sì,
anche il suo radicamento sociale non sarà più quello di una volta,
come dimostra il fatto che ad una ad una sono cadute quasi tutte le
sue storiche roccaforti, e ormai operai e pensionati votano in gran
parte Lega.
D’accordo anche sul fatto che conseguentemente pure
tutta la sua estetica è andata a farsi fottere: sono iperboli, è
ovvio, ma si può convenire che «partito ztl» e «comunisti col
rolex» rilevino comunque il tratto della mutazione cui è andata
incontro l’etichetta che un tempo garantiva la genuinità del
prodotto.
Tutto perso, però, no: in quanto a presunzione di
superiorità morale e culturale, la Sinistra resta quella di sempre,
la stessa di quando questa sua presunzione riusciva ad ottenere un
ben più ampio riconoscimento, che tuttavia oggi residua in molte
enclavi d’opinione pubblica (salotti, case editrici, centri
sociali, nicchie televisive, conventicole digitali, ecc.).
Il tweet
di Luca Bizzarri ha il pregio di essere emblematico di questa
presunzione ed è per questo che merita attenzione.
Non
credo sia necessario dar ragguagli sul contesto, noto ai più e
peraltro tutto esplicito nel testo: Checco Zalone lancia la
canzone-trailer che annuncia l’uscita del suo prossimo film e
l’Italia si spacca tra chi ci legge quello che descrive, e cioè la
molesta invadenza di un immigrato nella vita di un italiano medio, e
chi dà per scontato che quella sia ironia, e cioè la figura
retorica con la quale – qui non sarà superfluo rammentare – si
dice il contrario di quel che in realtà s’intende dire.
Tertium
non datur, com’è d’uso nelle guerre civili e nei suoi
succedanei: o si capisce che quella è ironia, e che con essa Checco
Zalone intende sbertucciare le risibili paure che l’italiano medio
nutre per un immigrato che in realtà non è mai invadente, non è
mai molesto, o si è ignoranti e xenofobi, cioè leghisti. Vedremo
perché in realtà qui il tertium c’è, per il momento pensiamo ad
analizzare il tweet.
Senza
virgola tra invocazione e vocativo, che pure era ancora in uso ai
tempi de l’Unità di «Scusasi, Principessa», Luca Bizzarri
attacca con un «Scusaci Checco» che della presunzione di
superiorità morale e culturale mostra la vocazione a farsi carico di
colpe altrui, in questo caso di chi ha oltraggiosamente travisato il
messaggio dell’artista, che, in quanto artista, è chiaro che ne
avrà sofferto.
Un farsi carico di colpe altrui che è ulteriormente
ribadito da quanto segue, quel «siamo diventati un paese che non
capisce le battute, che ha perso il senso dell’umorismo e il senso
del ridicolo», nel quale il «noi» rivela l’autoinvestura a
rappresentare il paese nel suo insieme, come viene naturale a chi se
ne sente paternalisticamente responsabile in virtù delle sue
superiori virtù.
La psicoanalisi ci porterebbe nelle desolate plaghe
del delirio di grandezza, e non è il caso, basti rilevare in questo
atteggiamento il caratteristico sentirsi in missione permanente per
l’emancipazione dell’Umanità dal bisogno e dall’errore. Del
tutto comprensibile, quindi, la nota di dolente scoramento nel
constatare che tanto ancora c’è da fare se dai più refrattari a
emanciparsi s’è dovuto sentire: «Se non l’abbiamo capita in
tanti[,] avremo qualche ragione». Altrettanto comprensibile l’amaro
sfogo in chiusa: «Come se i deficienti, per definizione, debbano
essere pochi».
Come
non essere d’accordo con Luca Bizzarri? Siamo circondati da
deficienti: deficienti che in «Immigrato» vedono rappresentato il malessere che in larghi
strati della popolazione italiana è venuto sempre più ad acuirsi a fronte di un’immigrazione che le sottrae risorse e ne minaccia identità e tradizioni, cogliendo così in Checco Zalone chi trova una ragione della xenofobia che ne deriva, cui conferisce dignità costruendo un idealtipo che la rappresenta nella sua dimensione tragicomica; ma pure deficienti che invece ci
vedono ironia.
Come,
non è ironia, quella di Checco Zalone? Se le parole hanno un senso,
e «ironia» ne ha uno ben preciso, no, quella di Checco Zalone non è
ironia.
Il Treccani dice che si tratta di una «figura retorica che
consiste nell’esprimere il contrario di ciò che in realtà si
vuole significare» e che ha per scopo quello di «evidenziare
l’insostenibilità di ciò che si simula di sostenere o la validità
di ciò che si finge di disapprovare».
Per restare al genere canoro,
un esempio di canzone perfettamente ironica è quella di
Cappelletti e Lamberti, portata al successo da Ugolino, nel 1969 (non
farete fatica a trovarla su Youtube): descrizione della giornata
infernale di un tizio che a ogni strofa fa seguire a ritornello uno
sconsolato e amaro «ma che bella giornata!», che dà titolo alla
canzone. Qui sì che si evidenzia
l’insostenibilità di ciò che si simula di sostenere, esprimendo
il contrario di ciò che in realtà si vuole significare.
È così
che accade con «Immigrato»?
È ironico il lamento del protagonista che viene ritratto alle prese
con un immigrato che, «all’uscita
del supermercato», «al distributore di benzina» e «al semaforo»,
lo assilla con la richiesta di «due euro per un panino»? È ironico
lo sconcerto nel ritrovarselo, tornato a casa dopo una giornata di
lavoro, «senza permesso nel soggiorno», con inequivoco indizio che
si sia scopato la moglie?
Certo, con la tresca tra moglie e immigrato
ci troviamo dinanzi a un luogo comune che da sempre nutre la
xenofobia: gli immigrati vengono a rubarci le donne. Ma questo è proprio quanto accade al protagonista di «Immigrato»,
che tuttavia al fatto pare rassegnarsi con la stessa arrendevole passività
che in precedenza ha offerto all’insistenza
con la quale gli era richiesta la solita monetina, peraltro mai
negata.
Dove
sarebbe, qui, la validità di ciò che si finge di disapprovare? Dove
sarebbe il contrario di ciò che in realtà si vuole significare? In
tutta evidenza non c’è traccia di ironia. Siamo piuttosto alla
rappresentazione delle paure dello xenofobo, alle quali si dà corpo
con situazioni fattuali che descrivono l’invadenza/invasione dell’immigrato/immigrazione come oggettivamente molesta: avremmo ironia solo se assumessimo come
pacifico che la molestia è in realtà cosa gradevole e che è
piacevole trovarsi un estraneo nel letto coniugale. Temo sia
difficile.
È per questo che «Immigrato» va letto in modo diverso da come si è voluto leggerlo da un lato (Checco Zalone ammicca agli xenofobi) e dall’altro (ma quale ammicco, smerda gli xenofobi): il tertium di cui dicevo è che resta nel mezzo, e lì, giocando con ambiguità ed equivoco, fa contenti tutti: allo xenofobo regala il tragicomico ritratto di un italiano in cui identificarsi come vittima, che all’antixenofobo rifila come caricatura dello xenofobo da sbertucciare.
Operazione assai sofisticata, che però non è detto sia stata scientemente elaborata, perché, come su queste pagine dicevo tempo fa riguardo al grattarsi il culo, per farlo non c’è bisogno di conoscere tutto il complesso meccanismo che coordina le almeno tre dozzine di muscoli interessati, né le sette aree neuronali implicate, nel grattarselo.
Tutto condivisibilissimo, ma mi permetto di osservare che Luca Bizzarri non mi sembra molto rappresentativo della Sinistra qui descritta: storico elettore dei Radicali, messo dal centro-destra ligure alla guida della Fondazione Palazzo Ducale di Genova, convinto sostenitore del "politicamente scorretto"... Mi ritrovo invece in pieno sulla lettura di Checco Zalone e aggiungo che proprio la sua insistita ambiguità su tanti temi che affronta (dall'omofobia al razzismo) me lo rende ormai sempre più indigeribile. That joke isn't funny anymore.
RispondiEliminaNon so quante aree neuronali abbia usato per leggere questo post, ma dal godimento tratto, fossero anche settemila, sarebbero tutte ottimamente implicate.
RispondiEliminaho visto adesso il trailer. La lettura che ne da il post è molto suggestiva, tuttavia secpndo me la "vittima" è troppo vittima per favorire sia l'identificazione che il dileggio. A me ha fatto pensare a Fantozzi. Ci sarebbe una quarta lettura e cioè che il bersaglio sia l'italiano medio che diventa xenofobo non per insulsaggine o razzismo ma perchè incapace di farsi rispettare.
RispondiEliminaCome non accostare a questo episodio la deprecabile e deprecata incomprensione dei buzzurri di fronte all'opera di Simone Fugazzotto, commissionata dalla Lega Calcio contro il razzismo negli stadi? L'opera raffigura tre primati, e non tutti l'hanno capita. L'incomprensione dell'ironia ha fatto innervosire l'Artista, costretto a spiegare nel dettaglio il messaggio della sua opera: "Siamo tutti uguali, è inutile che continuate a rompere gridando ai neri che sono scimmie e lanciandogli le banane. Se non riuscite a capire che siamo tutti uomini, vi dico che siamo tutti scimmie: uguaglianza". Naturalmente, la prima persona plurale è artificio dialettico. L'Artista intende dire "siete scimmie". In ciò, scarroccia pericolosamente, avvicinandosi suo malgrado ai buzzurri della Curva Sud.
RispondiEliminaE pensare che qualcuno, giorni fa, aveva brontolato per una mia citazione di Zoolander.
RispondiEliminaGrazie, stia bene: sempre utile passar di qua.
Ghino La Ganga
A proposito di ironia o non ironia, non stavo affatto brontolando, ma ero sincero. Sono mio malgrado un estimatore di certa cinematografia demenziale (se d'autore, qualunque cosa voglia dire). Personalmente, non avrei mai trovato il coraggio di ammetterlo qui, su queste pagine. Giù il cappello, quindi.
Eliminalucida analisi, però vorrei portare alla tua attenzione un elemento che non saprei se chiamare attenuante: Zalone per Salvini fa sempre rima con terrone.
RispondiEliminatra i sovranisti in via di secessione nordica, contraddizione sistematicamente ignorata da un'informazione ingessata, e trainata da quell'emilia punta di diamante del partito che vorrebbe pubblicizzarsi come avverso ma che finisce spesso per essere pioniere e protoleghista. Mi ricorda un certo Penati, il leghista proposto dal PD contro i leghisti.. meravisglioso
Non so se Bizzarri sia di sinistra. Quello che mi sembra di capire dal suo tweet è che i deficienti a cui si riferisce sono quelli che, da una prospettiva di "sinistra" e non cogliendo abbastanza ironia nel testo, si sono indignati con Checco Zalone per la sua canzone. Se Bizzarri si rivelasse davvero di sinistra, sarebbe un curioso caso di presunzione di sinistra che se la prende con un'altra forma di presunzione di sinistra. Sempre con la parola sinistra fra parentesi.
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