L’idea di privatizzare il patrimonio immobiliare pubblico non è nuova, ogni volta che si parla di debito pubblico (ormai quasi a 1.800 miliardi di euro) c’è qualcuno che la ripropone: oggi tocca a Giuliano Ferrara (Vendere, vendere, vendere: un’idea di Tremonti per Tremonti – Il Foglio, 18.10.2010), vogliamo darci un’occhiatina?
Cominciamo col dire che per la sua parte non demaniale (circa il 20% è di proprietà delle amministrazioni centrali, mentre poco più dell’80% lo è degli enti locali) questo patrimonio ammonta a non più di 400-450 miliardi di euro: ne consegue che bisognerebbe metter mano anche a quella demaniale, riqualificandola come cedibile, ma andando coi piedi di piombo perché “forse sarebbe azzardato cominciare vendendo il Colosseo”, e a consigliare cautela sono i liberisti della Fondazione Magna Carta e dell’Istituto Bruno Leoni in seminario congiunto (Roma, 18.6.2008). Adelante, sì, ma con juicio: andrebbero alienati prima gli uffici pubblici, poi le università, poi i musei, il Colosseo per ultimo.
Per Ferrara è tutto più semplice: “Qualche caserma dismessa in meno”. Neanche tutte: ce ne vendiamo alcune, semmai quelle più scassate, e ricaviamo 1.800 miliardi di euro. “Che il patrimonio immobiliare sia pari al 130 per cento del debito è un numero”, scrive, e non ha torto, ma solo se in quel numero ci sta pure il Colosseo o, se non quello, gli Uffizi o il Ponte dei Sospiri o il Maschio Angioino o i Sassi di Matera: li privatizziamo? Ma sì, Tremonti dovrebbe farlo – dice Ferrara – “per finanziare cultura, sapere, ricerca, crescita”. Ma i soldi non servivano per colmare il debito? Colmano il debito e insieme finanziano tutto questo ben di Dio? E poi, colmato il debito col patrimonio immobiliare pubblico, quante volte sarà possibile rivenderlo? Venduti gli uffici pubblici ai privati, non bisognerà prenderli in affitto? La spesa non farà altro debito? Appaltiamo ai privati il minimo indispensabile di burocrazia statale?
L’editoriale dev’essere stato scritto con una glicemia fuori controllo, conviene lasciar perdere Ferrara, che ultimamente non è neanche più divertente, e tornare all’Operazione Colosseo di Mingardi & Rebecchini: “È chiaro che si tratta di un’operazione delicata […] ma è una sfida che, nelle condizioni in cui siamo, non è possibile non tentare”. Non c’è altra soluzione, qui. Con gli zuccheri a mille, invece: “Vendere, vendere, vendere, ma vendere allegramente, orgogliosamente”.
A parte i monumenti patrimonio dell'umanità, sarei d'accordo di vendere tutto. Ai giapponesi, però. E anche le case di Silvio. pagate coi soldi nostri.
RispondiEliminabellissima la foto!
RispondiEliminaa parte la glicemia, vendere serve per fare affari come ben osservi
RispondiEliminafar pagare almeno una metà, o almeno un terzo dell'evasione fiscale dev'essere proprio un'idea balzana
magari cominciando dall'Ici e altri balzelli cui è esentato il vaticano, reintrodurre l'ici per gli attici, far pagare il dovuto a chi gestisce le slot, chiudere carrozzoni inutili, abolire province, acquistare 20 caccia F35 invece che 96 a 80mln euro l'uno, far pagare i beni demaniali (spiagge e arenili) dati in gestione a prezzi di mercato, ecc ecc ecc
Vendiamo Ferrara al kilo.
RispondiEliminaUn tanto al kilo.
Come suppellettile, cibo, concime, ogni destinazione d'uso è valida.
Il problema dell'italia non è il debito, ma la stupidità/ignoranza media del paese, che non consente al paese stesso di capire COSA SIGNIFICA un debito pubblico così alto. Se il paese lo capisse, appenderebbe ai lampioni i politici che rubano o sprecano.
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